venerdì 5 febbraio 2010

Nucleare si o nucleare no, ohibò


Il grafico in alto mostra chiaramente la distribuzione di età media di esercizio degli impianti nucleari attivi oggi al mondo: la maggioranza ha circa 25 anni sul groppone, mentre verso i 40 anni di esercizio si riducono drasticamente. Al contempo quelli "relativamente giovani" fino ai 14 anni sono pochissimi. Ciò significa tasso di sostituzione negativo, ovvero che l'energia prodotta da fonte nucleare è destinata gradualmente a ridursi su scala globale, un fatto inevitabile, anche se costruissimo nei 10 anni stimati  i nostri quattro giocattoli nucleari sul suolo italico.

Spagna, Germania, Francia, Belgio, tutti i big dell'atomo europeo, a fronte della crisi economica, stanno decidendo di allungare a dismisura la vita media operativa dei loro vetusti impianti nucleari, fino a 40 anni e oltre. Non possono permettersi certo proprio ora di procedere al loro smantellamento programmato, non ne avrebbero le possibilità economiche. D'altronde, nemmeno hanno possibilità di sopperire alla mancata produzione degli impianti chiusi con altre tecnologie, come le rinnovabili, dato che necessitano a loro volta di pesanti e costose modifiche infrastrutturali alla rete di distribuzione, anche se la loro disponibilità è in clamorosa crescita.

Allungare l'età media di esercizio delle centrali nucleari è però un arma a doppio taglio. Da una parte potrebbe spostare il picco di produzione di energia nucleare qualche anno più in la del 2004 (il picco dell'energia prodotta non coincide ovviamente con il picco di apertura di nuovi impianti), dall'altra rischierà di rendere molto molto più ripido il calo di energia prodotta da fonte nucleare quando il nuovo picco di produzione sarà superato. Questo comporterà a sua volta un incremento dei costi per la messa in sicurezza dei siti e delle scorie nucleari radioattive, dove ogni paese oggi fa un po come gli pare.

Il motivo ? Molto semplice, allungando la vita utile degli impianti, diventa assai più probabile, di anno in anno, che si accumuli la necessità di una loro dismissione forzata contemporanea in tempi ridotti, a causa dei cresciuti costi economici di manutenzione, di eventuali riparazioni per incidenti, di normative che impongono fermi centrale per l'adeguamento dei dispositivi di sicurezza. Funziona come con i derivati (i famigerati swap) in finanza, rinegoziazione dei "decommissioning" ora, per doverli poi però sostenere più frequentemente in futuro. E' una legge dalla quale non si scappa.

In Italia questo problema fortunatamente non l'abbiamo, ma mai abbassare la guardia sulla stupidità umana. Einstein anni fa affermò: "Due cose sono infinite, le dimensioni dell'universo e la stupidità umana, ma sulla prima nutro ancora qualche dubbio".

Per avere un quadro obiettivo degli enormi e inutili rischi finanziari che stiamo per affrontare, nonché della ottusità siderale delle persone che attualmente ci governano, non posso che segnalarvi questo interessante ed informativo articolo: il picco delle centrali nucleari. Vi invito a leggerlo.

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