mercoledì 9 aprile 2008

Appunti sulla decrescita

L'intervento di Mauro Bonaiuti alla serata per la Decrescita e il Consumo Critico di ieri sera é stato davvero molto interessante. Da docente di Economia quale Bonaiuti è, la sua attenzione resta focalizzata su cosa implica la crescita dal punto di vista socio-economico. Cercherò di riassumere brevemente il suo pensiero. Il passaggio da una società incentrata sulle relazioni individuali delle piccole comunità locali ad una società globalizzata in cui le relazioni sono "mediate" dall'economia a larga scala, genera una impersonificazione che si traduce in un disagio e disinteresse della collettività verso una visione condivisa dell'evoluzione della nostra specie. Faccio un esempio, se scambio un prodotto agricolo con il mio vicino, non posso prescindere da chi é, come vive, cosa pensa, come si relaziona con me, mentre se compro in un ipermercato non mi interessa assolutamente niente ne da dove arriva ne che storia ha avuto quel prodotto per arrivare fino a me. Questa de-responsabilizzazione, mediata dal marchio, dalla pubblicità, dal consumo indotto, genera individualismo che portato all'eccesso sconfina con l'apatia e il disinteresse nei riguardi delle grandi tematiche economiche, ambientali, sociali. La stessa cosa sta avvenendo anche nel mercato del lavoro, legando il fenomeno del precariato alla depersonalizzazione del lavoratore operato dall'impresa troppo cresciuta, che considera il lavoratore come un numero, pertanto intercambiabile, cioè perennemente precario. Altra analisi interessante è quella svolta da Bonaiuti nei riguardi delle cooperative, le quali hanno da tempo abbandonato, anche stavolta a causa delle loro esagerate dimensioni, le caratteristiche di mutuo soccorso sancite dalla costituzione che ne contraddistinguevano le origini. Oggi una cooperativa é inserita anch'essa a pieno titolo nel miraggio della crescita, necessità di ampliare il giro di affari, entrare nei meccanismi dell'alta finanza, creare alleanze politiche, creare lobby di interesse, accaparrarsi i servizi di banche compiacenti, ne più ne meno che le normali aziende. L'illusione della crescita perenne e continua genera quindi nelle aziende eccessiva ipertrofia e depersonalizzazione, concentrando il potere in mano a pochi individui, sfuggendo in qualche modo al controllo democratico del popolo. In sostanza, crescita eccessiva in campo economico significa riduzione di democrazia. Occorre porre un limite concettuale alla crescita in senso capitalistico, la quale in presenza, come probabile, di una imminente crisi energetica, potrebbe scatenare nei governi una reazione di due tipi, se non gestita, l'autoritarismo oppure la dissoluzione sociale. Anche se siamo ancora agli inizi di questi grandi processi di tipo post-industriale, una certa sensibilità verso queste tematiche a stento comincia ad emergere fra la gente. I gruppi di acquisto solidale, la partecipazione attiva dei cittadini nelle reti distribuite di generazione energetica (pannelli solari, fonti rinnovabili), una maggiore attenzione al risparmio energetico, sono tutti atteggiamenti che ci permettono un "atterraggio morbido" in caso di decrescita forzata ed instabilità del sistema finanziario. Quando i paesi industrializzati inizieranno a scannearsi per l'accaparramento delle poche risorse disponibili, una nuova narrazione del mondo sarà ancora possibile. Occorrerà abbandonare la "teologia universale capitalistica" e cercare di allargare la mente verso orizzonti nuovi, dove termini oggi tabù come decrescita, sobrietà, sostenibilità, compatibilità ecologica, non saranno più temi di nicchia come avviene oggi ma fondamenti indispensabili per la sopravvivenza umana. Aziende più piccole e dinamiche, più tecnologia al servizio del risparmio energetico e della tutela dell'ambiente, più relazioni personali e più autoproduzione e autoconsumo, equivalgono a più democrazia e più felicita, cosa che la folle crescita del PIL da sola non è affatto in grado di garantire.

5 commenti:

  1. Che dire ragazzi .... GRAZIE DI ESISTERE.
    Non poteva esserci resoconto migliore.

    Convengo pienamente sull'ultimo punto, siamo felici e vedrete che sicuramente tante persone ci seguiranno!!!

    Saluti radiosi

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  2. Ciao a tutti,
    scusatemi ho sentito parlare di questo movimento ma, non avendo preso parte all'intervento del dottor Bonaiuti non posso che fare riferimento al riassunto qui riportato. Faccio difficoltà a capire i concetti esposti. Potreste gentilmnte spiegarmi perchè in una società economicamente allargata non vi siano i valori di interesse per la collettività e crescita della nostra specie che, al contrario, è evidente trovare in un insieme di piccole comunità locali?
    Qual è, nella realtà e non nelle sole teorie, il nesso tra economia a larga scala e disinteresse sociale?

    Vi ringrazio

    Stefano

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  3. Lungi dal poter sostenere un discorso di livello così argomentato come potrebbe fare il prof.Bonaiuti, mi limito a qualche piccola considerazione per rispondere alla tua domanda.

    Il vero problema del rapporto fra economia allargata e disinteresse sociale sta nell'ignorare il concetto di limite.

    Un mondo finito, in presenza di grandezze con crescita esponenziale, non è sostenibile. E non è nemmeno governabile dai singoli, in quanto perdono di vista il controllo delle dinamiche di crescita una volta innescate, arrivando al superamento dei limiti stessi.

    Nelle piccole comunità locali autosufficienti, questo comporta feedback immediati, che se riconosciuti prontamente "compensano" il problema limitando l'aggressione alle risorse. Nelle comunità allargate, l'economia assume entità propria scorrelata salla società, per cui la crescita diventa un bene "di per se" al di la di qualsiasi visione sostenibile del futuro.

    L'interesse per la collettività non è conciliabile con una crescita infinita in un mondo finito, spero di essere stato esauriente e convincente.

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  4. Grazie per la spiegazione, devo dire quasi del tutto convincente. Mi trovo però in disaccordo su alcune questioni. Credo che un allargamento delle economie sia la naturale soluzione all'inefficienza di un sistema di comunità locali autosufficienti nel momento stesso in cui questa autosufficienza viene meno. La limitatezza delle risorse non è un valore assoluto ma sarà legata a determinate esigenze che non potranno essere annullate ma soddisfatte con la ricerca di risorse in un sistema di mercato globale. Ma, sempre secondo il mio punto di vista, il mercato globale si presenta come elemento di un sistema evolutivo che ha visto le economie delle comunità locali interagire tra di loro e poi espandersi a formare un mercato regionale e nazionale, internazionale e globale.
    I feedback immediati dubito che nel mondo reale possano tradursi in una riduzione del consumo di tali risorse in esaurimento, la reazione credo che sarà quella di cercare tali risorse altrove.
    Credo che sia impensabile auspicare il ritorno a comunità autosufficienti come soluzione ai problemi del mondo globale, mi sembrerebbe anacronistico.
    Ma forse scrivo queste cose perchè mi sfugge il significato di interesse collettivo in questo contesto.

    Ciao, Stefano

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  5. La invito cortesemente a leggere il recente libro "i nuovi limiti dello sviluppo" di Donella Meadow (2007), aggiornamento del famoso libro omonimo del 1971 del club di Roma.

    E' chiaramente spiegato come sia proprio questo fantomatico mercato globale ad avere superato i limiti, e come su esso non si possa fare più riferimento come fosse un serbatoio infinito ed in eterna crescita pronto a risolvere i bisogni delle comunità locali non più autosufficienti.

    L'unica via di uscita per continuare il paradigma della crescita, è sostituire la fonte in via di esaurimento con un altra atta a soddisfare lo stesso bisogno primario, come è avvenuto dal passaggio al vapore al carbone, poi al petrolio.

    Oggi l'unica speranza (sottolineo l'unica) che permetterebbe di gettare un ponte verso un ulteriore allargamento del mercato, è dato dalle fonti rinnovabili e dal riciclo spinto dei materiali, condizione necessaria ma non sufficiente per non incappare in tutta una serie di limiti strutturali.

    Questi limiti (energetici, demografici, di accesso alle risorse acqua, risorse minerali, biologici, ecc.) sono già stati superati, la civiltà è pertanto a debido. Si può perdurare in una situazione di debito, ma non per sempre, perchè si intacca il capitale naturale.

    Il problema di intaccare il capitale naturale è che questo è INSOSTITUIBILE, non è come produrre un componente industriale e poi cambiare produzione quando questo diventa obsoleto.

    Cercare risorse altrove, pertanto, in un mercato globale, semplicemente non si può, da quì partono le fondamento del movimento noto come "decrescita".

    Cordiali saluti,
    Paolo

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