lunedì 5 maggio 2008

Ancora sull'inceneritore di pollina a Santa Sofia!

Riporto un documento scritto di Palmiro Capacci, assessore all'ambiente di Forlì, che esprime in maniera esemplare cosa sta succedendo a Santa Sofia a proposito del nuovo inceneritore della pollina che si vorrebbe costruire, della serie come una risorsa riesce a diventare un problema. Scusate la lunghezza ma mi premeva riproporlo in forma integrale.


PROLOGO
Sono 20 anni che uno spettro si aggira per la Romagna, prima è apparso nel Cesenate ma i cittadini di quella terra e hanno avuto paura e l’hanno esorcizzato, poi, sarà per una qualche consonanza col nome, la sig.ra Marcegaglia l’ha evocato presso il proprio stabilimento posto fra Forlimpopoli e Forlì, ma siccome di qua da Mont Spaché non siamo più “pataca” dei nostri cugini cesenati, anche questa volta lo spettro è stato cacciato. Ora qualcuno deve aver pensato che ciò è aborrito dai “pianeggianti” può essere accettato dai “montanari “. A questo qualcuno bisogna spiegare che noi montanari (sto nella piana ma vado orgoglioso delle mie origini) “an senmiga atachè con e caveji ”. Parlo dello spettro dell’inceneritore della pollina.

PERCHE’ INCENERIRE LA POLLINA E’ IN SE UNA BESTEMMIA ECONOMICA ED AMBIENTALE?
Da che mondo è mondo il letame va riportato sul terreno, certo la pollina è un letame un po’ difficile, (è fuori discussione che il letame di bovino o cavallo sia meglio) puzza, in determinate condizione fa le mosche, prima di stenderlo va fatto maturare, però non sono problemi insormontabili, sinora si è fatto così, anzi da qualche tempo si fa anche meglio, c’erano più problemi una volta. Per anni ho assistito a convegni in cui, dati alla mano, si affermava che i nostri terreni si stanno "sterilendo", perché il contenuto di sostanza organica sta calando in modo preoccupante, ciò determina minor resa, impoverimento della qualità del prodotto, erosione, necessità di aggiungere in modo abbondante concimi chimici e maggior inquinamento della falda, perché viene meno quel filtro biologico che blocca i nitrati ed altre sostanze alla superficie. La situazione sta peggiorando. Ora la pollina oltre ad essere un fertilizzante è anche un emendante, che pur di non eccelse qualità, ha un effetto positivo sul terreno.

Ora, da quando gli inceneritori hanno le sovvenzioni, di tutto questo non ne sente parlare, verrebbe da pensare che sia la sovvenzione che crea l’esigenza, modificando le emergenze ambientali. Naturalmente non è così. Si dice che ora c’è una legge sui nitrati per cui è più problematico lo spandimento della pollina. Ma se lo spandimento è ben fatto va a sostituire lo spandimento dei concimi chimici composti anch’essi in prevalenza da nitrati, che per giunta sono anche più solubili e quindi meglio raggiungono la falda. Le prime falde di pianura in pochi anni si sono arricchite di nitrati con la comparsa dei concimi chimici, prima secoli di espandimenti di deiezioni sui campi non avevano mai creato questo problema.

Certo se facciamo un allevamento con 200.000 capi e stendiamo, magari anche in malo modo, tutta la pollina, su di un piccolo appezzamento di terreno, magari sabbioso, per il solo fatto che è comodo e vicino alle stalle si possono creare preoccupanti fenomeni di inquinamento delle falde sottostanti. E’ la concentrazione fa diventare negativo ciò che nella giusta concentrazione è positivo. Bruciando pollina si produce energia, che per giunta è rinnovabile, poiché i polli sono ciò che mangiano al netto di ciò che espellono e finché mangeranno espelleranno. Messa così il ragionamento è piuttosto tirato ma potrebbe anche andare, ma non è questo il punto, il punto è che il bilancio energetico non è positivo. Ma come!? Si dirà: ”brucio pollina ed ottengo energia elettrica, anche se questi impianti non hanno una gran resa attorno al 20% ed anche dovendo togliere il gasolio consumato dai camion per portarla da tutta la Romagna a S.Sofia, qualcosa rimarrà, poco ma sempre meglio di niente, e in definitiva è tutto petrolio che non vado a consumare”.

Questo conto è sbagliato, se brucio la pollina non la porterò più nel campo ed al suo posto dovrò mettere nitrati prodotti chimicamente, ora la produzione chimica di nitrati richiede una gran quantità di energia, molte volte maggiore di quella che andrò a ricavare dal mio inceneritore, pardon termovalorizzatore di pollina. Questo significa aumento complessivo della CO2. Tradotto in termini pratici, all’agricoltore con l’alto costo del petrolio sarà col tempo sempre più conveniente utilizzare pollina e non concimi chimici. Non meravigliatevi se chi oggi propone di bruciare pollina per ricavare energia risparmiando sull’acquisto del petrolio, domani vi proponesse di bruciare i mobili di casa per riscaldarsi perché cosi si risparmia nell’acquisto della legna.

L’IMPATTO AMBIENTALE LOCALE
Oltre all’impatto che definirei “generale”, bisogna esaminare l’impatto diretto sul territorio in cui è collocato. Ogni opera genera un impatto sul territorio, a cominciare da quello circostante, non necessariamente è un impatto negativo, sia perché può essere in sé positivo, sia perché pur essendo in sé negativo va a sostituire impatti maggiormente negativi. Da quanto sopra esposto un inceneritore di pollina non rientra in nessuno di questi due casi, è un impianto che ha un impatto negativo in senso assoluto e relativo. Quanto negativo dipende poi da molti fattori, per dare una risposta precisa bisogna esaminare ed approfondire il progetto, tuttavia vi sono alcune situazioni che possiamo già valutare.

L’IMPIANTO
Pur essendo tutti impattanti, non tutti gli impianti sono eguali, può essere un forno a griglia o a letto fluido oppure a pirolisi (gassificazione), ciò che tuttavia fa gran parte della differenza sono i sistemi di depurazione dei fumi, che possono essere più o meno efficienti. Ho ben pochi elementi sull’impianto che s’intende costruire ma dubito che un impianto di pollina possa avere una depurazione spinta dei fumi, tanto per fare un paragone pari ai livelli istallati nel nuovo inceneritore di rifiuti urbani costruito a Forlì. Nonostante i contributi elargiti, questa attività non ha ampi margini di profitto, quindi per mantenere la redditività dell’impianto questi non potrà essere molto avanzato e quindi costoso.

A differenza dei rifiuti in cui il maggior costo può essere “scaricato” sulle tariffe pagate dai cittadini, i quali una volta impostato il sistema non hanno alternative, questo impianto non può scaricare più di tanto i costi sull’allevatore, perché una alternativa l’hanno: tornare allo spandimento a meno che non abbiano fatto contratti troppo vincolanti. Se si accetta questo ragionamento è del tutto secondario chiedersi quanto l’impianto possa inquinare e nuocere alla salute, perché già è evidente che non vada costruito, comunque affrontiamo anche questi aspetti.

IL COMBUSTIBILE (la pollina)
Più il combustibile è omogeneo meglio si calibra la combustione, quindi il rendimento termico e la qualità dei fumi, la pollina (in prevalenza lettiera di polli o tacchino ma suppongo anche deiezioni disidratate di ovaiole) è, tuttavia, un combustibile pessimo, se non altro per la grande quantità di azoto ammoniacale che contiene, questi con la combustione si trasforma in Ossido di Azoto che esce coi fumi e quindi si trasforma in Acido Nitrico che ricade al suolo. Naturalmente l’azoto non è l’unico inquinante, ma mi sembra il più rilevante, insieme alle polveri.

LA COLLOCAZIONE
La collocazione dell’ impianto è importante, per gli effetti dell’inquinamento ma anche per la sua resa termica. Se un impianto che produce calore può essere messo in prossimità di un centro abitato si potrebbe pensare di utilizzarlo non solo per produrre energia elettrica, ma anche per utilizzarne il calore di risulta per riscaldare gli edifici (teleriscaldamento), ma non è certamente il caso di questo impianto perché troppo impattante. Bisognerebbe quindi collocarlo lontano da luoghi abitati.

Nel caso in specie si parla di collocarlo in località Macallè, dove si trova l’attuale impianto dell’ AGROFERIL, la collocazione è quanto mai infelice, per chi abita a Santa Sofia non c’è bisogno di spiegarlo perché già oggi questo centro abitato è lambito dagli odori che inevitabilmente verso sera scendono a valle, l’inceneritore avrà un raggio d’azione più ampio, certamente anche i Galeatesi ne saranno coinvolti in quanto, specialmente nelle ore notturne, i fumi tenderanno a scendere a valle e si incanaleranno lungo il Bidente.

Ricordiamoci che il 90% dei problemi che ha avuto L’AGROFERIL sono stati dovuto alla sua disgraziata collocazione, pensare di mettere lì l’inceneritore è puro sadismo. (Se l’impianto sarà gestito dall’AGROFERTIL penso che perlomeno debba cambiare nome perché nulla di agro e di fertil vi sarà più in questa attività.)

VIABILITA’
50.000 tonnellate a Macallè bisogna portarcele, provenendo anche da lontano. Ho letto che faranno una nuova strada fino alla SS 310 del Bidente, è sempre quella che dovevano costruire quando impiantarono l’AGROFERTIL, allora doveva essere fatta e non fu fatta. Ma questa nuova strada sarà di pochi chilometri il resto del traffico insisterà sulla Bidentina, forse qualcuno dal carnaio, i camion passeranno in mezzo a tutti i paesi, quando passeranno i cittadini non avranno bisogno di vederli se ne accorgeranno per la traccia olfattiva.

QUALI PROSPETTIVE ALTERNATIVE
Per la verità il sistema attuale di smaltimento della pollina regge e funziona, ciò non toglie che ci sia necessità di migliorarlo. Ho parlato degli effetti positivi della collocazione della pollina sul terreno, ma ne ho parlato con toni problematici, questo tipo di letame, come già detto, se sparso male, nelle dosi sbagliate e senza una preventiva stabilizzazione può determinare inconvenienti, alle colture (allettamento, infestanti), può inquinare le falde in pianura e a corsi d’acqua e sorgenti in collina, genera odori e può essere causa di proliferazioni di mosche.

L’impianto attuale dell’ AGROFERTIL è stata una risposta a questa esigenza, purtroppo è stato collocato in un posto disgraziato ed ha avuto diversi problemi gestionali e funzionali, per cui si verificava la discesa del puzzo verso il fondo valle, se fosse sorto in una diversa collocazione credo che il bilancio sarebbe stato ampiamente positivo, il prodotto realizzato con la pollina è di buona qualità e ben commercializzato, non è forse un eccezionale emendante agricolo ma è certamente un ottimo concime.

Un elemento cui fare attenzione quando si va pianificare sono anche le dimensioni degli impianti, non mi riferisco all’ inceneritore ma a tutti gli impianti in genere, se è vero che bisogna tener conto che il sistema produttivo attuale tende a concentrare la produzione e questo è quello che è successo negli allevamenti avicoli, bisogna tuttavia contrastare il gigantismo che esaspera i problemi e l’impatto. Non affronto tutta la questione dell’ impatto paesaggistico, economico e sociale che indubbiamente è rilevante.

LA PROPOSTA
Nella nostra Regione abbiamo terreni che si stanno impoverendo di sostanza organica la quale viene tolta dai campi e va a finire nei rifiuti urbani e speciali, o prendono la strada delle fogne per poi concentrarsi nei fanghi dei depuratori. La sostanza organica sottratta al terreno generalmente va a finire in discarica o a un inceneritore determinando comunque inquinamento, occorre mettere in atto un meccanismo per riportala sul suolo, per fare ciò è naturalmente necessario che non sia contaminata da sostanze indesiderate (magari mescolate ad arte per smaltirle in modo improprio).

La strada per arrivare a ciò è quella di un forte incremento della raccolta differenziata dei rifiuti, deve essere una raccolta differenziata di qualità, nel caso in specie parlo della raccolta differenziata dell’umido che nella nostra provincia è a livelli ancora bassi (3,7 % del totale cui si aggiunge un 4,1di vegetali) ma che dovrà crescere velocemente. Altro punto su cui bisogna tornare a riflettere sono i fanghi dei depuratori. Comprendo che oggi non è facile, la questione è stata rimossa a seguito della vicenda “fangopoli” che non si è ancora chiusa.

Questi fanghi organici, tornavano sul terreno a condizioni che rispettassero determinati limiti di qualità, poi con “fangopoli” è scaturita l’inchiesta che ha portato all’accusa per lo spandimento di alcune partite di fanghi che non rispettavano i limiti di qualità imposti dalla legge. Da allora, questi fanghi prendono la strada della discarica o eventualmente degli inceneritori, con un aggravio ulteriore per le tariffe di alcuni milioni di euro. I soggetti interessati sono quasi tutti contenti di questa soluzione, HERA non deve più impazzire ad organizzare lo spandimento e a controllare la qualità dei fanghi ne a controllore cosa si scarica in fogna e non corre più rischi che una partita non sia più a norma, e in conclusione ha solo rifiuti in più da gestire e per chi ha come mission gestire rifiuti non è certamente un dramma, tanto più che i costi sono scaricati sulle tariffe.

Aggiungiamo poi come questa soluzione è richiesta da una certa vulgata pseudo-ambientalista ed è largamente condivisa dalla opinione pubblica spaventata da traffici illeciti sui fanghi. In conclusione i fanghi essendo brutti, sporchi, neri ed anche un po’ puzzolenti sono in se la rappresentazione del male, per questo l’importante è allontanarli in discarica o ad un inceneritore (occhio non vede inquinamento non nuoce). Certo questo allontanamento determina un aggravio nelle bollette ma il fenomeno causa effetto non è evidente e nessuno lo mette in rilievo. Credo che questi fanghi adeguatamente controllati nei requisiti di qualità ed adeguatamente trattati debbano ritornare sul terreno, non certamente tal quali ma previa una azione di compostaggio con la restante frazione organica proveniente dai rifiuti.

Il compost ottenuto, se tutti i passaggi sono stati corretti, sarà un ottimo emendate per i terreni agricoli, restituirà ai terreni carbonio. Il compost è un ottimo emendate ma ha uno scarso potere concimante, qui rientra in gioco la pollina che ha caratteristiche opposte per cui andrebbe ad integrarsi perfettamente. In conclusione credo che vada costruito un sistema che integra tutti questi materiali organici il risultato sarebbe un prodotto veramente ottimo per l’agricoltura e ridurremmo gli impatti ambientati determinati da discariche ed inceneritori, ottenendo peraltro un beneficio economico,. Credo che diversamente ed in modo specifico vada affrontato il discorso sulle biomasse.

Forlì,12.04.08
Palmiro Capacci

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