sabato 31 dicembre 2011
martedì 20 dicembre 2011
Il Tecno-ottimista del terzo millennio
Fonte: Cassandra
domenica 11 dicembre 2011
Nasce la cooperativa "Borgo Etico"
alle ore 20:30
Borgo Etico
Negozio e servizi alla spina per una spesa responsabile a impatto zero
è una iniziativa dell'associazione M.I.Z. e del periodico Romagna e dintorni .. A TUTTO GAS
Per info: Barbara Martini, Samantha Suzzi - Cesena (FC) - Tel. 331.3344352
sabato 26 novembre 2011
Luca Mercalli a Cesena per la settimana europea della riduzione dei rifiuti
mercoledì 16 novembre 2011
Corrado Clini nuovo ministro dell'ambiente
venerdì 4 novembre 2011
Il colpevole sono io
Egregio Sig. presidente della Repubblica Giorgio Napolitano,sono un amministratore comunale di un piccolo paese all’imbocco della Valle di Susa in Piemonte e le scrivo in merito alle sue dichiarazioni che ho avuto modo di leggere in merito alla disastrosa alluvione che ha colpito il levante ligure e la lunigiana. Lei attribuisce i morti ai cambiamenti climatici. Purtroppo non sono d’ accordo con Lei.Il responsabile di quella tragedia sono io: amministratore, cittadino italiano nonché elettore.Sono io amministratore quando sono costretto ad ampliare le aree edificabili e quindi a cementificare il territorio che non è più in grado di assorbire l’acqua piovana che così 'scivola' altrove, per poter incassare oneri di urbanizzazione e quindi mantenere sano il bilancio del Comune.Quando non so urlare abbastanza la mia rabbia per i soldi che mancano per le piccole cose: mantenere puliti i canali, i torrenti di montagna, mettere in sicurezza gli argini, monitorare le frane ma che miracolosamente piovono dal cielo per le grandi, grandissime opere.Quando imploro l’aiuto dei volontari della protezione civile che sostituiscono le gravi lacune delle Istituzioni pubbliche anziché pretendere con ancora maggior forza (se mai fosse possibile) i fondi necessari.Quando i fondi me li procuro, ma con gli oneri di urbanizzazione creando così un circolo viziato senza fine.Sono io cittadino italiano quando per pigrizia, disinformazione, troppa fiducia nei miei rappresentanti evito la partecipazione diretta, la cittadinanza attiva e lascio che presunte “scelte strategiche” quali TAV, ponte sullo stretto, rigassificatori, inceneritori sottraggano denaro alla manutenzione del territorio, delle sponde dei fiumi, alla messa in sicurezza delle scuole, alle energie alternative, tutte cose che creerebbero moltissimi posti di lavoro immediati e diffusi su tutto il territorio nazionale, ma soprattutto controllabili dagli enti locali e non fagocitati dalle scatole cinesi del General contractor o peggio dalla criminalità organizzata.Quando non faccio sentire la mia voce, quando resto a casa perché macinare km in un corteo è faticoso, rischioso o peggio sconsigliato a parteciparvi dagli stessi politici (se non sono stati loro a organizzarlo e promuoverlo!) o peggio ancora perché minacciato di essere “radiato” dal mio partito di riferimento se vi partecipo.Sono io elettore, il responsabile, quando non vigilo sull’operato degli eletti, non li stimolo, controllo, quando dopo aver espresso il mio voto delego ad altri in toto e mi allontano per 5 anni (o quanto dura la legislatura) dalla cosa pubblica, dalla vita associativa, dal volontariato.Quando mi lascio: abbindolare dai media e fatico a farmi una mia opinione, terrorizzare dal voto utile (per non lasciare il paese in mano alle destre dicono gli uni o alle sinistre dicono gli altri), ingannare dagli apparentamenti di coloro che parenti stretti non potranno mai esserlo.Quando non mi accorgo che miliardi di euro vengono impegnati e promessi nei programmi elettorali per l’acquisto di aerei da combattimento (ma l’Italia non ripudia la guerra?) o per un inutile buco in valle di Susa mentre una dopo l’ altra le regioni italiane si sgretolano sotto frane, alluvioni, terremoti (non sempre così intensi rispetto ai danni arrecati anche agli edifici pubblici che dovrebbero essere i più sicuri).In una democrazia 'imperfetta' quale la nostra, la responsabilità è sempre mia, cioè di tutti i cittadini che liberamente e senza condizionamenti dovrebbero scegliere il meglio. Secondo me i cambiamenti climatici, purtroppo, non c’entrano o c’entrano poco.Non so se questa lettera giungerà a destinazione, sicuramente arriverà nelle mani di chi la giudicherà inopportuna, infarcita di demagogia e populismo sostenendo che il Presidente della Repubblica ha sempre ragione. Io posso solo immaginare i motivi profondi della sua dichiarazione in cui cita i cambiamenti climatici come responsabili della disastrosa ultima alluvione. In questo caso è da ringraziare, per la sua prudenza e grande senso di responsabilità.La saluto cordialmente.Mauro Galliano, Assessore Comune di Sant’Ambrogio di Torino (valle di Susa), Comune di 8,59 kmq. con 4.843 abitanti
Fonte: Il Cambiamento
sabato 22 ottobre 2011
Il teorema del tacchino
Il problema è che una crescita del 3% non può durare "per sempre". Con quella crescita i consumi raddoppiano ogni 20 anni circa. Il consumo di risorse pure. Significa che nei prossimi 20 anni consumeremmo tante risorse quante ne abbiamo consumate in tutta la storia passata dell'umanità (almeno, da quando il PIL è cominciato a salire del 3% l'anno). Ma abbiamo GIÀ consumato metà di molte delle risorse disponibili, ad esempio del petrolio, non siamo distanti per il neodimio (una terra rara che permette di costruire altoparlanti, motori elettrici e hard disk da 1 terabyte invece che da 10 megabyte del mio primo PC), la produzione d'oro e di piombo sono in calo da anni. Non ne abbiamo per altri 20 anni, punto.
L'unica maniera per rendere possibile una crescita modesta, e intendo proprio l'unica maniera, è quella di riciclare efficacemente la maggioranza dei materiali post consumo con cui realizziamo i nostri prodotti, cosa che purtroppo non si può fare con il petrolio, dato che l'estrazione da esso di energia è un processo irreversibile.
La Terra è ovviamente finita, uno sviluppo esponenziale in un mondo finito è semplicemente impossibile, quindi una crescita modesta e sostenibile è possibile solo attraverso un riciclo spinto di tutti i materiali, cosa che permette anche di risparmiare parecchia energia per produrli.
Si può migliorare l'efficienza? Certo, raddoppiamola, si va avanti altri 20 anni. Si possono cercare altre risorse? Certo, troviamo (se ci riusciamo) un'alternativa al petrolio che valga per ALTRETTANTO petrolio rispetto a quello mai trovato, sono altri 20 anni. Insomma, si arriva a metà secolo e stiamo comunque facendo fantascienza. È il problema delle crescite esponenziali, puoi aumentare a piacere le risorse, ma se cresci ad un tasso costante le finisci in un tempo che è alcune volte il tempo di raddoppio, 20 anni nel nostro caso.
giovedì 6 ottobre 2011
Festa del consumo critico all'ipercoop di Cesena
L'intera giornata sarà dedicata alla presentazione di tante eco iniziative per grandi e piccini, con attività ludiche culturali e creative, fra le quali vorrei segnalare in particolare:
- Laboratori educativi per bambini (Ass.Cartabianca, giochi con materiale riciclato)
- Ogni ora esatta, proiezione di filmati e documentari in saletta riservata:
- La storia delle cose (Annie Leonard)
- Vivere senza petrolio (DVD)
- Il Suolo Minacciato (DVD)
- Home (Bellissimo documentario naturalistico)
- Documentari e brevi filmati su riciclo e autoproduzione
- Il tavolo della SPESA SOSTENIBILE (confronto di prodotti e consumo critico)
- Mostra fotografica di Rosanna Maiolino (cibo e imballaggi)
- Utilizzo dei pannolini lavabili (Associazione NonSoloCiriPà)
- Progetto volontariato "Spesa a domicilio" (COOP/AUSER)
- Animazioni e giocoleria per bambini (Mago Catorcio)
- Street Band CORRIDORE CON MEGAFONI (Ass.Aidoru, Musica itinerante)
- Rassegna AD ALTA VOCE, presentazione di libri e dialogo con gli autori
- Speaker corner con le mitiche poesie di PELO
- Torta "sostenibilità di gusto" e buffet per festeggiare l'anniversario del centro
venerdì 30 settembre 2011
Il bilancio del bidone
Pubblicato da Paolo Marani alle 9:35 PM 1 commenti
Etichette: intervista, riduzione rifiuti, sostenibilità
giovedì 15 settembre 2011
Anche a Cesena la settimana della mobilità sostenibile
Attività in programma a Cesena |
Se non avete mai sentito parlare di “mobilità sostenibile” e vi piacerebbe saperne di più, dal 16 al 22 settembre 2011 si svolgerà la Settimana Europea della Mobilità Sostenibile, un appuntamento internazionale promosso dalla Commissione Europea che ha l’obiettivo di incoraggiare i cittadini all’utilizzo di mezzi di trasporto alternativi all’auto privata per gli spostamenti quotidiani.
il 32% del campione intervistato, ritiene che il costo della propria macchina sia eccessivo (contro il 22% in Europa) e ben l’86% riconosce che mantenere un’auto costi molto (contro l’83% degli europei).
Tra le soluzioni maggiormente individuate c’è il car sharing con auto ecologiche:
il 78% ha espresso interesse a noleggiare auto ecologiche (contro il 66% degli europei) e il 40% sarebbe addirittura disposto a pagare di più pur di noleggiare questo tipo di automobili (contro il 33% degli europei in generale).
Sembrerebbe quindi chiaro che gli italiani siano un popolo che a parole adora la mobilità sostenibile, il car sharing, la bicicletta, eppure nella pratica le statistiche locali sono impietose, lasciando Cesena ancora al palo con la stratosferica cifra di oltre 750 auto circolanti ogni 1000 abitanti.
Se esistesse ad esempio un autobus speciale attrezzato per portare la propria bicicletta per andare da Cesena a Cesenatico, lo prenderei molto volentieri (anche se comunque mi farebbe bene pedalare un po).
Pubblicato da Paolo Marani alle 10:47 PM 2 commenti
Etichette: bike sharing, Eventi, mobilità sostenibile, settimana europea della mobilità
sabato 3 settembre 2011
Visita al centro riciclo di Vedelago
venerdì 19 agosto 2011
Biomasse negli inceneritori, l'ultima trovata di Hera
“Attualmente l’impianto di termovalorizzazione di Hera, oltre ai rifiuti urbani, utilizza anche gas per mantenere la migliore funzionalità – sostiene Bulbi -. Quindi utilizzare biomasse in luogo di un combustibile fossile non può che essere un passo nella direzione giusta."
Quando si parla di incenerimento, la quantità autorizzata per un impianto non é un parametro fondamentale di progetto, poiché dal punto di vista di un forno il bruciare 1 tonnellata di materiali oppure 1/2 tonnellata ma dal potere calorifico doppio è pressoché equivalente. Sarebbe perfettamente lecito addirittura bruciare molto meno materiale di quanto autorizzato attualmente, purché esista una qualche pre-selezione capace di innalzarne il potere calorifico a un livello sufficiente.
In soldoni, visto che l'impianto già esiste e non ce lo toglieremo di torno a breve termine, per lo meno rendiamolo funzionale a una raccolta differenziata spinta, in modo da distruggere termicamente solo quanto non sappiamo recuperare, e che quindi andrebbe inevitabilmente in discarica.
UPDATE: Trovate sul sito di Forlì Ambiente tutti i dettagli tecnici sulla richiesta fatta da Hera.
martedì 16 agosto 2011
Osservazioni al piano energetico comunale di Cesena
Sono scaduti Lunedì 8 agosto scorso i termini per la presentazione delle osservazioni al Piano Energetico Comunale (PEC) del comune di Cesena. Si tratta di un documento importante per ogni amministrazione comunale, tramite il quale si forniscono gli indirizzi necessari agli interventi per contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici (riduzione della Co2) e alla pianificazione dello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili sul territorio comunale.
Pubblicato da Paolo Marani alle 1:44 PM 1 commenti
Etichette: Comune di Cesena, energie rinnovabili, PEC, piano energetico
domenica 14 agosto 2011
Rapporto ISPRA 2009 sui rifiuti urbani
Pubblicato da Paolo Marani alle 8:06 AM 0 commenti
Etichette: dati statistici, ispra, raccolta differenziata
venerdì 12 agosto 2011
Il sindaco Cenname ci riprova con la raccolta differenziata
Pubblicato da Paolo Marani alle 8:27 AM 0 commenti
Etichette: Camigliano, Comuni Virtuosi, giustizia, raccolta differenziata
mercoledì 10 agosto 2011
Le palline omeopatiche e il numero di Avogadro
Vedete, il problema non è stabilire la supremazia della scienza rispetto a ogni altro tipo di disciplina. Dato che la scienza non è perfetta e non dice sempre necessariamente la verità, taluni pensano che qualsiasi cosa gli venga accostata non possa essere del tutto menzogna. Così, ci saranno sempre coloro ai quali piace credere alla teiera cosmica, oppure giocano con le parole, tipo contrapporre "allopatia" con "omeopatia", tanto per applicare un po di relativismo.
Il problema semmai è che le "pseudoscienze" muovono un sacco di soldi, e talvolta si rivelano assai pericolose quando applicate con eccesso di buona fede.
Update: Ok, ho disseminato il post di troppi link, e non ne avrete probabilmente seguito nemmeno uno, ma semmai vi venisse voglia di seguirne almeno uno vi consiglio QUESTO, che è davvero illuminante.
Pubblicato da Paolo Marani alle 9:00 AM 10 commenti
Etichette: bufale, numero di avogadro, omeopatia
lunedì 8 agosto 2011
La sostenibilità e lo stato stazionario nella cultura Giapponese
Il popolo giapponese ha subito più sofferenze di qualunque altro a causa della nostra cattiva gestione dell’energia atomica. Quella del bombardamento di Hiroshima e Nagasaki, nel 1945, è triste storia. Magari qualcuno di voi ha avuto la possibilità di visitare queste città – io le ho visitate entrambe, e vi posso dire che la memoria di quegli eventi non è qualcosa che si riesce a ignorare facilmente. Ovviamente, al confronto l’incidente nucleare di Fukushima è stato cosa da poco. Ma rimane che è difficile per noi – intendo noi umanità – gestire l’energia nucleare. Forse è semplicemente una cosa troppo grande e complessa.
Comunque, lasciamo perdere i pro e i contro dell’energia atomica; non è di questo che voglio discutere con voi oggi. Piuttosto, credo che possiate essere interessati a parlare un po’ della cultura giapponese. Il semplice fatto che siamo tutti seduti sul pavimento su un tatami giapponese vuol dire che la cultura del Giappone ha un’influenza su di noi, proprio come ha avuto influenza sulla cultura occidentale in molti campi – pensate solo ai manga! Perciò, quello che vorrei fare oggi è discutere di ciò che possiamo imparare dal Giappone in termini di sostenibilità.
Lasciatemi cominciare con qualche parola sulla storia del Giappone. Conoscete sicuramente il periodo “Heian” o “Imperiale”, iniziato tanto tempo fa: questo fu il periodo “classico” della storia giapponese. Il periodo Heian ha poi lasciato il campo a un’età di guerre civili: il sengoku jidai, l’epoca dei Samurai. Diversi film l’hanno dipinto come un’epoca romantica, ma sono sicuro che la gente che ci viveva non la trovava molto romantica; era un periodo di continue battaglie, e doveva essere parecchio dura per tutti. Ad ogni modo, questa fase storica finì quando Tokugawa Ieyasu emerse da vincitore delle guerre e divenne shogun, reggente di tutto il Giappone. Questo succedeva intorno all’anno 1600, e cominciò allora il periodo “Edo”, che fu molto più tranquillo. Il periodo Edo durò finché il Commodoro Perry non arrivò con le sue “navi nere” a metà del 19° secolo, il che diede inizio all’età moderna.
Ora, i due secoli e mezzo del periodo Edo sono molto interessanti dal punto di vista della sostenibilità. Non fu solo un periodo di pace; fu anche un’epoca di economia stabile e popolazione stabile. In effetti, non è del tutto vero, perché la popolazione del Giappone aumentò nella prima parte del periodo Edo; ma arrivata a 30 milioni restò quasi costante per circa due secoli. Non ho notizia di altre società nella storia che hanno vissuto un simile periodo di stabilità. Era un esempio di quel che oggi chiamiamo “economia di stato stazionario”.
Il motivo per cui la maggior parte delle civiltà non riescono a raggiungere uno stato stazionario è che è troppo facile sovrasfruttare l’ambiente. E’ qualcosa che non ha a che fare solo con i combustibili fossili: è tipico anche delle società agricole. Se tagliate troppi alberi, il suolo fertile viene lavato via dalla pioggia. E poi, senza terra fertile da coltivare, la gente muore di fame. Il risultato è il collasso – una caratteristica comune di gran parte delle civiltà del passato. Qualche anno fa, sull’argomento Jared Diamond ha scritto un libro, intitolato proprio “Collasso”.
C’è un punto interessante di Diamond a riguardo delle isole. In un’isola, dice Diamond, ci sono risorse limitate – molto più limitate che sul continente – e le opzioni a disposizione sono limitate di conseguenza. Quando sei a corto di risorse, mettiamo di terreno fertile, non puoi emigrare e non puoi attaccare i vicini per ottenere risorse da loro. Puoi solo adattarti, o perire. Diamond cita diversi casi di piccole isole nell’oceano Pacifico in cui l’adattamento era molto difficile ed i risultati sono stati drammatici, come nel caso dell’isola di Pasqua. In alcune isole davvero piccole, adattarsi è risultato talmente difficile che gli esseri umani sono semplicemente scomparsi. Sono morti tutti, e basta.
Il che ci porta al caso del Giappone: che è un’isola, naturalmente, anche se grande. Ma alcuni dei problemi che si avevano con le risorse dovevano essere gli stessi di tutte le isole. Il Giappone non possiede molto in termini di risorse naturali. Moltissima pioggia, per lo più, ma poco altro, e la pioggia può fare molti danni se le foreste non sono ben amministrate. E ovviamente in Giappone lo spazio è limitato, il che significa che c’è un limite alla popolazione; almeno finché essa dipende dalle risorse locali. Io credo che a un certo punto nel corso della storia i giapponesi abbiano raggiunto il limite massimo di quel che potevano fare con lo spazio a disposizione. Ovviamente ci volle del tempo: il ciclo è stato molto più lungo che su una piccola isola come l’isola di Pasqua. Ma potrebbe perfettamente essere che le guerre civili furono una conseguenza del fatto che la società avesse raggiunto un limite. Quando non c’è abbastanza per tutti, le persone tendono a combattere fra di loro, ma è ovvio che non sia questo il modo migliore per gestire la scarsità di risorse. Perciò, a un certo punto i giapponesi dovettero smettere di lottare, dovevano adattarsi o morire – e si adattarono alle risorse che avevano. Era l’inizio del periodo Edo.
Per arrivare a uno stato stazionario, i giapponesi dovevano gestire al meglio le risorse a disposizione, ed evitare di sprecarle. Una cosa che fecero fu liberarsi degli eserciti del periodo delle guerre. La guerra è semplicemente troppo costosa per una società a stato stazionario. Poi, fecero grossi sforzi per mantenere le foreste ed incrementarle. Potete leggere qualcosa a riguardo nel libro di Diamond. Il carbone di Kyushu forse aiutò un po’ a risparmiare gli alberi, ma il carbone da solo non sarebbe stato abbastanza – fu la gestione delle foreste a fare la differenza. Il governo amministrava i boschi a livello di singola pianta: un’impresa notevole. Infine, i giapponesi riuscirono a gestire la popolazione. Probabilmente fu questa la parte più difficile, in un tempo che non conosceva contraccettivi. Da quel che ho letto, ho capito che i poveri erano obbligati a praticare più che altro l’infanticidio, e questo doveva essere atroce per i giapponesi, come sarebbe per noi oggi. Ma le conseguenze del lasciar crescere la popolazione senza controllo sarebbero state terribili: per cui, erano costretti a farlo.
Noi tendiamo a vedere l’economia a stato stazionario come qualcosa di molto simile alla nostra società, solo un po’ più tranquilla. Ma il periodo Edo del Giappone era molto diverso. Di certo non era il paradiso in terra. Era una società estremamente regolata e gerarchica, in cui sarebbe stato difficile trovare – o anche solo immaginare – qualcosa come “la democrazia” o “i diritti umani”. Nonostante ciò, il periodo Edo fu una realizzazione notevole, una società molto raffinata e ricchissima di cultura. Una civiltà di artigiani, poeti, artisti e filosofi. Creò alcuni dei tesori d’arte che possiamo ammirare ancora oggi, dalle spade katana alla poesia di Basho.
Insomma, i giapponesi ce la fecero a creare una società estremamente raffinata che riuscì a esistere in uno stato stabile per più di due secoli. Non credo che nella storia ci siano molti casi paragonabili. Perché il Giappone ebbe successo dove molte altre civiltà nella storia avevano fallito? Be’, penso che il fatto di essere un’isola fosse un enorme vantaggio. Questo proteggeva da gran parte delle ambizioni dei popoli confinanti, e anche dalla tentazione che potevano avere gli stessi giapponesi di invadere i loro vicini. E se non hai una terribile paura di essere invaso (e non hai intenzioni di invadere nessuno), allora non hai motivo di mantenere un grosso esercito, né di far crescere la popolazione. Puoi concentrarti sulla sostenibilità e sulla gestione di quel che hai a disposizione. Poi, naturalmente, quando il Commodoro Perry e le sue navi nere arrivarono, il Giappone non fu più un’isola, nel senso che smise di essere isolato dal resto del mondo. Così la crescita ripartì. Ma, finché il Giappone restò isolato, l’economia rimase in uno stato stazionario e, come ho detto, questa era una conquista straordinaria.
Però non credo che il fatto di essere un’isola spieghi tutto del periodo Edo. Io penso che esso non sarebbe stato possibile senza un certo grado di saggezza. O forse un termine più corretto in questo caso è “sapienza”.
La saggezza o la sapienza non sono cose che si possano quantificare o attribuire a persone specifiche. Ma io ritengo che il Giappone, nella sua interezza, aveva raggiunto un certo livello di – diciamo così – “illuminazione”. Comprendetemi: mi riferisco al periodo Edo. So bene che oggi il Giappone è pieno di posti orribili come la maggior parte dei luoghi del mondo occidentale: inquinato, sovraffollato e pieno di costruzioni bruttissime. Però nel periodo Edo si era sviluppato un modo di guardare il mondo che ancora ammiriamo oggi, e che è secondo me ben rappresentato dalla poesia giapponese: un prodigio di luminosità, di percezione dei dettagli, di amore per le piccole e delicate cose del mondo càduco. Ma non è solo la poesia: pensate al Judo secondo il maestro Kano. E’ un modo di vivere: una filosofia, una maniera di acquisire saggezza. Il Judo è un’idea moderna, ovviamente, ma ha le sue origini nel periodo Edo. Per quello che posso capire, l’approccio giapponese di quell’epoca era quanto di più lontano può esserci dall’atteggiamento orrendo che abbiamo noi oggi, quello del golem chiamato homo economicus che pensa seriamente che un albero non abbia valore a meno che non sia abbattuto. Se è questo il modo con cui guardiamo il mondo, allora meritiamo di collassare e scomparire. La saggezza probabilmente non è una risorsa non rinnovabile, ma sembra che siamo comunque riusciti a restarne senza.
Vorrei raccontarvi una storia proveniente dalla saggezza giapponese; ha a che fare con l’epoca delle guerre civili ma fu sicuramente inventata durante il più tranquillo periodo Edo. Probabilmente conoscete i nomi dei principali condottieri dell’ultima fase delle guerre civili in Giappone: Oda Nobunaga, Toyotomi Hideyoshi e Tokugawa Ieyasu. Alla fine, fu Ieyasu a diventare shogun e guida dell’intero paese. Sul come ci riuscì, c’è questa storiella che esiste in forma di senryu, una poesia breve. Racconta che un giorno Nobunaga, Hideyoshi e Ieyasu si incontrarono e videro un cuculo che non cantava. Nobunaga disse: “Se non canta, lo uccido”. Hideyoshi disse: “No, io lo convincerò a cantare”. E Ieyasu disse: “Io aspetterò, finché non canterà”.
Penso che questo racconto sia un’ottima rappresentazione di come la gente del periodo Edo razionalizzava gli eventi che portarono alla loro età. Ci dice che la strategia vincente non è la violenza, e nemmeno la furbizia: bensì è l’adattamento. I giapponesi avevano capito che non potevano forzare o persuadere la loro isola a comportarsi come essi desideravano, proprio come non si può forzare o convincere un cuculo a cantare. Dovevano adattarsi, e lo fecero. Questa, io credo, è saggezza.
Ora, una caratteristica della saggezza è che si può applicare a diverse situazioni, diversi luoghi, diversi tempi. Vediamo un po’ come possiamo interpretare il racconto nella nostra epoca. Abbiamo enormi problemi ovviamente: non abbiamo abbastanza petrolio, non abbiamo abbastanza risorse minerali, né abbastanza acqua, né atmosfera per assorbire i residui della combustione. Come reagiamo allora? Be’, un po’ come Nobunaga. Siamo propensi a usare la violenza, non solo in termini di “guerre per il petrolio”. Cerchiamo di forzare il pianeta a produrre quel che desideriamo. In un certo senso, è come dire all’uccello “canta, o ti ammazzo”. Insomma, è il “drill, baby drill!”, è la volontà di fare di tutto e con qualunque mezzo per produrre i combustibili liquidi di cui siamo convinti di avere assoluto bisogno, anche se così distruggeremo la terra e l’atmosfera. Vogliamo costruire centrali atomiche, incuranti dei rischi connessi, e fare un mucchio di altre cose per forzare il pianeta a produrre ciò di cui crediamo avere la necessità.
Poi c’è un diverso atteggiamento in apparenza più civile: è l’efficienza. Esso dice che, se riusciamo a convincere la gente ad usare le risorse in maniera più efficiente, possiamo continuare ad avere tutto quello cui siamo abituati ed in più salvare il pianeta. Le lampade a risparmio energetico e le auto di dimensioni più piccole di certo appaiono molto meglio, come idea, del “drill, baby, drill”; ma in fondo il concetto non è tanto diverso, nel senso che non vogliamo cambiare rispetto a ciò che pensiamo sia per noi indispensabile. Il modello di vita americano resta apparentemente non negoziabile: solo il modo di ottenerlo potrebbe forse esserlo. Questa strategia potrebbe addirittura funzionare – almeno per un po’. Ma riusciremo davvero a trovare delle soluzioni tecnologiche per avere, tutti, tutto quello cui siamo abituati? Il recente disastro di Fukushima dovrebbe averci insegnato che non siamo così furbi come possiamo pensare.
Non siamo ancora giunti al punto in cui scopriremo che la strategia vincente non è forzare né persuadere la Terra a dare più di quanto possa. La strategia vincente consiste nell’adattamento. Abbiamo la necessità di ritarare i nostri bisogni in base a quanto il pianeta può offrire. E’ quello che i giapponesi fecero sulla loro isola; e in fondo tutti noi viviamo su un’isola, un’isola gigante, sferica e blu che vaga nell’oscurità dello spazio. Sta a noi gestire i doni che riceviamo dalla Terra e creare qualcosa di bello come la civiltà Edo in Giappone; certamente con metodi migliori e più dolci per il controllo della popolazione.
Se l’esempio storico del Giappone conta qualcosa, forse siamo nella giusta direzione, e l’età delle guerre civili planetarie potrà finire prima o poi. Allora, se riusciamo ad aspettare abbastanza, un giorno anche noi potremo sentire il cuculo cantare. >>
Fonte: Cassandra
Pubblicato da Paolo Marani alle 3:50 PM 0 commenti
Etichette: discorso, giappone, sostenibilità, Ugo Bardi