martedì 21 ottobre 2008

20-20-20 L'italia dice NO

Come noto, l'Italia ha puntato i piedi in sede europea, trainando con se i paesi meno sviluppati, per contestare il famoso (famigerato) piano 20-20-20, che sarebbe in soldoni la necessità entro il 2020 di diminuire del 20% le emissioni, conseguendo il 20% come obiettivo di risparmio energetico e 20% di incremento delle energie rinnovabili. Il sig. B afferma che allo stato attuale il rapporto costi/benefici non è chiaro e il piano penalizzerebbe in maniera inaccettabile paesi come l'Italia molto forti sul lato manifatturiero, pertanto inevitabile divoratore di risorse.

Cerchiamo di ritornare tutti nell'alveo di un ragionamento corretto. A prescindere dall'area di pensiero nobile o illuminato di appartenenza, quello che mi preme stabilire è: il piano 20-20-20 è una sciocchezza oppure ha un qualche fondamento scientifico ?

E' pacifico che fenomeni come l'iper regolamentazione, una certa politica miope di incentivi, una tassazione non equilibrata, possa potenzialmente causare danni più grandi di quelli che sulla carta intenderebbe risolvere, però non dobbiamo nemmeno prenderci in giro fino a questo punto!

Intendo dire che non è possibile ogni volta utilizzare la legge come una coperta corta a seconda di chi si vuole riscaldare, quando nasce a tutela di qualche interesse viene sostenuta a spada tratta, quando solo rischia di lederne altri viene bistrattata all'inverosimile. Leggi del genere in materia ambientale, per quanto perfezionabili, hanno la caratteristica di ledere TUTTI gli interessi, perchè NESSUNO vuole realmente ridurre le proprie emissioni, così come nessuno vuole ridurre il PIL o peggio diminuire i consumi energetici (ad esso storicamente proporzionali).

Allora, il punto non è burocrazia si o burocrazia no, la riduzione delle emissioni è davvero indispensabile oppure, dato che siamo in recessione (se mai ne usciremo) è rimandabile ?

Pretendere di rinviare una decisione così cruciale solo per un mero conto della serva del rapporto costi/benefici, fra l'altro dettato da un problema congiunturale di crisi economica, mi sembra una stupidata colossale.

Occorre concentrarci sul capire se perseverando con lo sfruttamento attuale delle risorse andremo verso il disastro oppure no, perché se mai questo disastro arriverà, sappiate che quisquilie come la democrazia (e la burocrazia) passeranno completamente in secondo piano, sull'onda della devastante crisi sociale causata da un mondo non più in grado fisicamente di sostenerci tutti, agli attuali ritmi di crescita dei consumi. Il problema va anche al di la della crescita dei mari di qualche metro, per il quale basterebbe evacuare qualche centinaio di milioni di persone e costruire qualche milione di palafitte... il concetto è, siamo disposti a correre il rischio e i costi futuri di uno sconvolgimento climatico globale ?

Ridurre le emissioni, va fatto oppure no ? Oppure meglio difendere le nostre rendite finanziarie e spendere i nostri soldi sani in un mondo malato ? Secondo il mio parere ne vale la pena, siamo di fronte ad un immenso esperimento a scala globale dalle conseguenze incerte e dai rischi altissimi, in cambio di un bel po di carta che chiamiamo volgarmente soldi possiamo comprarci una assicurazione sul nostro futuro, e migliorare al contempo la salute dei cittadini.

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