martedì 7 ottobre 2008

Esiste davvero lo sviluppo sostenibile ?

Ricercando con Google il termine "sviluppo sostenibile" si trovano quasi tre milioni di occorrenze in italiano e quasi 40 milioni in inglese. E' quindi un concetto che oggi "va per la maggiore": tutti ne parlano, tutti ne scrivono, sugli scaffali dei supermercati è persino arrivato qualche mese fa un "caffè sviluppo sostenibile"!

Ma che cos'è esattamente ?

La definizione "ufficiale", che compare anche nella home page della Divisione dell'ONU per lo sviluppo sostenibile, è la seguente:

«Sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i loro propri bisogni.»

Questa definizione proviene dal Rapporto Brundtland, del 1987 (par. 27, pag. 24).

Questa definizione è importante perché introduce nel dibattito politico-economico i diritti delle generazioni future, cioè di coloro che non sono ancora nati e che nasceranno tra 10, 50, 100, 1000 anni. E' essenzialmente l'idea del principio di responsabilità, termine coniato dal filosofo Hans Jonas con il libro omonimo del 1979. Il pensiero di Jonas è articolato e complesso e non può certo essere ridotto in poche battute; possiamo però citare due affermazioni forti che spiegano in cosa consiste il principio di responsabilità (segui questo link per approfondire)

  • In avvenire deve esistere un mondo adatto ad essere abitato; bisogna disporsi a farsi coinvolgere da una felicità o da una disgrazia che riguarda solamente le generazioni future.
  • Nuovo imperativo etico: agisci in modo che le conseguenze delle tue azioni siano compatibili con la permanenza di un'autentica vita umana sulla terra.

Ragionare in questi termini comporta una vera rivoluzione nel modo di considerare l'orizzonte temporale del nostro futuro; andate a dirlo agli amministratori delegati che hanno in mente solo il prossimo bilancio trimestrale o ai politici che pensano alle prossime elezioni ...

Questa definizione è però anche ampiamente insufficiente, dal momento che "i bisogni del presente" sono considerati in astratto e non vengono invece collegati alle risorse effettive dell'ambiente naturale.

Se vogliamo "avanzare qualcosa" per le generazioni future, l'attenzione non deve tanto essere incentrata sui bisogni, ma sulle risorse e su come farne uso senza distruggerle o comprometterne un uso futuro.

Tratto da un articolo di Marco Pagani su EcoAlfabeta

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