lunedì 20 ottobre 2008

Il matrimonio di HERA non s'ha da fare

Poco se ne parla, ma i vertici di Hera hanno da poco ricevuto una delle loro più grandi sdentate, vedendosi naufragare i loro pomposi piani di fusione societaria che avrebbero visto l'influenza di Hera allargarsi ben al di la della regione Emilia Romagna. Il grande matrimonio fra la multiutility nostrana e IRIDE (piemontese) + ENIA (emiliana) non si farà. Anzi, oltre alla beffa il danno, dato che i due partner "strategici" pare abbiano stipulato un accordo fra di loro, lasciando Hera mazziata ed abbandonata.

Non è da oggi che da più parti del territorio cesenate e romagnolo si levano critiche e perplessità sul rapporto tra Hera e i Comuni che ne costituiscono la compagine sociale, ingabbiati nel doppio ruolo di controllori e controllati e incapaci pertanto di incidere concretamente sulle politiche aziendali. In questo clima di incertezza, Hera ha pensato bene di lanciarsi sull'alta finanza e cercare operatori in grado di sorreggere il proprio piano industriale, sempre più minacciato da amministrazioni riottose che "disturbano" con richieste fastidiose tipo il "porta a porta", o politiche idriche/energetiche più eque.

Il sindaco uscente Giordano Conti (ora lautamente pagato da Hera con un posto d'oro guadagnato a seguito dell'ottimo lavoro di tutela svolto), sarà sicuramente arrabbiato per l'accaduto, in varie occasioni lo si è sentito accalorarsi in contrasto con il sindaco di Reggio Emilia, Graziano Delrio, considerato a torto o a ragione come il principale responsabile della mancata fusione.

Riguardo ad Hera, forse non ci si rende conto che proprio questa sua "debacle" potrebbe rappresentare nella lunga distanza la sua fortuna. In periodi di crisi economica come quelli attuali la storia contemporanea ha dimostrato ampiamente che i primi a rimetterci sono e saranno proprio i giganti dai piedi di argilla, dalle dimensioni sproporzionate rispetto alle reali necessità della collettività e del territorio su cui operano.

Una Hera non artificialmente ingigantita dalla finanza, pur già oggi comunque ipertrofica, riuscirà a mantenere auspicabilmente la flessibilità necessaria per modificare alcune sue scelte strategiche rivelatasi sbagliate ed assecondare meglio le necessità dei cittadini. Tanto per parlare chiaro, la fusione di Hera ed il consolidamento del suo piano industriale avrebbe chiuso la porta completamente ed irrimediabilmente sia verso il ruolo di controllo delle "piccole" amministrazioni locali che riguardo qualsiasi possibilità di introdurre sviluppi politici virtuosi come la raccolta domiciliare dei rifiuti. Evidentemente Hera è convinta che l'aumento di capitale necessario per le fusioni sarà garantito senza grossi problemi dai continui rincari delle tariffe ai danni dei cittadini.

La recente crisi economica ha quasi dimezzato infatti il valore delle partecipazioni pubbliche in Hera; se a ciò aggiungiamo che, prima o poi, la liberalizzazione dei servizi giungerà con tutta la sua forza destabilizzatrice (nel 2011), mettendo in seria difficoltà chi si troverà a dover valutare le ipotesi di aumenti di capitale per rimanere sul mercato senza averne i mezzi, lo scenario è veramente preoccupante.

Di tutto questo nella stampa non si parla, a parte le continue lagnanze di coloro che hanno partecipato a questo gioco delle fusioni per scoprire di esserne rimasti esclusi sul più bello.

Fonte: Corriere Bologna

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