mercoledì 29 giugno 2011

Dalla Grecia alla Val di Susa, carne da manganello

Avete notato come negli ultimi giorni i telegiornali siano sistematicamente invasi dalle drammatiche scene di guerriglia popolare che si svolgono nelle piazze della Grecia ? Orde di disperati che mettono a ferro e fuoco ogni cosa, protestando contro i tagli economici radicali cui il governo di Papandreou è costretto (per il loro bene) mentre i cittadini stremati dalla crisi si scagliano contro le autorità. (qui la diretta stream dalla Grecia)

Nel mentre, si sta svolgendo anche in Italia un simile clima di "scontro" fra cittadini e forze dell'ordine, ma per ragioni diametralmente opposte: proteste in tutta la Val di Susa contro gli "investimenti" promessi per la tav, con gente manganellata a sangue perchè "non vuole godere i frutti" di questa opera assolutamente strategica che per l'Europa porterà tanto lavoro e sviluppo economico...

Sono balle da ambo le parti. E la copertura mediatica che la TV sta dando alle violenze in Grecia sono solo, a mio modesto parere, maldestre opere di distrazione di massa.

La popolazione greca non è contraria ai sacrifici per evitare il default, ma al fatto che siano sempre i soliti cittadini a pagare, quando per decenni sono stati governati da corrotti che si sono arricchiti alle spalle del debito pubblico.

Analogamente, in Val di Susa, la gente è esasperata dalle balle bipartisan (sia del PD che del PDL) che considera sviluppo improrogabile la realizzazione delle grandi opere, indipendentemente dal fatto se siano realmente utili o meno. Di certo si sa che arricchiscono i soliti "prenditori" di soldi pubblici, e che a fronte di un salasso di svariate decine di miliardi di soldi pubblici dei contribuenti non riuscirà probabilmente a dare nemmeno un po di lavoro decente e duraturo (tranne quello nei cantieri che sventreranno una intera valle per oltre 20 anni, ovviamente).

Insomma, i greci che protestano in piazza sono brutti e cattivi, quindi per associazione spontanea ci vogliono far assimilare il concetto che anche chi difende la propria terra dai sopprusi della tav (e che sui media non vediamo) siano gente gretta, affetta dalla sindrome nimby, incapace di capire cosa viene deciso per il loro bene.

I valsusini sono purtroppo, esattamente come i greci, carne da manganello!

Ma il popolo no-tav invece osa resistere, decine di migliaia di persone colte, determinate e ben organizzate hanno stra-ragione a protestare. Domenica prossima ci sarà una grande manifestazione nazionale e sono convinto che arriveranno migliaia di persone da tutta Italia a Chiomonte per dare man forte alle legittime rimostranze della popolazione in Val di Susa. Si tratta di difendere il bene comune, che era tema anche del passato referendum appena stravinto solo poche settimane fa.

E' evidente che la lezione dei referendum non è affatto servita ne al PD ne al PDL, per capire che oggi alberga un nuovo desiderio dei cittadini di riappropriarsi in prima persona dei destini dei loro beni comuni. Quel "padroni in casa nostra", pur suonando terribilmente leghista, neppure i leghisti vogliono vederlo applicato in val di susa, dove in effetti Maroni ha mandato oltre 2000 poliziotti per sgomberare il territorio, e garantire così la prima trance di finanziamenti europei per l'inizio dei cantieri.

Io ho sempre ingenuamente sostenuto come i motivi per cui la tav non andasse fatta fossero in realtà pochi (ma determinanti): la sua totale inutilità, il costo spropositato sulle spalle dei contribuenti e il suo devastante impatto ambientale.

Invece, scopro che i motivi per cui la TAV è solo una bella favola per allocchi sono addirittura centocinquanta, (tanti quanti gli anni dell'unità d'Italia), come segnalato nell'ottimo post di Michele Dotti.

A me sembravano più che sufficienti i miei primi tre motivi, ma se proprio volete toglervi ogni dubbio e divenire solidali con la battaglia che i valsusini stanno portando avanti nell'indifferenza dei media (nonchè del PD/PDL), allora leggete le seguenti:



domenica 26 giugno 2011

Il dito (nella monnezza) e la luna


La raccolta differenziata dei rifiuti porta a porta è appena partita in un quartiere di Cesena (finalmente!) e già arrivano le prime scontate lamentele. A noi italiani riesce molto facile il lamento con sentenza allegata, piuttosto che fornire indicazioni utili e collaborare per risolvere i problemi.

Ci terrei a precisare questa sottile e fondamentale differenza: il lamento è diverso dalla segnalazione costruttiva, il primo è legato alle esigenze di sfogo della sfera emotiva, per espellere un'insofferenza, il secondo è indice del desiderio di mostrare una difficoltà oggettiva, senza un giudizio approssimativo, ed è un invito ad essere sostenuti da qualcuno che ha più autorità decisionale di noi.

Mentre il lamento è soddisfatto dal solo atto di farlo, la segnalazione esige una risposta ragionata, quindi ci si prodiga a fornire dati ed esempi, il più delle volte includendo nella richiesta anche il germe per la possibile soluzione al problema.

Stamattina (25 giugno 2011) è uscito un articolo sul Resto del Carlino dal titolo Rifiuti: problemi all'Oltresavio di Francesco Ciotti che a mio avviso tende a rientrare nella categoria del lamento, apparentemente al solo scopo di sostenere il concetto che il Porta Porta "è una roba che non serve". Ovviamente senza nessun esempio o argomento specifico a cui appoggiarsi, il che avrebbe ovviamente prefigurato una segnalazione utile.

Tutto ciò fa riflettere sul comportamento di molti giornali, che preferiscono evidenziare lamenti anzichè pubblicare segnalazioni, ma non possiamo biasimarli. I giornali usano troppo spesso la notizia per indicare il dito (nella monnezza) piuttosto che la luna, scambiando questa per informazione.

La luna, quando si parla di raccolta differenziata, è il risultato operativo. Si sono ottenute riduzioni consistenti dei rifiuti? Si sono creati circuiti virtuosi per rendere le persone più consapevoli di come trattare responsabilmente i materiali post-consumo ? Siamo riusciti ad aumentare la raccolta differenziata così da allontanare, almeno per un po, la necessità di ricorrere a nuove discariche ? Abbiamo utilizzato meglio i soldi del contribuente ?

Il dito invece è mezzo usato, cioè il Porta a Porta, strumento (perfettibile) per indicare la nuova direzione dove bisogna arrivare, quella della riduzione del rifiuto alla fonte. Se l'informazione è solo segnalare che il dito è sporco (di monnezza) perché magari si è saltato un ritiro in alcune abitazioni, allora qualcosa nell'informazione non ha funzionato.

Se non sono passati a ritirare bene segnaliamo e risolviamo questo disagio, invece di urlare allo scandalo, perchè altrimenti il fine sembra quello di tagliare il dito, dando spazio in maniera strumentale ai detrattori del Porta Porta, che non aspettano altro che cittadini esacerbati per dimostrare di avere avuto ragione.

La ragione invece ce l'ha chi riesce a stabilire quali effetti sono stati prodotti, magari saranno troppo scarsi per la spesa sostenuta, oppure saranno buoni al di la delle aspettative, ma per avere questi riscontri occorre come minimo lasciare funzionare il sistema un po di mesi, e lavorare costantemente per migliorare le storture del servizio. I giapponesi chiamano questo spirito 'KAIZEN', il miglioramento costante.

A quanto sappiamo dalle tante ricerche che il MIZ ha compiuto, il Porta a Porta rimane il sistema più usato, in tutto il mondo, per ridurre il problema dei rifiuti a basso costo, alta efficienza, basso dispendio di energia, alta soddisfazione della popolazione. Cerchiamo piuttosto di migliorarlo!

lunedì 20 giugno 2011

Prepariamoci, il nuovo libro di Luca Mercalli

Ho scelto finalmente il libro che campeggerà fra pochi giorni sul mio comodino, e forse accompagnerà le mie (brevi) vacanze estive. Si tratta di prepariamoci di Luca Mercalli edito da ChiareLettere. Non serve essere cassandre, se non si è in grado di indicare anche quale è il sentiero corretto da percorrere, per uscire da queste moltitudini di crisi, ambientale, ecologica, sociale, politica, climatica. Siamo tutti proiettati verso una grande corsa a desideri insaziabili, e la torta che si riduce (in un pianeta finito) prefigura uno scenario di guerre e di barbarie, ma se ci prepariamo in tempo potrebbe essere una migrazione morbida verso un nuovo modello di civiltà.

Un breve stralcio del libro:
Da circa quarant’anni conosciamo l’entità dei problemi ambientali e l’impossibilità che la crescita continua – tuttora invocata come un mantra dall’economia e dalla politica -, possa proseguire all’infinito in un pianeta finito. L’ironia è che fu proprio un manager ed economista italiano di grande cultura e carisma, Aurelio Peccei (1908-1984), a promuovere l’elaborazione del primo modello matematico per simulare il sistema Uomo-Terra, il celebre rapporto “I limiti dello sviluppo” (titolo originale: I limiti della crescita), che tuttavia, uscito nel 1972, non ottenne l’effetto sperato di imprimere una svolta all’Umanità, e meno che mai all’Italia, vero paese dei balocchi.

Gli anni sono passati invano e tutto si è ulteriormente complicato, la popolazione è aumentata fino agli attuali 7 miliardi, i cambiamenti climatici sono sulla porta di casa, l’inquinamento di aria, acqua e suolo inizia a erodere il nostro benessere, la produzione alimentare non soddisfa la fame di tutti, lo spreco impazza e l’irragionevolezza pure. La ricerca scientifica internazionale registra puntigliosamente questi cambiamenti, mette in guardia il mondo, e propone anche soluzioni, ma cittadini e politica si dimostrano quasi sempre scettici o indifferenti e continuano la loro folle corsa verso il baratro.


"Chi crede che una crescita esponenziale possa continuare all'infinito in un mondo finito è un pazzo, oppure un economista" (Kenneth Boulding)


Fonte: Il fatto quotidiano