sabato 31 dicembre 2011

martedì 20 dicembre 2011

Il Tecno-ottimista del terzo millennio

L'essere umano è, intrinsecamente e necessariamente, limitato. Questo lo capiamo presto da bambini: non possiamo correre tanto quanto vorremmo, non possiamo sollevare cose molto pesanti, non possiamo volare... E nemmeno possiamo fare ciò che crediamo, nel contesto dei nostri limiti fisici, per via di altri limiti intangibili ma ugualmente inflessibili: la famiglia, la società, la scuola...

Tuttavia, questa evidenza si va disperdendo con l'età, nella misura in cui si insedia un'altra idea, non tanto naturale ed evidentemente fallace, che dice che è possibile ottenere qualsiasi cosa, con i giusti mezzi. La nostra società dei consumi ci sta permeando con l'idea che con sufficiente denaro si può ottenere tutto e dove la nostra capacità fisica non può arrivare, sarà capace di arrivare l'onnipotente tecnologia. Questa nuova realtà prefabbricata risulta essere molto comoda e conveniente; elimina l'incertezza del mondo reale, rende più rarefatta la più terribile di tutte le certezze, quella della propria morte, e spinge le persone a consumare senza riflettere.

Tuttavia, occasionalmente, la disgrazia arriva comunque, la gente muore in incidenti, terremoti, malattie.... L'economia ha problemi, la disoccupazione aumenta, l'insicurezza cresce... Per lottare contro questa realtà spigolosa, che intacca la nostra cortina di illusioni, abbiamo il tecno-ottimismo, vale a dire la rigida credenza nel fatto che la tecnologia possa risolvere qualsiasi problema, se solo siamo disposti ad investire a sufficienza nel suo sviluppo. Questo sta alla base di molte politiche che sono in corso di attuazione oggigiorno, man mano che si comincia a percepire il fatto che abbiamo un problema intrinseco col modello attuale: che, eventualmente, dobbiamo cercare energie alternative; che, eventualmente, l'auto elettrica ci potrà aiutare a superare la nostra dipendenza dal petrolio, ecc.

L'infantilismo nel quale ci ha gettati il consumismo ci porta a credere che tutti i problemi si possono risolvere e che Papà-Stato-Autorità-Tecnologia-Scienza-Chiperloro, in ogni caso l'autorità superiore e responsabile, non solo può, ma addirittura ha l'obbligo di risolvere i problemi. Trovo frustrante che, in tutti gli incontri che vado proponendo sull'Oil Crash, quando arriva il momento delle domande ci sia sempre qualcuno che ci chiede, quasi esige da noi – noi che siamo scienziati e che pertanto siamo parte di questo establishment onnipotente – che risolviamo un problema tanto complesso come quello di adattare una società autistica ed egoista ad uno scenario di diminuzione dell'energia; fuori le soluzioni, forza!

Il problema veramente grave è che le diverse amministrazioni accettano questo ruolo di fornitori di soluzioni che, in realtà, non possono ricoprire. Non si vendono più automobili? “Non vi preoccupate, metteremo sovvenzioni per fare in modo che si continuino a vendere”, anche se entro tre anni non si sa da dove estrarremo il petrolio, non tanto a buon mercato, ma a qualsiasi prezzo. La gente si preoccupa perché il prezzo del petrolio sale? “Non vi preoccupate che con l'auto elettrica il problema del petrolio scompare”, ignorando il fatto che il petrolio non si usa solo per le auto, ma per quasi tutto e che in ogni caso non abbiamo idea da dove verrà l'energia per ricaricare queste auto e per la costruzione delle quali non abbiamo, in ogni caso, sufficienti materiali (per esempio le terre rare, ndT).

La domanda di petrolio per gli altri usi energetici, oltre alle auto, continua? “Non vi preoccupate, che possiamo moltiplicare per due o per tre la produzione di energia rinnovabile attuale”, ma ignorando che questo è molto lontano dal moltiplicare il suo potenziale per 20, che è quello di cui avremmo bisogno per eguagliare il consumo attuale. Fra l'altro perché è impossibile, perché l'energia rinnovabile non ha un tale potenziale e questo senza parlare della mancanza di materiali per le installazioni e della loro scarsità associata all'aumento del prezzo del petrolio (perché serve petrolio, ed in quantità ingenti, per estrarre, raffinare e processare tutti i materiali).

La gente ha paura della disoccupazione? “Non vi preoccupate e consumate, consumate, maledetti, che dobbiamo far crescere il PIL fino al magico 2,6% che farà in modo che la disoccupazione torni a scendere”, anche se questo non è possibile, visto che il nostro consumo di petrolio scende ad un ritmo medio del 3% ogni anno.

Essere tecno-ottimisti, credere che la tecnologia risolverà tutto, è un modo socialmente accettabile di essere suicidi. 

In realtà una vera soluzione non esiste, poichè noi stessi, con i nostri consumi forsennati e incuranti dei limiti di sostenibilità del pianeta, siamo parte del problema che vorremmo risolvere, esiste quindi una sola via, abbandonare l'ideologia della crescita, infine prepararci e adattarci ad un inevitabile cambiamento, ma con ottimismo!

Fonte: Cassandra

domenica 11 dicembre 2011

Nasce la cooperativa "Borgo Etico"

Borgo Etico 
Negozio e servizi alla spina per una spesa responsabile a impatto zero

INVITANO TUTTI

alla presentazione del progetto “Borgo Etico

Vogliamo dimostrare che etica, rispetto dell’ambiente, economia, possono finalmente andare d’accordo!


Lunedì 19 dicembre 2011
Via Serraglio, 18 - Cesena - presso la sala ASSIPROV
alle ore 20:30


La cooperativa Borgo Etico presenterà il proprio progetto, che consiste nella realizzazione di uno spazio commerciale e sociale innovativo, volto alla vendita di prodotti alimentari e non, di altissima qualità, biologici, ecocompatibili, alla spina, sfusi e a filiera corta.

Borgo Etico non è solo un negozio alla spina, ma anche un progetto di sensibilizzazione all’acquisto consapevole, principalmente attraverso l’eliminazione di inutili imballaggi, favorendo così il riuso e il riciclo dei materiali.

L’iniziativa si rivolge a coloro che cercano uno stile di vita più sobrio e responsabile, vicino alla filosofia dei Gruppi di Acquisto Solidale e attenti al rispetto della genuinità e tipicità dei prodotti del nostro territorio.

La parte innovativa del progetto consiste nella sinergia fra offerta di prodotti e proposta di servizi coerenti all’iniziativa, quali sportello ambientale, negozio giuridico, finanza etica e turismo responsabile.


Interverranno:

Simone Ferri
Direttore di Ce.se.co. – Confcooperative Cesena

Paolo Marani, Barbara Martini, Samantha Suzzi
Cooperativa Borgo Etico e Movimento Impatto Zero

Federica Neri
Referente ViveGas, fondatrice del periodico Romagna e dintorni .. A TUTTO GAS

Bio-Buffet conviviale a fine serata!

E’ gradita la conferma all'indirizzo borgoetico@gmail.com, ma soprattutto la vostra presenza! ... Aiutaci a diffondere questo invito :-)



Borgo Etico
Negozio e servizi alla spina per una spesa responsabile a impatto zero
è una iniziativa dell'associazione M.I.Z. e del periodico Romagna e dintorni .. A TUTTO GAS
Per info: Barbara Martini, Samantha Suzzi  - Cesena (FC) -  Tel. 331.3344352

sabato 26 novembre 2011

Luca Mercalli a Cesena per la settimana europea della riduzione dei rifiuti


Nell'ultima penultima settimana di Novembre si tiene come di consueto la SERR, Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti, che vede molti comuni italiani impegnarsi concretamente nella promozione di politiche orientate alla riduzione dei rifiuti alla fonte. Quest'anno a Cesena abbiamo avuto per l'occasione un ospite di assoluta eccezione, Luca Mercalli, meteorologo e studioso dei cambiamenti climatici, volto noto della TV per le sue frequenti partecipazioni alla trasmissione "Che Tempo che Fa" di Fabio Fazio. 

Il 25 novembre scorso Lia Montalti, assessore alla sostenibilità ambientale di Cesena, in una sala comunale davvero gremita di gente, ha brillantemente introdotto una gran bella serata informativa presentando io riduco, progetto europeo di cui il comune di Cesena è capofila. 

L'occasione era anche quella di premiare le associazioni che hanno preso parte al progetto Differenziamoci, a cui anche il Miz ha partecipato sul versante dell'informazione con il ciclo di incontri Non siamo nati per rifiutare, che ha introdotto nel quartiere Oltresavio di Cesena la raccolta differenziata porta a porta. 

A Cesena si producono troppi rifiuti, ben oltre 700 kg pro capite all'anno, ma non è solo responsabilità del cittadino, un intero sistema economico orientato al profitto ci inonda di beni composti dai materiali più strani, proposti in forme difficili da riciclare, riusare, riparare, differenziare. Occorrono serie politiche di riduzione alla fonte che passano necessariamente da leggi che tassano pesantemente o vietano la realizzazione di prodotti che non contemplano un efficace sistema di riciclo a fine vita.

Mercalli ci spiega che riciclare bene è necessario ma non basta, specialmente in un mondo finito dove fin nell'angolo più remoto si estraggono risorse spesso non rinnovabili. Servono davvero azioni drastiche alla fonte. Quello delle risorse finite è un problema enorme, che fa impallidire qualsiasi altro, perché incide direttamente su ciò che realmente interessa al genere umano e alle future generazioni, una migliore qualità della vita, sostenibile nel tempo, espressa in una comunità resiliente ai cambiamenti.

Consumi insostenibili, petrolio in esaurimento, problema energetico, climatico, alimentare, economico, tutto si fonde in un inestricabile gomitolo, dove in discussione sono oggi i modelli stessi che ci hanno portato, in pochissimi anni, una grande crescita, soddisfacimento dei bisogni primari, salute e prosperità diffusa, ma a un costo che oggi non vogliamo vedere e che pagheranno duramente le generazioni future.

Nel nostro sistema economico votato alla crescita infinita (con consumi di risorse conseguenti), abbiamo infatti privatizzato i tanti benefici, ma al contempo ne abbiamo socializzato i costi, nessuno pagherà oggi per i danni prodotti dai cambiamenti climatici, l'inquinamento dell'acqua che beviamo, dell'aria che respiriamo, del cibo che mangiamo. Sono costi socializzati, cioè di tutti, mentre i profitti sono alla fine appannaggio solo dei pochi fortunati che dispongono della maggior parte delle risorse economiche e fossili del pianeta.

Non è solo il nostro benessere ad essere a rischio, ma l'equilibrio complessivo di un sistema composto da 7 miliardi di esseri umani, che desiderano avviarsi in massa verso consumi di livello occidentale, cosa purtroppo impossibile in quanto le risorse semplicemente non sono sufficienti per tutti, e senza un cambiamento di rotta ci aspetta un inevitabile collasso (con conseguente diminuzione della popolazione fino a ritornare nell'alveo della sostenibilità).

Che fare allora ? Il suggerimento di Mercalli è cominciare da se stessi, riscoprendo il senso del limite, orientandosi verso l'autosufficienza alimentare ed energetica, investendo sulla cultura e sulla conoscenza, utilizzando l'economia solo per quello che è, uno strumento per lo scambio reciproco di beni durevoli. 

Non so se scherzando o meno, Mercalli sostiene anche che qualche risorsa dovrà essere necessariamente destinata alla protezione personale e alle armi, non tanto per conquistare risorse altrui ma soprattutto per difendere le proprie, poiché quando la crisi si farà drammatica, chi ha raggiunto un certo grado di autosufficienza rischierà di essere assalito da coloro che nel frattempo si sono lasciati cogliere impreparati.

Pertanto, occorre fin da subito fare proprio il titolo del suo ultimo libro: prepariamoci.

mercoledì 16 novembre 2011

Corrado Clini nuovo ministro dell'ambiente

Come correttamente pronosticato ieri da EcoBlog, sarà Corrado Clini il nuovo ministro dell'ambiente nominato da Mario Monti, in sostituzione della dimissionaria Stefania Prestigiacomo, più nota per le sue sortite in mercedes piuttosto che per un reale impegno a favore della sostenibilità ambientale.

Chi è dunque Corrado Clini ? Quale sarà il suo mandato principale ?

Innanzitutto, il suo curriculum vitae (di tutto rispetto) ne delinea una figura tecnica e competente, anche in virtù delle numerose collaborazioni che può vantare in passato con ONU, Agenzia europea dell'ambiente, e lo stesso ministero dell'ambiente italiano, del quale è stato direttore generale nei lontani anni 90'.

Quando si trattò di ratificare nel 2007 gli accordi europei che imponevano la riduzione della produzione di anidride carbonica, l'Italia si mise un po di traverso tentando di negoziare il minimo intervento possibile, Corrado Clini (negoziatore climatico per l'Italia) era dell'opinione che questo percorso andasse compiuto ma senza eccessiva burocratizzazione e senza soluzioni uguali per tutti, come risulta da questa intervista video molto interessante resa a repubblica tv.

Un tecnico puro abituato ai tavoli internazionali e un conoscitore profondo delle leggi comunitarie in materia, specialmente riguardo ai cambiamenti climatici, ma vittima (come del resto gran parte dei burocrati di stampo europeo) di quel vizio di "sviluppismo ottimista" che lo porta ad esempio ad essere un grosso sostenitore dell'utilizzo dei biocarburanti (che scopriamo oggi essere una pessima idea), nonchè delle tecniche CCS (Carbon Capture and Storage) per ripulire gli impianti esistenti a carbone (il famigerato carbone pulito).

Votato all'ecologia, all'economia, ma anche alla crescita a tutti i costi, dimostrandosi fin troppo sensibile alla facile argomentazione per cui, dato che le economie emergenti continueranno ad inquinare allegramente, tanto vale non essere troppo ligi con il protocollo di kyoto, se ciò rappresentasse un freno per lo sviluppo dell'Europa.

Nel frattempo, il super manager Corrado Passera è stato nominato ministro sia dello sviluppo economico che delle infrastrutture, e questo la dice lunga sulla volontà dell'Italia guidata da Mario Monti di proseguire sulla strada dello sviluppo delle grandi infrastrutture, in primis temo l'inutile e imbarazzante TAV in val di susa.


Update: Dopo aver valutato le sue esternazioni qui, qui e qui, mi sono reso conto che il neo ministro Clini sta alla tutela dell'ambiente come lo strabismo sta a polifemo ... solo che essendo un professionista competente è potenzialmente in grado di compiere molti più danni.

venerdì 4 novembre 2011

Il colpevole sono io


Questa lettera è stata inviata recentemente al presidente Giorgio Napolitano da parte di un assessore di un piccolo comune del Torinese (Sant'Ambrogio) a seguito delle devastanti alluvioni che si sono verificate in Liguria nelle scorse settimane. Vale qualche riflessione.


Egregio Sig. presidente della Repubblica Giorgio Napolitano,
sono un amministratore comunale di un piccolo paese all’imbocco della Valle di Susa in Piemonte e le scrivo in merito alle sue dichiarazioni che ho avuto modo di leggere in merito alla disastrosa alluvione che ha colpito il levante ligure e la lunigiana. Lei attribuisce i morti ai cambiamenti climatici. Purtroppo non sono d’ accordo con Lei.
Il responsabile di quella tragedia sono io: amministratore, cittadino italiano nonché elettore.
Sono io amministratore quando sono costretto ad ampliare le aree edificabili e quindi a cementificare il territorio che non è più in grado di assorbire l’acqua piovana che così 'scivola' altrove, per poter incassare oneri di urbanizzazione e quindi mantenere sano il bilancio del Comune.
Quando non so urlare abbastanza la mia rabbia per i soldi che mancano per le piccole cose: mantenere puliti i canali, i torrenti di montagna, mettere in sicurezza gli argini, monitorare le frane ma che miracolosamente piovono dal cielo per le grandi, grandissime opere.
Quando imploro l’aiuto dei volontari della protezione civile che sostituiscono le gravi lacune delle Istituzioni pubbliche anziché pretendere con ancora maggior forza (se mai fosse possibile) i fondi necessari.
Quando i fondi me li procuro, ma con gli oneri di urbanizzazione creando così un circolo viziato senza fine.
Sono io cittadino italiano quando per pigrizia, disinformazione, troppa fiducia nei miei rappresentanti evito la partecipazione diretta, la cittadinanza attiva e lascio che presunte “scelte strategiche” quali TAV, ponte sullo stretto, rigassificatori, inceneritori sottraggano denaro alla manutenzione del territorio, delle sponde dei fiumi, alla messa in sicurezza delle scuole, alle energie alternative, tutte cose che  creerebbero moltissimi posti di lavoro immediati e diffusi su tutto il territorio nazionale, ma soprattutto controllabili dagli enti locali e non fagocitati dalle scatole cinesi del General contractor o peggio dalla criminalità organizzata.
Quando non faccio sentire la mia voce, quando resto a casa perché macinare km in un corteo è faticoso, rischioso o peggio sconsigliato a parteciparvi dagli stessi politici (se non sono stati loro a organizzarlo e promuoverlo!) o peggio ancora perché minacciato di essere “radiato” dal mio partito di riferimento se vi partecipo.
Sono io elettore, il responsabile, quando non vigilo sull’operato degli eletti, non li stimolo, controllo, quando dopo aver espresso il mio voto delego ad altri in toto e mi allontano per 5 anni (o quanto dura la legislatura) dalla cosa pubblica, dalla vita associativa, dal volontariato.
Quando mi lascio: abbindolare dai media e fatico a farmi una mia opinione, terrorizzare dal voto utile (per non lasciare il paese in mano alle destre dicono gli uni o alle sinistre dicono gli altri), ingannare dagli apparentamenti di coloro che parenti stretti non potranno mai esserlo.
Quando non mi accorgo che miliardi di euro vengono impegnati e promessi nei programmi elettorali  per l’acquisto di aerei da combattimento (ma l’Italia non ripudia la guerra?) o per un inutile buco in valle di Susa mentre una dopo l’ altra le regioni italiane si sgretolano sotto frane, alluvioni, terremoti (non sempre così intensi rispetto ai danni arrecati anche agli edifici pubblici che dovrebbero essere i più sicuri).
In una democrazia 'imperfetta' quale la nostra, la responsabilità è sempre mia, cioè di tutti i cittadini che liberamente e senza condizionamenti dovrebbero scegliere il meglio. Secondo me  i cambiamenti climatici, purtroppo, non c’entrano o c’entrano poco.
Non so se questa lettera giungerà a destinazione, sicuramente arriverà nelle mani di chi la giudicherà inopportuna, infarcita di demagogia e populismo sostenendo che il Presidente della Repubblica ha sempre ragione. Io posso solo immaginare i motivi profondi della sua dichiarazione in cui cita i cambiamenti climatici come responsabili della disastrosa ultima alluvione. In questo caso è da ringraziare, per la sua prudenza e grande senso di responsabilità.
La saluto cordialmente.
Mauro Galliano, Assessore Comune di Sant’Ambrogio di Torino (valle di Susa), Comune di 8,59 kmq. con 4.843 abitanti

Fonte: Il Cambiamento

sabato 22 ottobre 2011

Il teorema del tacchino

Un tacchino con indole filosofica era giunto ad un'importante conclusione. Il mondo era imprevedibile: può far caldo o freddo, esserci il sole o piovere, le giornate essere lunghe o corte, ma tutti i giorni, al massimo a mezzogiorno, nel pollaio entra un bipede molto alto che riempie la ciotola di mangime. È un fatto verificato innumerevoli volte, e quindi è una solidissima base per una teoria socioeconomica delle granaglie. E sicuramente il fatto che oggi, 24 dicembre, ritardi un po', è un'anomalia trascurabile.

Questa è più o meno la filosofia imperante fra gli economisti (non solo in Italia) denominata convenzionalmente BAU (Business As Usual), ovvero fare come si è sempre fatto, dato che fino ad oggi ha sempre funzionato. I segnali di anomalie trascurabili, cioè che questo sistema così come è non può reggere a lungo, si moltiplicano a dismisura (li chiamiamo crisi), ma la soluzione è sempre invariabilmente la stessa: crescita, nuove infrastrutture, sostegno ai consumi, aumento di produttività, sviluppo (sostenibile o meno non importa).

Nessuno può garantire che il 24 dicembre del tacchino sia davvero così vicino, ma una cosa è certa, se gli auspici degli economisti si dovessero realmente realizzare, cioè acquisire una crescita stabile del pil anche solo di pochi punti percentuali all'anno, in tempi brevi questo potrebbe rivelarsi un vero disastro.

Non sarebbe meraviglioso, non so, avere una crescita stabile del pil italiano del 3% ogni anno ?

Assolutamente no! Capirlo però non è facile, occorre innanzitutto considerare che una crescita a percentuale costante è in realtà una crescita esponenziale. Un approccio intuitivo può essere quello di applicare la cosiddetta "regola empirica del 70".

Se dispongo un patrimonio, mettiamo caso, di 1000 euro, che cresce del 3% all'anno, quanto tempo devo aspettare per vederlo raddoppiare ? Basta fare 70 diviso 3, ottenendo circa 23, la risposta è quindi "circa 23 anni". Se aggiungo altri 23 anni saranno diventati 4000, dopo altrettanti saranno 8000, una tipica crescita esponenziale. (In realtà è solo una buona approssimazione per piccole percentuali, vedi qui per una trattazione esatta).

Il problema è che una crescita del 3% non può durare "per sempre". Con quella crescita i consumi raddoppiano ogni 20 anni circa. Il consumo di risorse pure. Significa che nei prossimi 20 anni consumeremmo tante risorse quante ne abbiamo consumate in tutta la storia passata dell'umanità (almeno, da quando il PIL è cominciato a salire del 3% l'anno). Ma abbiamo GIÀ consumato metà di molte delle risorse disponibili, ad esempio del petrolio, non siamo distanti per il neodimio (una terra rara che permette di costruire altoparlanti, motori elettrici e hard disk da 1 terabyte invece che da 10 megabyte del mio primo PC), la produzione d'oro e di piombo sono in calo da anni. Non ne abbiamo per altri 20 anni, punto.

L'unica maniera per rendere possibile una crescita modesta, e intendo proprio l'unica maniera, è quella di riciclare efficacemente la maggioranza dei materiali post consumo con cui realizziamo i nostri prodotti, cosa che purtroppo non si può fare con il petrolio, dato che l'estrazione da esso di energia è un processo irreversibile.

La Terra è ovviamente finita, uno sviluppo esponenziale in un mondo finito è semplicemente impossibile, quindi una crescita modesta e sostenibile è possibile solo attraverso un riciclo spinto di tutti i materiali, cosa che permette anche di risparmiare parecchia energia per produrli.

Niente riciclo = Niente crescita economica.

Si può migliorare l'efficienza? Certo, raddoppiamola, si va avanti altri 20 anni. Si possono cercare altre risorse? Certo, troviamo (se ci riusciamo) un'alternativa al petrolio che valga per ALTRETTANTO petrolio rispetto a quello mai trovato, sono altri 20 anni. Insomma, si arriva a metà secolo e stiamo comunque facendo fantascienza. È il problema delle crescite esponenziali, puoi aumentare a piacere le risorse, ma se cresci ad un tasso costante le finisci in un tempo che è alcune volte il tempo di raddoppio, 20 anni nel nostro caso. 

Ed anche con risorse infinite, esiste il problema dell'inquinamento (soprattutto l'effetto serra, oggi). O dove metti tutti quei beni prodotti. Persino guardando solo ai bisogni energetici, in soli 400 anni arriveremmo a consumare tutta l'energia che la Terra riceve dal Sole. L'unico modo per far durare la civiltà più a lungo di qualche decennio è NON crescere esponenzialmente.

L'unica maniera di uscire dalla crisi è iniziare a ragionare in termini di decrescita.

Per un discorso più approfondito, vai a questo link, dove larga parte di questo post è stato liberamente tratto.

giovedì 6 ottobre 2011

Festa del consumo critico all'ipercoop di Cesena


Chi l'ha detto che i centri commerciali debbano essere luoghi completamente alieni a concetti come il consumo critico e la sostenibilità ambientale ?

L'abitudine di frequentare i grandi ipermercati invita sovente all'acquisto compulsivo e alla spesa superflua, spesso sono luoghi accusati di danneggiare la piccola economia locale, poichè permettono economie di scala irraggiungibili dal piccolo negozio di periferia, ma esistono altri fattori di cui non si tiene quasi mai debitamente conto. Il principale è che sono dannatamente comodi, trovi il parcheggio facilmente, accedi ad una gamma infinita di prodotti concentrati in un unico luogo, in poche parole sembrano essere assai apprezzati e desiderati dai consumatori.

Oggi sempre più ambientalisti amano invece pensare in termini di GAS (gruppi di acquisto solidale), prodotti locali a chilometri zero, filiera corta, biologico ed equosolidale, ma non esistono solo persone attente a questi aspetti, una larga fascia di comuni mortali utilizzeranno sempre (ahimè) le strutture commerciali con l'unico intento di soddisfare le proprie necessità di consumo, senza minimamente pensare all'impatto che i loro stili di acquisto hanno sugli ecosistemi.

Il problema è prevalentemente culturale, infatti da diverso tempo molti ipermercati (talvolta appropriandosi dei vocaboli cari agli ambientalisti) stanno già inseguendo questa nuova tendenza del marketing di offrire sempre maggiore attenzione al problema della sostenibilità. Un esempio fra tutti, l'invasione dei prodotti della filiera del biologico negli scaffali dei supermercati, per i quali il consumatore è disposto a pagare un sovrapprezzo per la maggiore qualità percepita. Gli ipermercati, crisi permettendo, saranno destinati volenti o nolenti ad accompagnarci a lungo, quindi vanno incentivati nella transizione verso corretti modelli di consumo.

Con questo spirito, quello di educare al concetto di sostenibilità anche in luoghi dove per troppo tempo è stato un tema trascurato, abbiamo accettato di collaborare alla realizzazione di una grande eco-festa al centro commerciale LungoSavio, in occasione dell'anniversario del centro. Una intera giornata di incontri in cui esprimere progetti culturali, fare festa ma al contempo anche educare al "consumo critico".

L'evento che il MIZ ha deciso di organizzare prende il nome "Sosteniamo la Sostenibilità, giornata del consumo critico" e si svolgerà Sabato 8 ottobre dalle ore 9 alle 19, al centro commerciale LungoSavio di Cesena, con la collaborazione di tantissime associazioni.


L'intera giornata sarà dedicata alla presentazione di tante eco iniziative per grandi e piccini, con attività ludiche culturali e creative, fra le quali vorrei segnalare in particolare:
  • Laboratori educativi per bambini (Ass.Cartabianca, giochi con materiale riciclato)
  • Ogni ora esatta, proiezione di filmati e documentari in saletta riservata:
    - La storia delle cose (Annie Leonard)
    - Vivere senza petrolio (DVD)
    - Il Suolo Minacciato (DVD)
    - Home (Bellissimo documentario naturalistico)
    - Documentari e brevi filmati su riciclo e autoproduzione
  • Il tavolo della SPESA SOSTENIBILE (confronto di prodotti e consumo critico)
  • Mostra fotografica di Rosanna Maiolino (cibo e imballaggi)
  • Utilizzo dei pannolini lavabili (Associazione NonSoloCiriPà)
  • Progetto volontariato "Spesa a domicilio" (COOP/AUSER)
  • Animazioni e giocoleria per bambini (Mago Catorcio)
  • Street Band CORRIDORE CON MEGAFONI (Ass.Aidoru, Musica itinerante)
  • Rassegna AD ALTA VOCE, presentazione di libri e dialogo con gli autori
  • Speaker corner con le mitiche poesie di PELO
  • Torta "sostenibilità di gusto" e buffet per festeggiare l'anniversario del centro
Se passate quindi dalle parti del centro commerciale Lungosavio, sabato 8 ottobre, portate i vostri bambini perché si divertiranno un mondo, mentre gli adulti saranno intrattenuti con le tante iniziative culturali in programma! Vi aspettiamo tutti per sostenere assieme la sostenibilità e trascorrere un piacevole sabato di festa, ma non esagerate con lo shopping! Per info: Paolo Marani 338.7280586

Scarica il volantino completo

venerdì 30 settembre 2011

Il bilancio del bidone

Ci sono persone che predicano la sostenibilità e i buoni stili di vita, ce ne sono altre invece che davvero tentano di mettere in pratica nel quotidiano le cose in cui credono. Dal gennaio del 2011 una giovane coppia di Cesena, Chiara Benedetti e Paolo Montevecchi con i loro due figlioletti Davide e Matteo ci stanno davvero provando, a vivere ad impatto zero!

Da quasi un anno mantengono infatti un blog dal nome Il Bilancio Del Bidone, dove settimana dopo settimana raccolgono le loro esperienze sul tentativo di vivere per quanto possibile senza produrre rifiuti. Il blog è davvero ben fatto e pieno di consigli utili, dai pannolini lavabili alla autoproduzione del pane

Per ogni attività casalinga (da loro direttamente sperimentata) c'è una interessante valutazione di quanto rifiuto viene realmente risparmiato, i pro e i contro, come sono cambiate le loro abitudini, quali sacrifici sono stati realmente necessari. Il loro obiettivo è di arrivare a una riduzione dell'80% sull'ammontare totale dei rifiuti prodotti in un anno.

Oggi sono arrivati alla 38-esima settimana della loro battaglia,e la loro tenacia ci ha incuriosito al punto da decidere di rivolgere loro una breve intervista, che gentilmente ci hanno concesso. Vi avviso che è un po lunghetta, ma ne vale veramente la pena. L'intervista è a cura degli amici Gabriella Severi e Stefano Fabbri.

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Come’è venuta l’idea?
Siamo partiti da percorsi mentali differenti. L’idea ci è venuta due anni fa, quando sono nati i nostri due figli, Davide e Matteo. Paolo voleva utilizzare i pannolini lavabili, per una questione esclusivamente ecologica, visto che non comporta un grande risparmio economico (la famiglia Montevecchi possiede 20 pannolini, che di solito è il quantitativo per un solo bambino, ndr). L’utilizzo dei pannolini lavabili è stato sicuramente l’aspetto più traumatico della nostra esperienza; sono dotati di un velo protettivo, che in realtà protegge ben poco; il pannolino, infatti, si sporca parecchio e deve essere lavato a mano (sul blog il commento di Paolo è scuramente esaustivo!). Questo ci ha creato qualche problema all’asilo, dove ci è stato chiesto di utilizzare i pannolini usa e getta. Abbiamo deciso di accettare la richiesta, senza fare troppe resistenze.
La nostra idea è quella di portare avanti questi comportamenti per sempre, anche perché le scelte troppo complicate le abbiamo scartate a priori, come per esempio staccare il frigorifero.
Un’altra ragione che ci ha spinto a provare questa esperienza è stata la buchetta della posta sempre piena di pubblicità: ogni famiglia è  bombardata quotidianamente da una quantità eccessiva di messaggi pubblicitari. Non credo che esistano famiglie che vogliano comprarsi un televisore nuovo ogni mese!? Abbiamo conservato la pubblicità di una settimana e l’abbiamo pesata: mezzo chilo di carta! Ci è sembrata un’esagerazione!

E’ un progetto indipendente?
La nostra è stata un’idea assolutamente indipendente. L’idea di fare il blog, di sistematizzare le nostre idee e le nostre esperienze è nata dalla puntata di Report sulle transition towns.
Quindi, abbiamo cercato su internet quello che si poteva fare per modificare i nostri stili di vita; molte idee sono nate leggendo forum vegani e blog tematici. Abbiamo confrontato le soluzioni e abbiamo cominciato a sperimentare, un esperimento a settimana.

Come vi organizzate? Avete un planning?
Abbiamo preparato un piano di sperimentazione, trovando 30 argomenti, poi portati a 52, per completare l’anno. Questa esperienza ci ha fornito diversi spunti, permettendoci di scoprire tante cose, che riguardano la nostra salute, e di modificare alcune nostre abitudini, alimentari e non, come per esempio la riduzione del consumo di carne.

Dal punto di vista economico avete notato qualche cambiamento?
Prima di iniziare il nostro percorso, volevamo fare il calcolo delle spese, ma purtroppo siamo riusciti a farlo solo per il primo mese; quindi, non avendo stilato un vero e proprio bilancio, non abbiamo la percezione di quanto si possa risparmiare. Di certo, abbiamo apportato sensibili riduzioni di consumo al nostro stile di vita: io (Paolo), per esempio, ho smesso di andare a lavorare in auto; da diversi mesi non acquistiamo vestiti, non compriamo giocattoli da Natale. Le persone che ci stanno accanto, amici e parenti, continuano a fornirci qualsiasi tipo di bene, credendo di farci un piacere, ma in realtà la nostra è una scelta volontaria e consapevole.
Acquistiamo materie prime, in grandi quantitativi, perché costano meno e producono meno rifiuti. Ogni tanto, per esempio, compriamo il latte direttamente in fattoria e lo utilizziamo sia per il consumo tradizionale sia per fare formaggi. Anche se il fatto di avere due bambini piccoli ci porta a consumare moltissimo latte, almeno un litro al giorno, e a volte siamo costretti ad acquistare il latte al supermercato qui vicino.

Fino ad ora come sta andando?
In questi mesi è aumentata in noi la consapevolezza di cosa mangiamo e di cosa produciamo in termini di rifiuti. I miei nonni (Chiara) facevano il formaggio in casa; i miei genitori lo hanno sempre visto fare, ma non hanno appreso questa tradizione e soprattutto non l’hanno tramandata a me. Il fatto di dover apprendere tramite internet come produrre del formaggio, quando nella famiglia dei miei veniva fatto in casa, la considero una grossa perdita dal punto di vista culturale. Ora i miei nonni non ci sono più e mi piacerebbe perlomeno imparare dai miei genitori come coltivare l’orto.

Avete “contagiato” qualcuno a voi vicino?
La nostra esperienza ha contaminato poco chi ci sta intorno. Ci sono persone che sono già predisposte a un certo genere di comportamento consapevole, alcune coppie ci hanno seguito, mentre da parte delle nostre famiglie abbiamo avuto un po’ di ostruzionismo. Ci piacerebbe parlare e condividere la nostra esperienza anche con i vicini di casa e le famiglie del nostro quartiere, ma ancora non lo abbiamo fatto.


Cosa non è andato a buon fine cosa invece vi ha dato grande soddisfazione?
La cosa che ci è venuta peggio in assoluto è stato il gelato. Quello continueremo a comprarlo in gelateria. E un altro tentativo fallimentare è stato quello della coppetta mestruale: su internet ho letto moltissime recensioni positive, ma io non mi sono trovata per niente bene.
Mentre, per quanto riguarda le cose che ci sono venute bene, abbiamo provato grande soddisfazione nel fare il pane e i detersivi. Siamo molto contenti di utilizzare prodotti che non intossicano, come per esempio l’argilla che utilizziamo come shampoo.

Il ruolo di Internet è stato importante?
E’ stato fondamentale. Si possono ottenere informazioni e conoscenze immediate e, nel nostro caso, ci hanno permesso di soppiantare la mancanza di trasmissione di tradizioni, come quella del formaggio.
Esistono tantissimi siti che parlano di esperimenti ed esperienze simili alla nostra, ma ci sembravano quasi tutti scatole vuote, dove sembrava più importante il messaggio dell’azione. Noi, invece, abbiamo provato a comunicare con l’esterno a modo nostro: il nostro blog è costituito da schede tematiche, che chiunque può leggere e mettere in pratica. L’obiettivo del blog è quello di dare spunti alle persone.

Cosa acquistate?
Non facciamo molti acquisti, anche se è difficile organizzare la spesa a lungo termine. Per noi è più importante la riduzione del rifiuto rispetto all’alimento biologico. Compriamo pasta, poca, cereali come riso e farro, e un po’ di carne; nel corso del bilancio del bidone abbiamo appreso quanto spreco di acqua  sia necessaria per l’industria durante macellazione e quanti danni arrechi alla salute l’utilizzo frequente di questo alimento, siamo quindi diventati più responsabili nell’acquisto e nel consumo di carne. Il resto, pane e formaggio, lo produciamo in casa. Coltiviamo un piccolo orto ad uso personale e acquistiamo i legumi al mercato, purtroppo non li abbiamo ancora trovati sfusi.

I G.A.S.: Avete qualche consiglio o critica costruttiva rivolta ai Gruppi di Acquisto Solidale?
Troppi rifiuti ed imballaggi. Abbiamo acquistato due chili di parmigiano e ci sono stati dati due tocchi separati, ognuno con il proprio imballaggio. Ci è sembrato uno spreco. Indubbiamente, il fatto che la nostra priorità sia la riduzione dei rifiuti piuttosto che il mangiar sano non implica che tutti debbano pensarla come noi, però ci sembra giusto farlo presente e condividerlo con gli altri. Il Gas ha potenzialità incredibili; si vede che c’è fermento. Sono organizzazioni che hanno un’architettura molto solida e secondo noi la riduzione dei rifiuti e il mangiare biologico sono due aspetti che possono coesistere.

Se il vostro esperimento finisse oggi, l’obiettivo di riduzione si potrebbe considerare raggiunto?
Siamo partiti dicendoci “peseremo tutto”. In realtà non lo facciamo quasi mai. Produciamo ancora troppi rifiuti di carta, per via degli imballaggi del cibo, come il latte o le pubblicità in buchetta! Nel periodo dal 12 luglio al 12 agosto abbiamo prodotto 447 gr di indifferenziata e ci sembra un buon risultato, mentre di umido ne produciamo ancora tanto, in quanto gli scarti di frutta e verdura pesano molto, ma ci stiamo attrezzando per richiedere una compostiera.

Per quali motivi consigliereste ad una famiglia di seguirvi nella riduzione dei rifiuti domestici?
Riteniamo che sia umanamente degradante buttare via dell’immondizia. Ogni volta che buttiamo qualcosa nel bidone pensiamo sempre che possa far male a qualcuno! Produrre rifiuti ci sembra una cosa troppo complessa; sembra assurdo, ma il nostro comportamento semplifica la vita.
Quando si acquista un prodotto, bisogna pensare di adottarlo, di doversene prendere cura e di non poterlo portare al bidone. In questo modo si diminuirebbe l’acquisto. Per esempio, noi donne siamo incentivate all’acquisto di riviste che prevedono un regalo. Se penso di dovermelo tenere per i prossimi 60 anni e che posso tranquillamente farne a meno, probabilmente eviterei di comprarlo. Bisogna pensare come se non esistessero bidoni in strada.

Voi non guardate la TV, è utile per acquistare meno?
Non guardare la tv può sicuramente influire. La tv induce all’acquisto. Ridurne il consumo ha lasciato più posto alla spazio relazionale. Si sente meno bisogno del consumo, un po’ come la passeggiata al parco anziché in centro, con tutte le vetrine che invogliano inevitabilmente il consumatore.

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La conclusione di questa intervista è che ridurre i rifiuti è possibile ed anche piacevole. In casa Montevecchi i giocattoli spesso vengono creati con materiali di riciclo, come ad esempio i cartoncini del cibo per gatti, dove sono raffigurate sagome rappresentanti la quotidianità di questa famiglia ( loro stessi, la bici con carrellino per bimbi, i rifiuti ed i loro contenitori), in questo modo si dà maggiore consapevolezza ai bambini circa l’importanza delle scelte che vengono fatte. 

L’idea di ridurre i rifiuti, lentamente li ha portati a conoscere meglio cosa mangiamo e consumiamo ogni giorno, per indurli a scelte consapevoli nell’acquisto di alimenti sani e qualitativamente migliori e ad utilizzare ciò che è strettamente necessario e compatibile con l’ambiente. 

Il loro stile di vita sobrio ci ricorda i saggi consigli di Serge Latouche, spesso citato anche da Paolo e Chiara. I Montevecchi sono davvero un esempio da emulare sotto molti punti di vista e consultando il loro sito sicuramente troverete degli spunti di riflessione per il vostro futuro. 



giovedì 15 settembre 2011

Anche a Cesena la settimana della mobilità sostenibile

Attività in programma a Cesena

Se non avete mai sentito parlare di “mobilità sostenibile” e vi piacerebbe saperne di più, dal 16 al 22 settembre 2011 si svolgerà la Settimana Europea della Mobilità Sostenibile, un appuntamento internazionale promosso dalla Commissione Europea che ha l’obiettivo di incoraggiare i cittadini all’utilizzo di mezzi di trasporto alternativi all’auto privata per gli spostamenti quotidiani.

Non so perchè Cesena non compaia fra le città aderenti all'iniziativa, ma come dimostra la locandina sopra sono previsti numerosi incontri e tante attività, con la collaborazione di alcune associazioni cesenati come Anima Mundi.

Il più importante degli eventi in programma si terrà Sabato 24 Settembre, con l'intervento del giornalista romano Alberto Fiorillo responsabile delle politiche sulla mobilità urbana per Legambiente. Verranno illustrati i risultati ottenuti dal comune di Cesena in termini di parcheggi scambiatori, piste cilabili e progetto piedibus.

Questo è stato un anno decisamente difficile a causa della crisi economica, la quale oltre a ridurre i consumi sta invogliando sempre più persone ad abbandonare l'auto privata per i piccoli spostamenti per affidarsi alla bici o ai mezzi pubblici. Nonostante ciò sono ancora in troppi a voler utilizzare l'automobile privata anche quando non strettamente necessario, tanto è radicata nel nostro immaginario collettivo il desiderio di mobilità individuale. 

Le amministrazioni quindi organizzano o sostengono eventi per invogliare i cittadini ad abbandonare le automobili in favore di mezzi di trasporto più sostenibili: mezzi pubblici, biciclette e camminare a piedi.

I dati emersi nel Quarto Osservatorio annuale Europcar su Mobilità e Mezzi di Trasporto rispetto alle valutazioni degli italiani sono chiari:
il 32% del campione intervistato, ritiene che il costo della propria macchina sia eccessivo (contro il 22% in Europa) e ben l’86% riconosce che mantenere un’auto costi molto (contro l’83% degli europei). 

Tra le soluzioni maggiormente individuate c’è il car sharing con auto ecologiche:
il 78% ha espresso interesse a noleggiare auto ecologiche (contro il 66% degli europei) e il 40% sarebbe addirittura disposto a pagare di più pur di noleggiare questo tipo di automobili (contro il 33% degli europei in generale).

Sembrerebbe quindi chiaro che gli italiani siano un popolo che a parole adora la mobilità sostenibile, il car sharing, la bicicletta, eppure nella pratica le statistiche locali sono impietose, lasciando Cesena ancora al palo con la stratosferica cifra di oltre 750 auto circolanti ogni 1000 abitanti.

Cosa ci manca allora ? A mio modesto parele il problema non è nella scarsa distribuzione e qualità delle piste ciclabili, nei mezzi pubblici poco capillari, nei parcheggi scambiatori inesistenti, ma nella interoperabilità poco funzionale fra tutti questi vari servizi di trasporto.

Qualche anno fa andai in Germania vicino ad Hannover per due settimane, rimasi letteralmente di stucco quando mi resi conto che qualsiasi spostamento extraurbano poteva essere risolto comodamente con autobus, treno e bicicletta. Le piste ciclabili arrivano fin dentro alla stazione ferroviaria rialzata, dove un ascensore (adeguato per ospitare le bici) poteva fare salire le persone fino ai binari. Da li imbarcarsi in treno era facile, poichè molte carrozze (specialmente nelle tratte locali) sono attrezzate con un grande portellone con cui salire sul treno con a fianco la propria bici

Queste carrozze speciali, erano ovviamente al centro del treno, non in coda un po nascoste come accade da noi, e permettono di mettersi comodamente seduti tenendo al fianco il proprio mezzo (le bici non pagano il biglietto). Scesi dal treno ci si incammina disciplinati sull'apposita pista ciclabile segnalata, che parte dalla stazione, con indicazioni chiare per raggiungere qualsiasi punto anche in periferia. Ho avuto la netta sensazione che viaggiare in treno con la bici sia la regola e non l'eccezione!

Un corretto interscambio bici-treno-bici con il proprio mezzo sarebbe l'ideale per ridurre il traffico veicolare per i medi spostamenti, molto più che il bike sharing, comunque diffusissimo anche in Germania.

Penso quindi che parte della soluzione sia nell'utilizzo di mezzi propri con scambi intermodali intelligenti, dove alternare bici, metro, treno, auto ecologiche a noleggio, in maniera coordinata. Probabilmente si alleggerirebbero i costi, si ridurrebbe l'inquinamento e ne guadagneremmo tutti in gioia di vivere e salute.

Se esistesse ad esempio un autobus speciale attrezzato per portare la propria bicicletta per andare da Cesena a Cesenatico, lo prenderei molto volentieri (anche se comunque mi farebbe bene pedalare un po).

Da noi invece che fanno ? Sopprimono pure i treni pendolari per Bologna. Hai voglia a fare le settimane della mobilità sostenibile, se le politiche poi sono queste.


sabato 3 settembre 2011

Visita al centro riciclo di Vedelago

Sono stato recentemente in visita al Centro Riciclo di Vedelago, uno dei migliori esempi che possiamo trovare in Italia di azienda privata che al contempo produce profitto e migliora l'ambiente. Volevo scrivere da tempo un breve articolo sull'argomento, poi ho trovato questo bel video, girato pochissimi giorni dopo la nostra visita al centro, che spiega meglio di tante parole perchè impianti come questi sarebbero così importanti per il nostro territorio.


Durante la nostra visita era appena arrivato il bilice proveniente da Ponte delle Alpi scaricando il carico. Il loro materiale emergeva nettamente come lucentezza su tutti gli altri recuperati nella zona di Treviso, indice della ottima qualità assicurata dalla corretta applicazione del sistema porta a porta. Materiale di questa qualità è direttamente recuperabile e pagato dai consorzi del riciclo a prezzo pieno, materiale più scadente è più costoso da lavorare, produce più scarti nella separazione manuale, ed in generale dovrà essere avviato all'inceneritore o alle discariche della zona. Al centro vedelago invece hanno deciso di utilizzare le plastiche non recuperabili per generare della sabbia sintetica, con la quale realizzare tantissimi utili manufatti. La quantità di materiale ricevuto che ritorna in discarica, come affermato da Carla Poli direttrice del centro, è di appena 1%-2%, ovvero non sono davvero più necessari ne inceneritori ne discariche per la parte differenziata.

venerdì 19 agosto 2011

Biomasse negli inceneritori, l'ultima trovata di Hera

Quando fu progettato il nuovo inceneritore di Forlì, firmato dal noto architetto Gae Aulenti, molti ambientalisti correttamente evidenziarono come fosse completamente sovradimensionato rispetto al bacino territoriale di Forlì-Cesena. Autorizzato a bruciare esclusivamente materiale proveniente dalla provincia, fino a un limite di 120.000 tonnellate/anno. Oggi constatiamo di avere avuto ragione, dato che non è praticamente mai riuscito a funzionare al massimo regime autorizzato.

Questo potrebbe far trarre un sospiro di sollievo ad alcuni, invece non dovrebbe, poiché la progettazione di impianti così complessi prevede un potere calorifico in ingresso prevedibile e ben garantito, previa il non corretto funzionamento del sistema automatico di controllo delle emissioni.

In effetti, questo sistema di controllo necessario per mantenere la temperatura all'interno del forno a griglia intorno ai 900-950 °C (pena la formazione di pericolose diossine), prevede l'utilizzo di massicce iniezioni di gas metano (specialmente durante i transitori) e insufflamenti di ossigeno (controllati al computer) per renderne stabile il funzionamento termico in ogni condizione di carico possibile.

Ecco allora l'ideona di Hera, perchè non integriamo la quota di rifiuti che non riusciamo a reperire sul territorio con altrettante biomasse ? Così possiamo farlo funzionare a pieno regime, ed inoltre ci pappiamo pure un surplus di certificati verdi come fosse un impianto ad energia rinnovabile.

La richiesta che Hera ha fatto pervenire al comune di Forlì, per alcuni considerata indecente, é equivalente a un ampliamento della capacità autorizzata per altre 45.000 ton/anno, ma di biomasse anziché di rifiuti. Anche se a rigore potrebbe essere mantenuto il limite massimo attuale (120.000ton/a), ma da intendersi del complessivo biomasse + rifiuti.

Purtroppo, le cose non sono affatto così semplici, poiché se anche è vero che l'approvvigionamento di rifiuti è soggetto a incertezza, anche quello di biomasse non è da meno, pertanto ci si potrebbero aspettare effetti molto modesti sulla riduzione della quantità di metano complessiva che l'impianto dovrà comunque utilizzare per garantire la sua necessaria stabilità termica.

Nonostante ciò, il presidente della provincia Massimo Bulbi, che con tutta evidenza si intende assai più di caccia che di tecnologia, se ne esce con queste affermazioni:

“Attualmente l’impianto di termovalorizzazione di Hera, oltre ai rifiuti urbani, utilizza anche gas per mantenere la migliore funzionalità – sostiene Bulbi -. Quindi utilizzare biomasse in luogo di un combustibile fossile non può che essere un passo nella direzione giusta."

Quando si parla di incenerimento, la quantità autorizzata per un impianto non é un parametro fondamentale di progetto, poiché dal punto di vista di un forno il bruciare 1 tonnellata di materiali oppure 1/2 tonnellata ma dal potere calorifico doppio è pressoché equivalente. Sarebbe perfettamente lecito addirittura bruciare molto meno materiale di quanto autorizzato attualmente, purché esista una qualche pre-selezione capace di innalzarne il potere calorifico a un livello sufficiente. 

Ebbene, utilizzare biomasse (che hanno un potere calorifico più alto dei rifiuti urbani tal quali ma comunque basso rispetto al mentano) non sembra essere una soluzione intelligente per questo impianto, progettato con in mente un potere calorifico in ingresso di 2500 Kcal/Kg. Che bruciare biomasse faccia risparmiare metano quindi, non bisogna solo dirlo, bisogna anche dimostrarlo. Inoltre, i camion in più per trasportare le biomasse necessarie sicuramente consumeranno prezioso gasolio.

Benissimo ha fatto quindi l'assessore all'ambiente Bellini di Forlì, nonchè ingegnere esperto, a suggerire una modifica in senso opposto, ossia anziché incrementare la quantità di materiale (quindi di camion, con relativo inquinamento e consumi energetici di fonti fossili indotti dai trasposti) si cerchi di valutare se sia possibile aumentare il potere calorifico di quanto già arriva, magari ricorrendo a una separazione spinta delle frazioni grazie al metodo della raccolta domiciliare.

Il residuo secco dalla raccolta differenziata, tolta la parte umida, i materiali ferrosi, il vetro, le plastiche ben riciclabili (che sarebbe un peccato bruciare anziché riutilizzare), diventa CDR e potrebbe avere un potere calorifico sufficiente a giustificare l'impianto così come è, senza la necessità di ricorrere al trucco delle biomasse per garantire la sua piena utilizzazione.

In soldoni, visto che l'impianto già esiste e non ce lo toglieremo di torno a breve termine, per lo meno rendiamolo funzionale a una raccolta differenziata spinta, in modo da distruggere termicamente solo quanto non sappiamo recuperare, e che quindi andrebbe inevitabilmente in discarica.

Qualcosa mi fa pensare però che Hera difficilmente abbandonerà questa ideuzza balorda di trasformare i suoi inceneritori in altrettanti impianti a biomasse, infatti anche a Ferrara stanno pensando a un progetto del genere, sintomo che questa è una precisa strategia che vedremo presto fiorire un po ovunque

Fermiamoli (per il bene delle "vere" energie rinnovabili), non si rendono conto della portata devastante per un futuro sostenibile di ciò che stanno facendo... un inceneritore truccato da centrale a biomasse in ogni provincia, costituirebbe un perfetto non-senso ambientale.

UPDATE: Trovate sul sito di Forlì Ambiente tutti i dettagli tecnici sulla richiesta fatta da Hera.

martedì 16 agosto 2011

Osservazioni al piano energetico comunale di Cesena


Sono scaduti Lunedì 8 agosto scorso i termini per la presentazione delle osservazioni al Piano Energetico Comunale (PEC) del comune di Cesena. Si tratta di un documento importante per ogni amministrazione comunale, tramite il quale si forniscono gli indirizzi necessari agli interventi per contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici (riduzione della Co2) e alla pianificazione dello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili sul territorio comunale.

Il Movimento Impatto Zero è stato chiamato dalla lista civica 5 stelle per contribuire alla stesura delle osservazioni, cosa che ha dato origine a questo documento.

Per la stesura del piano, il comune di Cesena ha creato una società privata ma a capitale interamente pubblico, di nome Rinnova, la quale rimarrà ativa negli anni seguenti per monitorare e rendere operativo il piano stesso, veicolandone i relativi investimenti. Questo consente di aggirare il patto di stabilità dei comuni garantendo il dispiego delle risorse necessarie per conseguire gli obiettivi previsti dal piano.

Il piano tratta principalmente degli interventi da effettuare negli edifici scolastici e in quelli della pubblica amministrazione, fornendo solo indicazioni complessive di massima e non precise condizioni di progetto. Gran parte del piano è dedicata alla necessità di incentivare le varie fonti energetiche alternative, con una comparazione della loro efficacia specifica al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati per il prossimo quinquennio.

Come si può dedurre facilmente da questa sintesi del PEC presentata dal comune, esso è affetto da un inevitabile vizio di fondo, si basa infatti su dati di emissione della CO2 che risalgono al 2007 (Data dell'ultimo bilancio energetico comunale). A pag.10 del documento di sintesi si riprendono le stime emissive della CO2 al 2007 e le si proiettano linearmente fino al 2020, ignorando completamente che nel frattempo è intervenuta una crisi sistemica che ha drasticamente ridotto le emissioni globali e i relativi consumi.

Il rischio è pertanto di sovrastimare gli interventi necessari per rientrare nel protocollo di kyoto e garantire il rispetto delle direttive europee 20-20-20. A ciò si unisce un assoluto sbilanciamento del piano a favore delle biomasse dedicate (con 5 Km2 di superficie da reperire), senza tuttavia tenere in debito conto il loro bassissimo eroei, quindi la assai discutibile efficacia delle stesse in termini di mitigazione complessiva della CO2 e riduzione dell'inquinamento da polveri sottili.


Scarica il Piano Energetico Comunale di Cesena

Scarica le Osservazioni al PEC presentate dal MIZ/M5S.

domenica 14 agosto 2011

Rapporto ISPRA 2009 sui rifiuti urbani


E' uscito recentemente il Rapporto ISPRA 2009 sui rifiuti urbano, contenente il rapporto sui dati nazionali, aggregati per regioni e provincie, in tema di raccolta differenziata e recupero dei materiali post consumo presso i consorzi (conai, corepla, comieco, etc.).


C'è un deciso progresso, soprattutto nelle regioni del nord, ma anche in qualche regione del sud come la sardegna, che dimostra come utilizzando politiche di raccolta domiciliare (porta a porta) si riesca agevolmente a rimanere entro i limiti stabiliti dalla legge, che prevederanno entro il 2012 il raggiungimento del 65% di raccolta differenziata.

Nel totale, solo il 25% delle province (26 su 107) ha raggiunto o superato i livelli di legge previsti al 2009, che erano pari al  50% di RD. Ovviamente le regioni che si sono distinte positivamente sono il Trentino e il Veneto, dove vige la più alta penetrazione di raccolta domiciliare spinta. 

La nostra Emilia Romagna è in buona posizione, ma difficilmente potrà incrementare il proprio risultato senza una decisa inversione di tendenza nelle modalità industriali di gestione da parte di Hera, caratterizzate da una massiccia iniezione di "assimilati". Dalla Toscana in giù invece, siamo ancora nel pieno medioevo della raccolta differenziata, salvo alcune lodevoli eccezioni.

venerdì 12 agosto 2011

Il sindaco Cenname ci riprova con la raccolta differenziata


Ne avevamo già parlato parecchi mesi fa citando la tragicomica vicenda di Vincenzo Cenname, sindaco del piccolo comune campano di Camigliano in provincia di Caserta. Il comune è noto alle cronache per essere stato commissariato a causa del risultato troppo buono in termini di raccolta differenziata.

In sintesi, la provincia imponeva di applicare sul tutto il territorio un metodo di raccolta differenziata uniforme ma inefficiente, mentre il sindaco si era "impuntato" con la raccolta Porta a Porta, conseguendo risultati sbalorditivi vicini al 70% di RD.

L'affronto era troppo grave perché il sindaco rimanesse al suo posto, infatti è stato cacciato e la sua giunta sciolta, ma non avevano fatto i conti con gli elettori, che evidentemente non hanno gradito il gesto rieleggendolo rapidamente e in modo plebiscitario.

Ora, Vincenzo Cenname ci riprova con la raccolta differenziata, con l'obiettivo questa volta dell'80%, promuovendo al contempo un ricorso al TAR e alla corte costituzionale per dichiarare incostituzionale una legge che vincola i comuni ad agire secondo i dettami (sbagliati) della provincia. Nel frattempo introduce i pannolini lavabili, l'illuminazione pubblica a risparmio energetico e le case dell'acqua per ridurre il consumo di bottiglie di plastica. Oggi Vincenzo Cenname fa parte del direttivo dell'associazione dei comuni virtuosi.

Io, casomai, vorrei commissariare chi queste cose non le fa.

mercoledì 10 agosto 2011

Le palline omeopatiche e il numero di Avogadro


Prendete dieci palline rosse e mettetele in un sacco assieme a 90 palline nere. Ora agitate vigorosamente poi vuotate il sacco avendo l'accortezza di lasciarci dentro, in maniera casuale, solo 10 palline.

Quante palline colorate di rosso e di nero vi aspettereste di ritrovare nel sacco ?

Senza scomodare il calcolo delle probabilità, potreste trovarne una rossa e nove nere, magari le trovate tutte nere, magari di rosse ne trovate due o tre. Se ne trovaste 10 tutte rosse, beh, allora vi consiglio di tentare la sorte alla roulette, siete stati decisamente fortunati.

Ora aggiungete altre 90 palline nere alle 10 palline rimaste nel sacco, agitate ancora vigorosamente, anzi "dinamizzate" il tutto, poi svuotatelo di nuovo parzialmente fino a lasciarci dentro ancora le consuete 10 palline, di che colore saranno ?

Già questo è un po più difficile a dirsi, poiché dipende anche dalla conoscenza o meno di quante palline rosse ne avevo trovate prima. Se prima erano tutte nere, sicuramente ora di rosse non ne troverò nemmeno una, se prima di rosse ce n'erano tre, non potrò certo trovarne più di tre. Se mi va di lusso forse ne trovo ancora una!

Ora, ripetete la "diluizione" del sacco altre 20 volte con altrettante serie di 90 palline nere, lasciandone solo 10 ogni volta. Quante palline rosse troverete alla fine ? Io mi ci gioco la casa, l'auto, e persino il cane, che non ne troverete più neanche una.

Qualcuno potrà dimostrarmi (scientificamente?) che le palline nere sono dotate di "memoria" per avere incontrato casualmente non tanto una pallina rossa, quanto altre palline nere che a loro volta ne hanno incontrate altre che forse hanno conosciuto un vicino nero che se la faceva, in tempi non sospetti, con una bella pallina rossa, probabilmente tramandandosi la conoscenza in forma di mitologia orale.

Ora, le molecole chimiche non sono certo palline, e il sacco a forma di boccetta non ne contiene solo cento ma magari una intera "mole", no non parlo della "Mole Antonelliana" ma di quella quantità pari al numero di Avogadro! Il concetto non cambia poi di molto.

Ora, supponiamo che qualcuno affermi (senza dimostrarlo) che quella pallina (molecola) rossa facesse veramente bene alla salute, perché allora non mi vendono direttamente quella, anziché farmi comprare la sua variante omeopatica ? L'acqua per diluirla ce la metto io!

Vedete, il problema non è stabilire la supremazia della scienza rispetto a ogni altro tipo di disciplina. Dato che la scienza non è perfetta e non dice sempre necessariamente la verità, taluni pensano che qualsiasi cosa gli venga accostata non possa essere del tutto menzogna. Così, ci saranno sempre coloro ai quali piace credere alla teiera cosmica, oppure giocano con le parole, tipo contrapporre "allopatia" con "omeopatia", tanto per applicare un po di relativismo.

Il problema semmai è che le "pseudoscienze" muovono un sacco di soldi, e talvolta si rivelano assai pericolose quando applicate con eccesso di buona fede.

P.S. Ho scoperto che lo stesso principio funziona (o meglio non funziona) anche con gli sciroppi di menta. E anche che qualcuno si incazza sonoramente quando questa cosa la si va a dire in giro.... quindi questo segreto tenetevelo per voi, perché anche se eventuali querele le potrei vincere, al mio blog ci tengo!

Update: Ok, ho disseminato il post di troppi link, e non ne avrete probabilmente seguito nemmeno uno, ma semmai vi venisse voglia di seguirne almeno uno vi consiglio QUESTO, che è davvero illuminante.

lunedì 8 agosto 2011

La sostenibilità e lo stato stazionario nella cultura Giapponese

Questa che segue è la trascrizione più o meno letterale di un discorso che Ugo Bardi ha tenuto nel marzo scorso, al centro di cultura giapponese e Judo "Kosen Dojo" di Firenze. La sua lettura vale sicuramente il tempo speso, in ogni singola parola, per le profondissime implicazioni che collegano inaspettatamente la cultura giapponese con quella folle rincorsa al "mantra" della crescita tipica della civiltà dei nostri giorni.



<< Signore e signori, prima di tutto lasciatemi dire che nella mia carriera ho tenuto molte presentazioni su energia e sostenibilità, ma questa è la prima volta che mi capita di farlo seduto a gambe incrociate a terra su un tappeto giapponese, un tatami. Però, lasciatemi aggiungere che è un vero piacere farlo, ed è un piacere speciale farlo in un dojo, ai piedi del ritratto di Kano Jigoro, il fondatore del Judo moderno. Effettivamente sono stato anch’io un judoka, anche se devo dire che non pratico da un po’. Insomma questo posto mi ricorda moltissimo il Giappone, dove ho vissuto e sono stato molto bene, anni fa; e come sapete i recenti avvenimenti di Fukushima hanno sollevato il problema dell’energia e della sostenibilità in Giappone e nel mondo intero.

Il popolo giapponese ha subito più sofferenze di qualunque altro a causa della nostra cattiva gestione dell’energia atomica. Quella del bombardamento di Hiroshima e Nagasaki, nel 1945, è triste storia. Magari qualcuno di voi ha avuto la possibilità di visitare queste città – io le ho visitate entrambe, e vi posso dire che la memoria di quegli eventi non è qualcosa che si riesce a ignorare facilmente. Ovviamente, al confronto l’incidente nucleare di Fukushima è stato cosa da poco. Ma rimane che è difficile per noi – intendo noi umanità – gestire l’energia nucleare. Forse è semplicemente una cosa troppo grande e complessa.

Comunque, lasciamo perdere i pro e i contro dell’energia atomica; non è di questo che voglio discutere con voi oggi. Piuttosto, credo che possiate essere interessati a parlare un po’ della cultura giapponese. Il semplice fatto che siamo tutti seduti sul pavimento su un tatami giapponese vuol dire che la cultura del Giappone ha un’influenza su di noi, proprio come ha avuto influenza sulla cultura occidentale in molti campi – pensate solo ai manga! Perciò, quello che vorrei fare oggi è discutere di ciò che possiamo imparare dal Giappone in termini di sostenibilità.

Lasciatemi cominciare con qualche parola sulla storia del Giappone. Conoscete sicuramente il periodo “Heian” o “Imperiale”, iniziato tanto tempo fa: questo fu il periodo “classico” della storia giapponese. Il periodo Heian ha poi lasciato il campo a un’età di guerre civili: il sengoku jidai, l’epoca dei Samurai. Diversi film l’hanno dipinto come un’epoca romantica, ma sono sicuro che la gente che ci viveva non la trovava molto romantica; era un periodo di continue battaglie, e doveva essere parecchio dura per tutti. Ad ogni modo, questa fase storica finì quando Tokugawa Ieyasu emerse da vincitore delle guerre e divenne shogun, reggente di tutto il Giappone. Questo succedeva intorno all’anno 1600, e cominciò allora il periodo “Edo”, che fu molto più tranquillo. Il periodo Edo durò finché il Commodoro Perry non arrivò con le sue “navi nere” a metà del 19° secolo, il che diede inizio all’età moderna.

Ora, i due secoli e mezzo del periodo Edo sono molto interessanti dal punto di vista della sostenibilità. Non fu solo un periodo di pace; fu anche un’epoca di economia stabile e popolazione stabile. In effetti, non è del tutto vero, perché la popolazione del Giappone aumentò nella prima parte del periodo Edo; ma arrivata a 30 milioni restò quasi costante per circa due secoli. Non ho notizia di altre società nella storia che hanno vissuto un simile periodo di stabilità. Era un esempio di quel che oggi chiamiamo “economia di stato stazionario”.

Il motivo per cui la maggior parte delle civiltà non riescono a raggiungere uno stato stazionario è che è troppo facile sovrasfruttare l’ambiente. E’ qualcosa che non ha a che fare solo con i combustibili fossili: è tipico anche delle società agricole. Se tagliate troppi alberi, il suolo fertile viene lavato via dalla pioggia. E poi, senza terra fertile da coltivare, la gente muore di fame. Il risultato è il collasso – una caratteristica comune di gran parte delle civiltà del passato. Qualche anno fa, sull’argomento Jared Diamond ha scritto un libro, intitolato proprio “Collasso”.

C’è un punto interessante di Diamond a riguardo delle isole. In un’isola, dice Diamond, ci sono risorse limitate – molto più limitate che sul continente – e le opzioni a disposizione sono limitate di conseguenza. Quando sei a corto di risorse, mettiamo di terreno fertile, non puoi emigrare e non puoi attaccare i vicini per ottenere risorse da loro. Puoi solo adattarti, o perire. Diamond cita diversi casi di piccole isole nell’oceano Pacifico in cui l’adattamento era molto difficile ed i risultati sono stati drammatici, come nel caso dell’isola di Pasqua. In alcune isole davvero piccole, adattarsi è risultato talmente difficile che gli esseri umani sono semplicemente scomparsi. Sono morti tutti, e basta.

Il che ci porta al caso del Giappone: che è un’isola, naturalmente, anche se grande. Ma alcuni dei problemi che si avevano con le risorse dovevano essere gli stessi di tutte le isole. Il Giappone non possiede molto in termini di risorse naturali. Moltissima pioggia, per lo più, ma poco altro, e la pioggia può fare molti danni se le foreste non sono ben amministrate. E ovviamente in Giappone lo spazio è limitato, il che significa che c’è un limite alla popolazione; almeno finché essa dipende dalle risorse locali. Io credo che a un certo punto nel corso della storia i giapponesi abbiano raggiunto il limite massimo di quel che potevano fare con lo spazio a disposizione. Ovviamente ci volle del tempo: il ciclo è stato molto più lungo che su una piccola isola come l’isola di Pasqua. Ma potrebbe perfettamente essere che le guerre civili furono una conseguenza del fatto che la società avesse raggiunto un limite. Quando non c’è abbastanza per tutti, le persone tendono a combattere fra di loro, ma è ovvio che non sia questo il modo migliore per gestire la scarsità di risorse. Perciò, a un certo punto i giapponesi dovettero smettere di lottare, dovevano adattarsi o morire – e si adattarono alle risorse che avevano. Era l’inizio del periodo Edo.

Per arrivare a uno stato stazionario, i giapponesi dovevano gestire al meglio le risorse a disposizione, ed evitare di sprecarle. Una cosa che fecero fu liberarsi degli eserciti del periodo delle guerre. La guerra è semplicemente troppo costosa per una società a stato stazionario. Poi, fecero grossi sforzi per mantenere le foreste ed incrementarle. Potete leggere qualcosa a riguardo nel libro di Diamond. Il carbone di Kyushu forse aiutò un po’ a risparmiare gli alberi, ma il carbone da solo non sarebbe stato abbastanza – fu la gestione delle foreste a fare la differenza. Il governo amministrava i boschi a livello di singola pianta: un’impresa notevole. Infine, i giapponesi riuscirono a gestire la popolazione. Probabilmente fu questa la parte più difficile, in un tempo che non conosceva contraccettivi. Da quel che ho letto, ho capito che i poveri erano obbligati a praticare più che altro l’infanticidio, e questo doveva essere atroce per i giapponesi, come sarebbe per noi oggi. Ma le conseguenze del lasciar crescere la popolazione senza controllo sarebbero state terribili: per cui, erano costretti a farlo.

Noi tendiamo a vedere l’economia a stato stazionario come qualcosa di molto simile alla nostra società, solo un po’ più tranquilla. Ma il periodo Edo del Giappone era molto diverso. Di certo non era il paradiso in terra. Era una società estremamente regolata e gerarchica, in cui sarebbe stato difficile trovare – o anche solo immaginare – qualcosa come “la democrazia” o “i diritti umani”. Nonostante ciò, il periodo Edo fu una realizzazione notevole, una società molto raffinata e ricchissima di cultura. Una civiltà di artigiani, poeti, artisti e filosofi. Creò alcuni dei tesori d’arte che possiamo ammirare ancora oggi, dalle spade katana alla poesia di Basho.

Insomma, i giapponesi ce la fecero a creare una società estremamente raffinata che riuscì a esistere in uno stato stabile per più di due secoli. Non credo che nella storia ci siano molti casi paragonabili. Perché il Giappone ebbe successo dove molte altre civiltà nella storia avevano fallito? Be’, penso che il fatto di essere un’isola fosse un enorme vantaggio. Questo proteggeva da gran parte delle ambizioni dei popoli confinanti, e anche dalla tentazione che potevano avere gli stessi giapponesi di invadere i loro vicini. E se non hai una terribile paura di essere invaso (e non hai intenzioni di invadere nessuno), allora non hai motivo di mantenere un grosso esercito, né di far crescere la popolazione. Puoi concentrarti sulla sostenibilità e sulla gestione di quel che hai a disposizione. Poi, naturalmente, quando il Commodoro Perry e le sue navi nere arrivarono, il Giappone non fu più un’isola, nel senso che smise di essere isolato dal resto del mondo. Così la crescita ripartì. Ma, finché il Giappone restò isolato, l’economia rimase in uno stato stazionario e, come ho detto, questa era una conquista straordinaria.

Però non credo che il fatto di essere un’isola spieghi tutto del periodo Edo. Io penso che esso non sarebbe stato possibile senza un certo grado di saggezza. O forse un termine più corretto in questo caso è “sapienza”.

La saggezza o la sapienza non sono cose che si possano quantificare o attribuire a persone specifiche. Ma io ritengo che il Giappone, nella sua interezza, aveva raggiunto un certo livello di – diciamo così – “illuminazione”. Comprendetemi: mi riferisco al periodo Edo. So bene che oggi il Giappone è pieno di posti orribili come la maggior parte dei luoghi del mondo occidentale: inquinato, sovraffollato e pieno di costruzioni bruttissime. Però nel periodo Edo si era sviluppato un modo di guardare il mondo che ancora ammiriamo oggi, e che è secondo me ben rappresentato dalla poesia giapponese: un prodigio di luminosità, di percezione dei dettagli, di amore per le piccole e delicate cose del mondo càduco. Ma non è solo la poesia: pensate al Judo secondo il maestro Kano. E’ un modo di vivere: una filosofia, una maniera di acquisire saggezza. Il Judo è un’idea moderna, ovviamente, ma ha le sue origini nel periodo Edo. Per quello che posso capire, l’approccio giapponese di quell’epoca era quanto di più lontano può esserci dall’atteggiamento orrendo che abbiamo noi oggi, quello del golem chiamato homo economicus che pensa seriamente che un albero non abbia valore a meno che non sia abbattuto. Se è questo il modo con cui guardiamo il mondo, allora meritiamo di collassare e scomparire. La saggezza probabilmente non è una risorsa non rinnovabile, ma sembra che siamo comunque riusciti a restarne senza.

Vorrei raccontarvi una storia proveniente dalla saggezza giapponese; ha a che fare con l’epoca delle guerre civili ma fu sicuramente inventata durante il più tranquillo periodo Edo. Probabilmente conoscete i nomi dei principali condottieri dell’ultima fase delle guerre civili in Giappone: Oda Nobunaga, Toyotomi Hideyoshi e Tokugawa Ieyasu. Alla fine, fu Ieyasu a diventare shogun e guida dell’intero paese. Sul come ci riuscì, c’è questa storiella che esiste in forma di senryu, una poesia breve. Racconta che un giorno Nobunaga, Hideyoshi e Ieyasu si incontrarono e videro un cuculo che non cantava. Nobunaga disse: “Se non canta, lo uccido”. Hideyoshi disse: “No, io lo convincerò a cantare”. E Ieyasu disse: “Io aspetterò, finché non canterà”.

Penso che questo racconto sia un’ottima rappresentazione di come la gente del periodo Edo razionalizzava gli eventi che portarono alla loro età. Ci dice che la strategia vincente non è la violenza, e nemmeno la furbizia: bensì è l’adattamento. I giapponesi avevano capito che non potevano forzare o persuadere la loro isola a comportarsi come essi desideravano, proprio come non si può forzare o convincere un cuculo a cantare. Dovevano adattarsi, e lo fecero. Questa, io credo, è saggezza.

Ora, una caratteristica della saggezza è che si può applicare a diverse situazioni, diversi luoghi, diversi tempi. Vediamo un po’ come possiamo interpretare il racconto nella nostra epoca. Abbiamo enormi problemi ovviamente: non abbiamo abbastanza petrolio, non abbiamo abbastanza risorse minerali, né abbastanza acqua, né atmosfera per assorbire i residui della combustione. Come reagiamo allora? Be’, un po’ come Nobunaga. Siamo propensi a usare la violenza, non solo in termini di “guerre per il petrolio”. Cerchiamo di forzare il pianeta a produrre quel che desideriamo. In un certo senso, è come dire all’uccello “canta, o ti ammazzo”. Insomma, è il “drill, baby drill!”, è la volontà di fare di tutto e con qualunque mezzo per produrre i combustibili liquidi di cui siamo convinti di avere assoluto bisogno, anche se così distruggeremo la terra e l’atmosfera. Vogliamo costruire centrali atomiche, incuranti dei rischi connessi, e fare un mucchio di altre cose per forzare il pianeta a produrre ciò di cui crediamo avere la necessità.

Poi c’è un diverso atteggiamento in apparenza più civile: è l’efficienza. Esso dice che, se riusciamo a convincere la gente ad usare le risorse in maniera più efficiente, possiamo continuare ad avere tutto quello cui siamo abituati ed in più salvare il pianeta. Le lampade a risparmio energetico e le auto di dimensioni più piccole di certo appaiono molto meglio, come idea, del “drill, baby, drill”; ma in fondo il concetto non è tanto diverso, nel senso che non vogliamo cambiare rispetto a ciò che pensiamo sia per noi indispensabile. Il modello di vita americano resta apparentemente non negoziabile: solo il modo di ottenerlo potrebbe forse esserlo. Questa strategia potrebbe addirittura funzionare – almeno per un po’. Ma riusciremo davvero a trovare delle soluzioni tecnologiche per avere, tutti, tutto quello cui siamo abituati? Il recente disastro di Fukushima dovrebbe averci insegnato che non siamo così furbi come possiamo pensare.

Non siamo ancora giunti al punto in cui scopriremo che la strategia vincente non è forzare né persuadere la Terra a dare più di quanto possa. La strategia vincente consiste nell’adattamento. Abbiamo la necessità di ritarare i nostri bisogni in base a quanto il pianeta può offrire. E’ quello che i giapponesi fecero sulla loro isola; e in fondo tutti noi viviamo su un’isola, un’isola gigante, sferica e blu che vaga nell’oscurità dello spazio. Sta a noi gestire i doni che riceviamo dalla Terra e creare qualcosa di bello come la civiltà Edo in Giappone; certamente con metodi migliori e più dolci per il controllo della popolazione.

Se l’esempio storico del Giappone conta qualcosa, forse siamo nella giusta direzione, e l’età delle guerre civili planetarie potrà finire prima o poi. Allora, se riusciamo ad aspettare abbastanza, un giorno anche noi potremo sentire il cuculo cantare. >>



Fonte: Cassandra