venerdì 31 ottobre 2008

Convegno rifiuti di Gambettola, facciamo il punto

Si è conclusa domenica scorsa l'intensa due giorni di Gambettola interamente dedicata ai rifiuti e alle buone pratiche ambientali. I tanti relatori che sono intervenuti all'evento hanno dato, nessuno escluso, un importante contributo per esplorare ogni lato dell'argomento. L'evento è stato in buona parte coperto in diretta streaming.

Il titolo del convegno "RIFIUTO: RICICLO e RIDUCO, per vivere meglio" può essere letto con una duplice valenza, a seconda di intendere la parola RIFIUTO come sostantivo oppure come verbo. L'accezione come verbo è sicuramente la più importante, cosa dobbiamo quindi rifiutare ? Sicuramente vorremmo rifiutare l'idea che "i rifiuti" siano una parte inevitabile ed inamovibile del concetto che abbiamo di progresso, ossia un prezzo che dobbiamo obbligatoriamente pagare per perseguire la crescita ed il benessere dell'umanità. E' possibile sviluppo e benessere in assenza di rifiuti ?

Sia grazie agli interventi del prof. Tamino che di Stefano Montanari, ma soprattutto grazie all'intervento di Paul Connett, si è capito che quanto noi chiamiamo "rifiuto" in realtà non è altro che l'aspetto visibile di una nostra incapacità, di tipo tecnologico, politico, gestionale. Il rifiuto è indice di cattiva progettazione dei beni che utilizziamo, Una organizzazione sociale che possa definirsi ecologica dovrebbe impedire utilizzando le leggi la produzione di cose che non possono essere smontate, riparate, riusate, riciclate, adattate per il recupero di materia.

Il risultato della mancata applicazione di questi principi base, cioè dimenticare che la natura "non produce mai rifiuti" ma risorse da utilizzare in sistemi chiusi e circolari, porta alle deprecabili azioni che i nostri governi ci impongono, in nome di una visione dell'ecologismo completamente distorta da considerazioni economiche. Ad esempio il recente riavvio delle campagne di rottamazione, miranti a rimpiazzare prodotti perfettamente riusabili in merito a sovrastimati miglioramenti in termini di risparmio energetico, inquinamento, etc, rischiano di essere una soluzione assai peggio del male che si intende curare.

Riconvertire una automobile (con retrofit elettrico ad esempio) è sicuramente molto più ambientamente compatibile che non rottamarla per comprarne una nuova, magari più grande e con consumi maggiori, anche se relativamente meno inquinante. Analogamente utilizzare inceneritori a recupero energetico è in realtà un ottimo modo per sprecare energia, dato che si sottraggono materiali al vero riciclo, l'unico capace di restituire tutta l'energia del bene che non sarà più necessario rimpiazzare, riusandolo, senza dovere estrarre altre risorse dalle miniere.

Parlando più specificatamente del tema della raccolta differenziata, Natale Belosi ha sottolineato come l'attuale trend sia quello di avviare i comuni ad essere "RACCOGLIONI" anzichè "RICICLONI", ciò grazie a leggi poco ispirate che premiano quanto il gestore "raccoglie" anziche quanto realmente "ricicla". Ciò crea distorsioni come comuni che, accumulando macerie, ingombranti, assimilati, aumentano artificialmente le proprie performance in termini di raccolta differenziata, con l'effetto di aumentare in realtà il conteggio del rifiuto pro capite anzichè di ottenere un tangibile vantaggio ambientale.

Nella serata di Sabato si è dato inoltre ampio spazio ai dati specifici del territorio dell'Emilia Romagna (con un mio intervento), si è parlato anche di tutte le buone pratiche già presenti sul territorio, grazie ai video di Eddi Bisulli riguardanti l'esperienza di Mani Tese di Faenza e del Porta a Porta a Forlimpopoli. Molto interessanti anche gli interventi sul Compostaggio domestico, con l'esperienza di Marco Pagani di RavennaRifiuti.

Volevo ringraziare la MacroEdizioni per la impeccabile organizzazione dell'evento, piccolo editore di tanti libri molto interessanti ed istruttivi con ampia attenzione ai principi di sostenibilità ambientale. Consiglio di acquistare il calendario della decrescita da loro realizzato, come forma di sostegno verso questa ed altre manifestazioni di alto livello culturale che sicuramente verranno realizzate in futuro.

Allego alcuni dei documenti che sono stati presentati al pubblico nella serata di Sabato:



P.S. Stefano Montanari ha scritto qualche sua nota sul convegno in questo post.

giovedì 30 ottobre 2008

Ancora cip6 per gli inceneritori

Il solito inciucio Pd-Pdl di qualche mese fa fece sbloccare i contributi Cip6 alla Campania, altrimenti a detta di Bertolaso l'inceneritore di Acerra non sarebbe stato più costruito, affermando inoltre che "senza gli incentivi gli inceneritori sono antieconomici". Pur nello sdegno generale di quell'operazione dettata dalla situazione di emergenza napoletana, abbiamo chiuso gli occhi ed accettato supinamente il fatto, confidenti che non si potesse andare oltre.

Ma gli inceneritori sono antieconomici ovunque, non solo in campania, perchè allora fare questi inutili favoritismi solo ai napoletani e creare così ulteriori insanabili invidie ?

Detto fatto, grazie al nostro caro ministro della distruzione dell'ambiente Stefania Prestigiacomo, si approva di fatto il decreto Cip6 per tutto il 2009, esteso su tutto il territorio nazionale, così non scontentiamo più nessuno. Ovviamente l'imbroglio (perchè di imbroglio si tratta) è destinato prevalentemente al finanziamento dei quattro nuovi inceneritori della sicilia, i cui costruttori (Falck e Waste Italia) ora potranno battere cassa con i soldi di tutti i contribuenti sul piatto.

Con un emendamento alla stessa legge appare anche la possibilità di utilizzare la forza per garantire lo svolgimento dei lavori di costruzione delle opere infrastrutturali in materia di energia, cosa che sarà assai utile qualora si intendesse posare la prima pietra delle future centrali nucleari, destinate a rimanere a corto di combustibile ben prima del termine della loro vita operativa.

Per gli imprenditori che ne ricavano profitti immediati per la costruzione delle opere non si può chiedere di meglio, per il piano energetico nazionale.. arrangiamoci.

Il prossimo passo ? Allargare i Cip6 anche agli impianti nucleari.

mercoledì 29 ottobre 2008

Rinnovabili, costano troppo ?

Talune persone, in buona fede, specialmente coloro che rispondono prevalentemente a logiche di tipo economico, sono molto scettiche di fronte alle energie rinnovabili basandosi sul principio che sono costose, intermittenti, a bassa resa, troppo incentivate, incapaci di soddisfare la domanda, insomma considerano l'apporto dato dalle rinnovabili di poco valore. Sono ovviamente le stesse che, in maniera a mio parere miope, spalleggiano le fonti nucleari, l'incenerimento dei rifiuti con recupero di energia, le biomasse, i biocarburanti, viste come unica alternativa immediata alla diminuzione della produzione da parte delle energie fossili convenzionali (petrolio, gas, carbone).

Le rinnovabili non hanno affatto un "valore" decisamente minore, caso mai hanno un "costo" decisamente maggiore, cosa comunque tutta da dimostrare nella prospettiva di un futuro non BAU (che non è un cane, ma significa "Busines as Usual") di aumento drammatico del costo per l'energia fossile. In ogni caso, l'insostenibilità dei costi é cosa già NON vera (allo stato attuale) per l'eolico, anche senza ricorrere troppo furbescamente all'accaparramento dei certificati verdi ...

Come ricorda sempre Maurizio Pallante, inoltre, le rinnovabili in se NON HANNO SENSO se non sono precedute dall'utilizzo di tecnologie a risparmio energetico. Ad esempio, riempire gli edifici scolastici di pannelli fotovoltaici non ha senso se prima non sostituiamo tutte le lampade con unità a basso consumo temporizzate, o non riusciamo a coibentare efficacemente il sottotetto e le aule per evitare troppe dispersioni termiche. Chiudere i buchi del secchio è molto più efficiente che cambiare il tipo di approvvigionamento dell'acqua, sempre per dirla alla Maurizio Pallante.

Il fatto che le rinnovabili siano intermittenti non ne riduce di per se il valore (gli elettroni sono sempre elettroni) caso mai complicano la gestione della nostra obsoleta infrastruttura di distribuzione la quale non è in grado assolutamente di modularne completamente l'utilizzo di modo tale che ogni KWh prodotto coincida assolutamente con il KWh consumato. Ciò avviene a causa dell'architettura distributiva della rete, il cosiddetto "equilibrio" di distribuzione, che è pensato per un sistema in cui poche grandi centrali forniscono energia a una miriade di tanti piccoli utilizzatori. Ciò tuttavia è un problema squisitamente tecnologico, NON fisico.

La valenza enorme delle rinnovabili, sta nel fatto che sono ... SOSTENIBILI, cioè risolti i problemi tecnici e accettati i relativi costi forniscono un apporto "virtualmente illimitato" allo sviluppo di una società ancora basata sull'energia elettrica. Semplicemente, le rinnovabili sono un INSULTO verso tutti coloro che non vogliono accettare l'idea (peraltro inevitabile perchè vera) che esistano dei LIMITI ALLO SVILUPPO, ai quali volenti o nolenti l'umanità si dovrà adattare. Con meno consumi, le rinnovabili danno un buon contributo, con gli sprechi attuali non lo daranno mai!

Capito che uno sviluppo energetico illimitato è un non senso, il costo delle rinnovabili non è più tale ma diventa una opportunità (di occupazione, di sviluppo tecnologico, di educazione, di cultura).

Sarebbe come dire: l'umanità è riuscita ad inviare sulla Luna una nave spaziale, non perché abbia banalmente investito tanto denaro e sostenuto dei costi, ma perché molte persone hanno lavorato d'ingegno affinché tutto ciò fosse possibile. Se fosse bastato del vile denaro per produrre un risultato come questo, avremmo dovuto comprare la tecnologia, che ne so, dagli abitanti di Giove, risparmiandoci tanti anni di costosi studi e di fatica intellettuale.

Insomma, il sunto è che esistono cose, come la sostenibilità e gli equilibri naturali, che oggettivamente non hanno prezzo, costano volontà politica e sacrifici, e pertanto in termini monetari non hanno nemmeno "costo".

La sostenibilità non ha prezzo, per tutto il resto c'è mastercard!

martedì 28 ottobre 2008

Secretata la commissione comunale sul caso Amadori

E' passato ben più di un anno da quando abbiamo accennato riguardo ai malori dei lavoratori Amadori. Non solo essi continuano a verificarsi, ma malgrado i ripetuti interventi all'interno dell'azienda ancora non si riesce a tirare fuori un ragno dal buco. E' dovuto nascere un nuovo comitato spontaneo di lavoratori per cercare di smuovere le acque e riuscire così a riproporre all'attenzione della giunta quello che oramai si appresta a diventare il "caso Amadori".

I numeri fanno accapponare la pelle, oltre 140 lavoratori vittime di malori e svenimenti, solamente due casi riconosciuti come malattia professionale dall'Inail. Amadori è intoccabile, la salute non è evidentemente una priorità.

Oltre il danno la beffa, come anche Stefano Severi fa notare nel suo articolo, proprio ora che la vicenda approda in consiglio comunale per una apposita commissione consiliare, si è deciso di secretare la commissione e renderla a porte chiuse, come se fosse un match calcistico al quale si prevedono orde di facinorosi ultras disturbatori della quiete pubblica. Voci di corridoio vedono invece Amadori chiedere alla giunta, sempre chinata a 90° quando si tratta di poteri forti, un vero e proprio diktat: "O si fa a porte chiuse oppure Amadori non viene".

Bene hanno fatto quindi i ragazzi del Meetup di Cesena a denunciare l'accaduto e scrivere al sindaco Conti, (l'articolo potete leggerlo nell'immagine soprastante), ciò non cambia però le cose, la commissione in barba ai regolamenti comunali è stata secretata tramite passaggio al voto dei consiglieri. La cosa è in effetti prevista dallo statuto, ma limitatamente a casi eccezionali e ben motivati da necessità di tutela della privacy.

Quale privacy si dovrà mai tutelare, dato che la composizione della commissione è già nota a tutti ? Fortunatamente, grazie ad una mediazione effettuata dai repubblicani di DiPlacido, si è riusciti ad includere nella commissione, pur secretata, il neonato comitato avicoop, sicuramente ben più attivo e motivato della triade dei sindacati confederati, che assai poco hanno fatto per inchiodare Amadori davanti alle sue responsabilità.

La commissione comunale a porte chiuse si riunirà pertanto Mercoledì 29 ottobre, alle ore 20:30.

Per quanto inibita la presenza fisica dei cittadini, il sindaco Conti non potrà certo sigillare una ad una le orecchie dei consiglieri e dei sindacalisti presenti, si prevede infatti una manifestazione piuttosto "rumorosa" sotto il loggiato comunale, come protesta per questa assurda quanto scandalosa mancanza di trasparenza e di democrazia. Queste cose non devono più succedere!

Questo è l'appello congiunto sottoscritto dalle varie associazioni presenti sul territorio:

Movimento Impatto Zero, Meetup di Cesena, Comitati “Lasciateci l’aria per respirare”e “Le Vigne”, Tavolo di Cesena, Clan-destino e Ass.Punto Zero di Forlì non approvano la convocazione a porte chiuse della Quarta Commissione Consiliare del Comune prevista per il 29 Ottobre. L’intento è quello di affrontare gli aspetti relativi ai malori dei lavoratori del Gruppo Amadori senza la presenza del pubblico e dei giornalisti. La decisione assunta - un vero e proprio precedente - rappresenta a nostro avviso una violazione della legalità (art.77, 2° comma dell’art. 21 del regolamento comunale) , una ferita profonda alla democrazia istituzionale. Infatti la legge e il regolamento per il funzionamento del Consiglio e delle Commissioni Consiliari prevedono che “le porte chiuse” possano essere invocate solo su questioni attinenti alla privacy delle persone: la vicenda in questione non rientra all’interno di questi vincoli a nostro avviso, ne è stata comunicata nessuna motivazione a riguardo. Il sindaco Conti, insieme a tutti i consiglieri, ha sempre invocato la trasparenza tra il Comune e la cittadinanza, per questo motivo i cittadini appartenenti alle associazioni di cui sopra non capiscono come un argomento così delicato di interesse pubblico (sicurezza sul lavoro e casi di malori dei lavoratori Avicoop) possa essere trattato in una commissione secretata. Da questa decisione si evince che gli amministratori della nostra città vogliono escludere i cittadini e i giornalisti dalla conoscenza diretta dei fatti e dalla partecipazione all’attività politico-amministrativa, per il timore di far nascere polemiche. La vicenda è drammaticamente significativa, il tutto fa supporre una complicità e un cedimento della politica dell’attuale maggioranza alle volontà del Gruppo Amadori: tenere tutto riservato ed evitare un confronto pubblico è un atteggiamento che, a nostro avviso, non favorisce la fiducia dei cittadini in vista delle prossime amministrative 2009. A questo proposito chiediamo che sia semplicemente applicata la legge già vigente e che le commissioni tutte (salvo i rari casi di cui sopra), siano pubbliche. Chiediamo inoltre che l’amministrazione si impegni concretamente a favorire la trasparenza, pubblicizzando sui quotidiani le convocazioni dei consigli e delle commissioni e permettendone anche la videoregistrazione, affinché siano accessibili a tutti (come già avviene per i comuni di Rimini, Riccione, Cattolica e Forlì). Sarebbe auspicabile che in futuro l’amministrazione coinvolgesse maggiormente le associazioni e i comitati alle scelte strategiche che riguardano la città e la salute dei cittadini.

Movimento Impatto Zero

Meetup di Cesena “Cesena s’ingrilla”

Comitato “Lasciateci l’aria per respirare”

Comitato “Le Vigne”

Tavolo Cesena

Clan-destino Forlì

Ass.Punto Zero Forlì

lunedì 27 ottobre 2008

Riciclo e buone pratiche, succede in Finlandia

Da noi ancora ci si arrabatta per fare due distributori in croce di latte sfuso, il vuoto a rendere obbligatorio è ancora pura utopia, mentre la raccolta differenziata, se mai si realizza seriamente, spesso fa da pane e companatico per gli inceneritori, se non peggio. Quando si leggono voci su come funzionano nelle piccole pratiche quotidiane paesi molto più attenti come la Finlandia, viene voglia di emigrare... Ecco alcuni esempi tratti dal blog personale del cesenate Stefano Severi, attualmente in Finlandia grazie al progetto Erasmus:

A fine pasto, in mensa, devi fare di nuovo la fila. Fai scorrere il tuo vassoio: prima incontri i bidoni dei rifiuti (ovviamente raccolta differenziata), quindi metti i piatti nell’apposito vassoio, poi c’è quello per le forchette ed infine per i bicchieri. L’addetto alle pulizie prende il vassoio e lo mette direttamente in lavastoviglie… bella vita!

I vuoti sono tutti a rendere, anche quelli di plastica. Se riporti al supermercato una bottiglia, ad esempio, di Batman Cola (la Conad Cola non c’è) da 1,5 litri di danno 40 centesimi, mentre una lattina di birra da 66 cl ne vale almeno 15. Il buon Giucas potrebbe farne un mestiere, quello di bere e riportare i vuoti.

sabato 25 ottobre 2008

Rifiuto Riduco Riciclo, diretta streaming da Gambettola



Sabato 25 Ottobre - La diretta Web TV partirà alle ore 17:30 per la diretta con Paul Connett e continuerà per la serata dalle ore 20:30 con gli interventi delle associazioni e un pubblico dibattito che verterà sui dati dell'emilia romagna e le buone pratiche di riduzione del rifiuto.

Domenica 26 Ottobre - La diretta Web TV partirà dal primo pomeriggio con gli interventi di Patrizia Gentilini, Raffaella Pirini, Stefano Montanari, Valerio Gennaro, sul tema "Inceneritori e discariche: La nostra salute in pericolo".

P.S. In playback la prima parte dell'intervento della dottoressa oncoematologa Patrizia Gentilini.

mercoledì 22 ottobre 2008

Convegno nazionale sui rifiuti a Gambettola

Nella stessa cornice che ha visto protagonista l'ultima edizione del convegno internazionale sulla decrescita felice, ovvero lo spazio Fabbrica a Gambettola (FC), si terrà Sabato 25 e Domenica 26 ottobre l'atteso convegno nazionale sui rifiuti, dal titolo "RIFIUTO: RIDUCO e RICICLO per vivere meglio"

L'evento vedrà la partecipazione di ospiti straordinari di livello nazionale e internazionale, fra i quali Paul Connet, Stefano Montanari, Gianni Tamino, Marino Ruzzeneti, Patrizia Gentilini e tanti altri.

Giovedì pomeriggio su VideoRegione alle ore 16 verrà intervistata la nostra Barbara Martini presidentessa del movimento MIZ per invitare tutti gli interessati a visitare il convegno, noi stessi saremo ospiti nella serata di Sabato per coordinare e gestire la parte del convegno che tratta specificatamente della situazione dei dati in Emilia Romagna, attraverso una forma innovativa di dibattito partecipato con il coinvolgimento diretto del pubblico in gruppi di lavoro autogestiti.

Il modello serale sarà diverso dal classico relatore-pubblico, attraverso un coinvolgimento diretto delle persone che saranno così invitate ad esprimersi per discutere assieme di pratiche sostenibili, compostaggio, idee per la gestione e riduzione dei rifiuti,in Emilia Romagna, il tutto in un ottica conviviale e collaborativa.

La parte serale del convegno è aperta a tutti e completamente gratuita. Sarà possibile seguire la sola parte serale del Sabato in diretta streaming su una serie di siti e blog selezionati, fra cui anche il nostro. Tanti altri dettagli sul convegno, il modulo per le prenotazioni, e il programma completo della kermesse potete trovarlo sul sito di MacroEdizioni, sponsor ed organizzatore ufficiale dell'evento.

martedì 21 ottobre 2008

20-20-20 L'italia dice NO

Come noto, l'Italia ha puntato i piedi in sede europea, trainando con se i paesi meno sviluppati, per contestare il famoso (famigerato) piano 20-20-20, che sarebbe in soldoni la necessità entro il 2020 di diminuire del 20% le emissioni, conseguendo il 20% come obiettivo di risparmio energetico e 20% di incremento delle energie rinnovabili. Il sig. B afferma che allo stato attuale il rapporto costi/benefici non è chiaro e il piano penalizzerebbe in maniera inaccettabile paesi come l'Italia molto forti sul lato manifatturiero, pertanto inevitabile divoratore di risorse.

Cerchiamo di ritornare tutti nell'alveo di un ragionamento corretto. A prescindere dall'area di pensiero nobile o illuminato di appartenenza, quello che mi preme stabilire è: il piano 20-20-20 è una sciocchezza oppure ha un qualche fondamento scientifico ?

E' pacifico che fenomeni come l'iper regolamentazione, una certa politica miope di incentivi, una tassazione non equilibrata, possa potenzialmente causare danni più grandi di quelli che sulla carta intenderebbe risolvere, però non dobbiamo nemmeno prenderci in giro fino a questo punto!

Intendo dire che non è possibile ogni volta utilizzare la legge come una coperta corta a seconda di chi si vuole riscaldare, quando nasce a tutela di qualche interesse viene sostenuta a spada tratta, quando solo rischia di lederne altri viene bistrattata all'inverosimile. Leggi del genere in materia ambientale, per quanto perfezionabili, hanno la caratteristica di ledere TUTTI gli interessi, perchè NESSUNO vuole realmente ridurre le proprie emissioni, così come nessuno vuole ridurre il PIL o peggio diminuire i consumi energetici (ad esso storicamente proporzionali).

Allora, il punto non è burocrazia si o burocrazia no, la riduzione delle emissioni è davvero indispensabile oppure, dato che siamo in recessione (se mai ne usciremo) è rimandabile ?

Pretendere di rinviare una decisione così cruciale solo per un mero conto della serva del rapporto costi/benefici, fra l'altro dettato da un problema congiunturale di crisi economica, mi sembra una stupidata colossale.

Occorre concentrarci sul capire se perseverando con lo sfruttamento attuale delle risorse andremo verso il disastro oppure no, perché se mai questo disastro arriverà, sappiate che quisquilie come la democrazia (e la burocrazia) passeranno completamente in secondo piano, sull'onda della devastante crisi sociale causata da un mondo non più in grado fisicamente di sostenerci tutti, agli attuali ritmi di crescita dei consumi. Il problema va anche al di la della crescita dei mari di qualche metro, per il quale basterebbe evacuare qualche centinaio di milioni di persone e costruire qualche milione di palafitte... il concetto è, siamo disposti a correre il rischio e i costi futuri di uno sconvolgimento climatico globale ?

Ridurre le emissioni, va fatto oppure no ? Oppure meglio difendere le nostre rendite finanziarie e spendere i nostri soldi sani in un mondo malato ? Secondo il mio parere ne vale la pena, siamo di fronte ad un immenso esperimento a scala globale dalle conseguenze incerte e dai rischi altissimi, in cambio di un bel po di carta che chiamiamo volgarmente soldi possiamo comprarci una assicurazione sul nostro futuro, e migliorare al contempo la salute dei cittadini.

lunedì 20 ottobre 2008

Il matrimonio di HERA non s'ha da fare

Poco se ne parla, ma i vertici di Hera hanno da poco ricevuto una delle loro più grandi sdentate, vedendosi naufragare i loro pomposi piani di fusione societaria che avrebbero visto l'influenza di Hera allargarsi ben al di la della regione Emilia Romagna. Il grande matrimonio fra la multiutility nostrana e IRIDE (piemontese) + ENIA (emiliana) non si farà. Anzi, oltre alla beffa il danno, dato che i due partner "strategici" pare abbiano stipulato un accordo fra di loro, lasciando Hera mazziata ed abbandonata.

Non è da oggi che da più parti del territorio cesenate e romagnolo si levano critiche e perplessità sul rapporto tra Hera e i Comuni che ne costituiscono la compagine sociale, ingabbiati nel doppio ruolo di controllori e controllati e incapaci pertanto di incidere concretamente sulle politiche aziendali. In questo clima di incertezza, Hera ha pensato bene di lanciarsi sull'alta finanza e cercare operatori in grado di sorreggere il proprio piano industriale, sempre più minacciato da amministrazioni riottose che "disturbano" con richieste fastidiose tipo il "porta a porta", o politiche idriche/energetiche più eque.

Il sindaco uscente Giordano Conti (ora lautamente pagato da Hera con un posto d'oro guadagnato a seguito dell'ottimo lavoro di tutela svolto), sarà sicuramente arrabbiato per l'accaduto, in varie occasioni lo si è sentito accalorarsi in contrasto con il sindaco di Reggio Emilia, Graziano Delrio, considerato a torto o a ragione come il principale responsabile della mancata fusione.

Riguardo ad Hera, forse non ci si rende conto che proprio questa sua "debacle" potrebbe rappresentare nella lunga distanza la sua fortuna. In periodi di crisi economica come quelli attuali la storia contemporanea ha dimostrato ampiamente che i primi a rimetterci sono e saranno proprio i giganti dai piedi di argilla, dalle dimensioni sproporzionate rispetto alle reali necessità della collettività e del territorio su cui operano.

Una Hera non artificialmente ingigantita dalla finanza, pur già oggi comunque ipertrofica, riuscirà a mantenere auspicabilmente la flessibilità necessaria per modificare alcune sue scelte strategiche rivelatasi sbagliate ed assecondare meglio le necessità dei cittadini. Tanto per parlare chiaro, la fusione di Hera ed il consolidamento del suo piano industriale avrebbe chiuso la porta completamente ed irrimediabilmente sia verso il ruolo di controllo delle "piccole" amministrazioni locali che riguardo qualsiasi possibilità di introdurre sviluppi politici virtuosi come la raccolta domiciliare dei rifiuti. Evidentemente Hera è convinta che l'aumento di capitale necessario per le fusioni sarà garantito senza grossi problemi dai continui rincari delle tariffe ai danni dei cittadini.

La recente crisi economica ha quasi dimezzato infatti il valore delle partecipazioni pubbliche in Hera; se a ciò aggiungiamo che, prima o poi, la liberalizzazione dei servizi giungerà con tutta la sua forza destabilizzatrice (nel 2011), mettendo in seria difficoltà chi si troverà a dover valutare le ipotesi di aumenti di capitale per rimanere sul mercato senza averne i mezzi, lo scenario è veramente preoccupante.

Di tutto questo nella stampa non si parla, a parte le continue lagnanze di coloro che hanno partecipato a questo gioco delle fusioni per scoprire di esserne rimasti esclusi sul più bello.

Fonte: Corriere Bologna

domenica 19 ottobre 2008

Lavoratori precari senza protezione

Marco Biagi, nel suo “Libro Bianco”, scriveva che una delle priorità per riformare il mercato del lavoro era proprio «disporre anche in Italia di un nuovo assetto della regolazione e del sistema di incentivi e ammortizzatori, che concorra a realizzare un bilanciamento tra flessibilità e sicurezza».

Dato che è defunto e pertanto non può reagire, non protesterà notando quanto si sta facendo scempio dei suoi reali intendimenti, in chi cerca di utilizzare solo una parte del suo lavoro. Di sicuro si è raggiunto ampiamente il risultato dell'incremento della flessibilità, grazie soprattutto ai contratti atipici (in realtà già previsti in forma simile dal passato pacchetto Treu, quello dei CO.CO.CO), ma ignorando completamente quegli ammortizzatori sociali che avrebbero fatto da contrappeso ai pericoli di instabilità e insicurezza del mercato del lavoro, così come lo stesso Biagi voleva.

E' per questo che mi indigno contro coloro che, al solo sentire critiche sull'attuale regolamentazione del lavoro precario, ribattono che "così si infanga la memoria del povero Biagi". Mi verrebbe voglia di rispondere... Mavafff!

Oggi che l'economia sta andando a picco e che il tanto decantato capitalismo sta crollando come un castello di carte a causa della globalizzazione dei mercati, che ne sarà della enorme massa di precari che rappresentano il presente di tanti giovani ? Ci sarà abbastanza liquidità e crescita per assumerli tutti ?

Penso proprio di no! ... Rimane sempre San Precario.

sabato 18 ottobre 2008

La natura come soggetto di diritto giuridico

L'ecuador, con l'elezione del presidente progressista Rafael Correa, è riuscito in un impresa che non ha eguali nel resto del mondo, sancire all'interno della nuova costituzione del 2008 la "madre terra" (pachamama in lingua tradizionale queqhua) come soggetto di diritto giuridico.

Afferma infatti l'articolo 71:

«La natura (o Pacha Mama) dove si riproduce e si realizza la vita ha il diritto che si rispetti integralmente la sua esistenza e il mantenimento e la rigenerazione dei suoi cicli vitali. Tutte le persone, comunità popoli ... potranno esigere dall'autorità pubblica il rispetto di diritti della natura.»

Se è stato già proposto di includere la salute dell'ambiente tra i diritti umani, gli Ecuadoriani si spingono ancora più in là, riconoscendo la natura stessa come soggetto di diritti e dando agli individui e alle popolazioni la possibilità di intervenire per difendere il diritto all'integrità della natura, anche quando i loro propri diritti non fossero minacciati.

Credo che si tratti di qualcosa di assolutamente inedito nella storia del diritto. E' un principio di non facile interpretazione che necessiterà naturalmente di leggi applicative che possano definire meglio cos'è l'integrità della natura e in quale modo sia possibile difenderla.

Fra i principi fondanti della nuova costituzione si possono trovare:

  • il diritto all'acqua (art. 12) e il divieto della sua privatizzazione
  • il diritto alla sovranità alimentare (art.13)
  • Il diritto a vivere in un ambiente sano e ecologicamente equilibrato che garantisca la sostenibilità. (art14)
  • lo Stato promuoverà l'uso di tecnologie "pulite" e di energie alternative a basso impatto ambientale. Saranno vietati gli impieghi di contaminanti organici persistenti, rifiuti tossici e OGM (art. 15)
Se proprio lo "psiconano" intendesse rimaneggiare la costituzione (anziché riproporre in forma definitiva il vergognoso Lodo Alfano), meglio farebbe ad aggiungere articoli importantissimi come questi, acqua pubblica, ambiente come soggetto detentore di diritti inviolabili, tecnologie pulite e rispettose della natura. Sicuramente queste cose non saranno così importanti come i suoi processi, ma almeno darebbe la parvenza di pensare da statista anziché da piazzista.

Tratto da: Eco Alfabeta

venerdì 17 ottobre 2008

Catastrofe annunciata o nuovo rinascimento ?

Crisi finanziaria ? Borse che crollano ? Non preoccupatevene troppo:

In una prospettiva più lunga, il declino energetico sarà il fattore determinante nel destino della nostra civiltà, non una crisi monetaria o del debito. - Richard Heinberg

Il picco del petrolio è già dietro di noi, la crisi dei mercati finanziari non potrà che avere un effetto dirompente sugli investimenti necessari per recuperare il "petrolio difficile" (quello facile e a basso costo è già oggi bello che finito). La crisi finanziaria non ha fornito altro che la scusa per tagliare finalmente la produzione di petrolio. La recessione, sta riuscendo al posto dei prezzi alti nello scopo di distruggere la domanda di greggio che non potrebbe comunque essere evasa in quanto limitata dal picco attuale di produzione. Pertanto, la mia analisi da profano (non da profeta), lasciata oggi ai posteri, mi induce a pensare questo:

Il prezzo del petrolio scenderà un bel po, poi saranno tagliate drasticamente le produzioni di greggio dei paesi OPEC per sorreggerne il prezzo, anche allo scopo di favorire gli investimenti necessari per trivellare il petrolio "difficile", magari in Alaska o in Canada. Non ne arriverà (assai probabilmente) a sufficienza per fare ripartire in pieno l'economia, la quale attualmente ha subito una specie di arresto cardiaco a causa della crisi finanziaria. Pertanto, prepariamoci fra qualche annetto ad una recessione perenne e al prezzo del petrolio che sale, sale, sale, sale, sale....

Suvvia, lo dice anche Tremonti.

Tutto questo arriverà alle strette finali all'incirca quando le tre grandi tematiche che preoccupano il mondo, rispettivamente crisi petrolifera, crisi del capitalismo, crisi climatica ed ambientale, confluiranno al bivio. La data in cui ciò accadrà dovrebbe collocarsi, guardacaso, attorno al 2012. Cosa succederà dopo non mi è dato sapere, ma non sarà piacevole in ogni caso. Già da oggi sento crescere come un riccio nelle mutande.

...bzzz... catastrofic mode off

Il mondo imparerà presto che esistono economie solidali basate sul concetto di bene e non di merce. L'ambiente diventerà soggetto giuridico dotato di diritti inviolabili riconosciuti a livello mondiale. Si riscopriranno lavori utili che si pensava dimenticati dal tempo.

Avverrà una deregolamentazione totale sia fiscale che legislativa in maniera da liberare il mercato del lavoro di sussistenza dal condizionamento e controllo delle lobby di categoria. Riscopriremo il valore del mutuo soccorso e l'auto produzione di beni e servizi essenziali. Varrà istituito il ministero della decrescita.

Si investirà pesantemente sulle fonti di energia alternative, solare, eolico, fusione nucleare di nuova generazione, al punto da realizzare una incredibile e ciclopica nuova infrastruttura, l'internet dell'energia, di modo che ognuno possa generare elettricità e calore quando ne ha bisogno e cedere la propria eccedenza in rete.

La guerra verrà dichiarata illegale. La popolazione mondiale si ridurrà dolcemente e spontaneamente a due miliardi di persone permettendo l'utilizzo di una agricoltura sostenibile non basata sul petrolio. Il mondo attraverserà un periodo di nuovo rinascimento.

Esistono secondo voi alternative diverse rispetto ai due scenari sopra esposti ? Quale dei due scegliereste per i vostri figli ?

giovedì 16 ottobre 2008

Meglio ridurre il rifiuto oppure aumentare la RD ?

In questo interessantissimo e ben documentato articolo di Terenzio Longobardi Ridurre o differenziare i rifiuti, si analizza l'effetto relativo comparato che si avrebbe adottando politiche di riduzione alla fonte degli imballaggi piuttosto che politiche di incremento della raccolta differenziata. La tesi in breve parte dalla constatazione che abbiamo raggiunto una sorta di PICCO dell'imballaggio, vuoi grazie alla recessione economica, vuoi per il fatto che imballare le merci più di così è oramai impossibile, pertanto se ne deduce che (alla luce della situazione consultiva attuale fornita dagli enti di monitoraggio) la via di incrementare il riciclo appare più promettente che il ridurre il solo imballaggio alla fonte, a parità di effetto voluto. Ciò indicherebbe un diverso ordine di priorità, che vedeva classicamente la riduzione alla fonte come preferibile.

Mi sento in parziale disaccordo con le conclusioni dell'articolo, secondo il quale una politica di riciclaggio (almeno degli imballaggi) è preferibile rispetto ad una politica di riduzione alla fonte.

Facendo riferimento ai dati APAT limitati alla regione Emilia Romagna, si scopre ad esempio che malgrado un aumento negli ultimi 10 anni della RD dal 10% al 40%, la produzione dei rifiuti è comunque aumentata da 2,2 milioni di tonnellate a 3 milioni di tonnellate in totale, lasciando la quota smaltita in discarica pressochè inalterata negli ultimi 5 anni. Ciò è dovuto a molteplici fattori, primo fra tutti il fatto che la RD spesso è gonfiata grazie agli assimilati, oltre al fatto che non tutta la RD viene effettivamente riciclata (i sovvalli tornano in discarica o vengono inceneriti).

Pertanto oggi in Emilia Romagna, regione virtuosa, si raccoglie il 40% di RD ma in discarica arriva pressochè uguale a prima, poiché l'aumento annuale di produzione "mangia" più o meno esattamente l'incremento di efficienza avuto nella RD.

Ora, sappiamo che passare dal 10% al 30% di RD è senz'altro più facile e meno costoso che passare dal 40% al 60%, prevedo pertanto che oltre a un PICCO della produzione dei rifiuti ci sarà un PICCO nella percentuale media di raccolta differenziata.

Ergo, se non riduciamo i rifiuti alla fonte non riusciremo a ridurre in futuro ciò che realmente importa, cioè lo spreco energetico dovuto alle discariche ed agli inceneritori. In altre parole, ammesso e non concesso che oggi, in termini di spesa e risultato atteso, risulti più efficiente lavorare sulla RD, da domani ciò potrebbe non esserlo più. Sicuramente non lo sarà mai perseguendo politiche industriali rigide come quelle che propone oggi Hera, le quali difficilmente senza ricorrere alla raccolta domiciliare riusciranno a superare il 50% di raccolta differenziata, non importa quanto investimento in denaro si possa fare su di essa.

La priorità deve essere pertanto RIDUZIONE FIRST! Accompagnata da politiche di raccolta domiciliare a bassa intensità di capitale ed alta intensità di manodopera, come il porta a porta appunto.

mercoledì 15 ottobre 2008

Forlimpopoli è soddisfatta del Porta a Porta


Venerdì 10 ottobre è uscito l'atteso studio commissionato alla Segest riguardante la "customer satisfaction" degli utenti nei riguardi del sistema di raccolta rifiuti "Porta a Porta". Sono passati quasi due anni dalla sua introduzione, i risultati ambientali ed economici parlano da soli, mancava solamente l'avvallo della cittadinanza, infatti ...

L'89% dei forlimpopolesi si è dichiarato soddisfatto del nuovo sistema e non tornerebbe indietro.

Ora attendiamo, come conseguenza delle dichiarazioni di Bulbi presidente della provincia, che il sistema sia finalmente allargato al Ronco e al quartiere Oltresavio di Cesena, essendo realtà confinanti. Già temiamo che Hera, la quale ha sempre visto di cattivo grado questo sistema di gestione, salterà fuori con qualche proposta bislacca del tipo "cassonetto di prossimità", qualsiasi cosa, pur di annacquare il sistema e farlo ricadere nuovamente nell'alveo di una gestione industriale senza alcuna responsabilità per il cittadino. Noi invece desideriamo che i cittadini diventino responsabili del rifiuto che producono, adottando il porta a porta, oppure un sistema simile a quello di Friburgo. Ciò è indispensabile non tanto per garantire una alta quota di raccolta differenziata quanto per ridurre la produzione di rifiuto alla fonte.

Hera afferma che il porta a porta non consente economie nei costi, in realtà non permette al gestore di guadagnare abbastanza, data la necessità di impiegare più manodopera attraverso cooperative sociali in subappalto. I cittadini della città artusiana sembra abbiano invece accettato il nuovo sistema e non abbiano lamentele sul servizio, il sindaco ZPaolo offoli ha sicuramente guadagnato un prestigio personale davvero invidiabile, tale da garantirgli una sicura rielezione.

Di questi ed altri fattori, non si potrà più non tenere conto, se il PD ha orecchie per ascoltare è conveniente che cominci finalmente a farlo.

martedì 14 ottobre 2008

Avviata la campagna del MIZ contro la brutta legge regionale sui mercatini

Domenica scorsa abbiamo partecipato alla manifestazione commercianti per un giorno di Forlì, (pagando la non modica cifra di 60€ per una misera piazzola quasi priva di servizi!). Allestito lo spazio a noi assegnato, abbiamo provveduto a vendere parte delle nostre vecchie cose inutilizzate (rigorosamente usate!). Ci siamo sbarazzati di un enorme acquario che marciva in terrazza, una macchina del caffè funzionante che stava a prender polvere in garage, una stampante destinata a finire in discarica ... e tanti altri piccoli oggetti dal bassissimo valore residuale.

Questo per dirvi che questi mercatini sono una vera ricchezza per la collettività, la merce ritorna in circolo e viene davvero riusata, la gente ha poco da spendere in questi tempi di grave crisi economica, non è più in grado di sostenere inutili consumi ricorrendo al credito, niente di meglio allora dei mercatini per risparmiare qualcosina e togliersi pure qualche sfizio, pur assediati dai mutui rampanti e dai debiti...

Quel fenomeno per cui anche se non ho i soldi in tasca li prendo a prestito e li spendo per cose inutili: così l'economia gira, e non importa se gira a vuoto, per cose che in realtà non servono a nessuno. Grazie a questo i soldi si moltiplicano da soli. E chi oggi è in debito domani pagherà...

Anzi, stiamo già pagando per i debiti che non sapevamo neanche di avere, ecco perché i mercatini dell'usato rappresentano una importantissima valvola di sfogo provvidenziale per tutta quella "sub-economia" marginale che oggi non è ancora di sussistenza, ma un domani rischierà inevitabilmente di diventarlo.

Incombe su tutto ciò una proposta di legge assurda (ne abbiamo già parlato QUI) che vuole limitare (con la pretesa di regolamentare) eventi come i mercati hobbistici. Considerati alla stregua di commercianti, chi svolge per hobby e saltuariamente questa attività ne verrà duramente colpito, i veri professionisti del settore invece (assai spesso commercianti mascherati) sopravviveranno tranquillamente. Coloro che vogliono solo vendere in sicurezza e direttamente le proprie cianfrusaglie usate saranno forzati a non parteciparvi più e buttar pertanto via tutto in discarica (salvo qualcosa su eBay), alla faccia di incentivare la raccolta differenziata.

Così ci siamo mobilitati:

In occasione dell'evento fiera abbiamo distribuito un volantino per spiegare cosa stanno per approvare in regione, solo pochissimi sapevano di cosa stavamo parlando! Parecchi erano increduli, altri ancora dichiaravano che se fosse passata davvero una legge in questi termini non avrebbero più voluto partecipare ai mercatini. Una persona ha addirittura dichiarato che aveva partita iva e che non sarebbe per lui cambiato niente (forse proprio un commerciante mascherato da hobbista) dato che poteva permettersi la tessera, ed anzi, era contento perché a parer suo avrebbe avuto molti meno venditori attorno a dargli fastidio!

Abbiamo raccolto qualche centinaio di firme di protesta (glissando sulle ire degli organizzatori, che volevano impedircelo), le useremo per spedire una bella lettera alla regione Emilia Romagna nonché al relatore della legge stessa, tale Paolo Nanni consigliere regionale, che tra l'altro è un portavoce del Meetup di Bologna, affine quindi ad un pensiero che sulla carta dovrebbe essere diametralmente opposto a quello che la legge vorrebbe portare: la cura esclusiva dei legittimi interessi dei commercianti ambulanti.

Queste sono state le dichiarazioni di Paolo Nanni oltre un anno fa a proposito della legge in oggetto.

Lasciatemi intendere, non siamo certo contrari al fatto che una norma che regoli il settore esista, la regione Veneto ad esempio ne hanno una anche se meno restrittiva, ciò a cui siamo contrari è l'equiparazione degli hobbisti a commercianti. ignorarne completamente la loro valenza sociale ed ecologica, bastonarli perché considerati da Confcommercio e Confesercenti esclusivamente fonte di concorrenza sleale.

La legge dovrebbe sancire l'obbligo di distinguerli, non quello di punirli, anche la legge già esistente in Veneto va purtroppo a nostro avviso nella direzione sbagliata.

Se voglio vendere il mio vecchio mobile in una zona appositamente adibita e protetta, non voglio essere considerato in concorrenza con un negozio di antiquariato. Se il negozio stesso allestisce poi anche il banchetto al mercatino per disfarsi dei suoi invenduti, quella si che è concorrenza sleale, ma dei commercianti verso i veri hobbisti, ai quali non viene riconosciuto un diritto fondamentale, quello di recuperare qualche euro dal materiale vecchio di sua proprietà, senza scopo di lucro ma per pura passione e senso dell'ambiente.


P.S. L'immagine è generica e non scattata a commercianti per un giorno

lunedì 13 ottobre 2008

Mercatino dell'usato di Friburgo


Il mercatino dell'usato all'interno delle stazioni ecologiche di Friburgo è una attività da valutare con attenzione e possibilmente da imitare anche nel nostro territorio. Organizzazioni analoghe nella nostra zona le troviamo nell'esperienza del gruppo Mani Tese a Faenza, oppure nel Campo Emmaus a Cesena. La differenza sostanziale consiste nel fatto che, come nel caso di Friburgo, l'attività non è privata ma pubblica e gestita direttamente all'interno della stazione ecologica di raccolta degli ingombranti e dello stoccaggio della raccolta differenziata.

Gli operatori ecologici del comune, in virtù del servizio di sgombero cantine o conferimento di ingombranti, decidono se il materiale può essere utile come rivendita, allestendo un vano in cui i cittadini possono (pagando una modesta quota di ingresso) girare per cercare materiale di loro interesse, pagato a prezzo simbolico (foto 1, 2, 3, 4). Una simile integrazione con le isole ecologiche si svolge in Italia, che io sappia, solo a Sesto fiorentino in Toscana, ne abbiamo parlato in un precedente articolo.

I mercatini dell'usato come frutto di associazioni di volontariato sono realtà già esistenti ma generalmente piccole e limitate territorialmente, certamente assai più ridotte rispetto a grandi aziende franchising tipo "Il Mercatino", già diffuso capillarmente sul territorio nazionale, che però ricarica notevolmente una quota di giusto compenso sul valore della merce venduta. Una gestione pubblica coadiuvata in tutto o in parte dal volontariato ed ubicata direttamente nelle stazioni ecologiche avrebbe notevoli vantaggi:

  • Diffusione pianificata e capillare sul territorio
  • Sinergia con gli impianti di trattamento e recupero della differenziata
  • Nessuno scopo di lucro (nei mercatini privati il 50% o più del valore del bene venduto rimane al gestore come profitto di impresa)
  • Nessun obbligo di tesseramento come venditore o acquirente
  • Minore inquinamento dovuto a viaggi di trasporto presso altre sedi di smistamento
  • Possibilità di offrire lavoro a categorie svantaggiate o protette
  • Risparmio per il cittadino e per le persone indigenti
  • Notevole incremento del riuso dei materiali
  • Minore conferimento in discariche ed inceneritori
  • Aumento della quota imputabile di raccolta differenziata

Sarebbero infinite le ragioni per preferire una pianificazione dei mercatini all'interno delle isole ecologiche anziché presso soggetti commerciali terzi, non da ultimo la possibilità di prepararsi, in caso di forte recessione e crollo dell'economia, di fronte all'eventualità che il nuovo clima di "austerity" renda necessaria le spigolatura dei rifiuti.

domenica 12 ottobre 2008

Il progetto Better Place, finalmente liberi dal petrolio?

Wired, un famoso mensile americano che tratta di come la tecnologia influenzi la cultura, l’economia e la politica, ha dedicato la copertina del suo ultimo numero a Shai Agassi (nella foto) con questo titolo: “Il piano di un uomo audace per cambiare il modo di guidare del mondo”. Il suo piano consiste nella creazione di un network di auto elettriche autonome che usino la tecnologia già disponibile nel mercato, con l’obiettivo di assicurare un trasporto sostenibile, indipendenza energetica globale e libertà dal petrolio.

La sua idea è in sostanza diffondere l'auto elettrica come se fosse un telefonino, cioè con le stesse modalità con cui si diffondono i telefonini, ad esempio la creazione di oggetti che fungano da status symbol e la loro immediatezza e semplicità d'uso. Analogamente a quanto già avviene con i telefonini, la strategia di marketing prevede infatti che l'auto sia gratuita, mentre il pagamento avverrebbe al consumo di energia, attraverso una rete infrastrutturale capillare di colonnine di ricarica predisposte. E' una idea folle e visionaria, pertanto potrebbe davvero funzionare!

Per il progetto "Better Place", di cui Agassi è fondatore e amministratore delegato, c’era bisogno di intervenire ora, con la tecnologia a disposizione. Produrre motori ad idrogeno con celle a combustibile è considerata ancora troppo latente, mentre le macchine ibride non sono considerate come una vera e propria alternativa in quanto basano il loro uso, anche se in una minore quantità, sul petrolio e quindi non ci rendono realmente indipendenti da esso.

Better Place insieme a partners di tutto il mondo - come costruttori di auto, fabbricanti di batterie, compagnie di energia e governi - ad oggi ha già la capacità di costruire un network di auto elettriche. Il sistema si basa su colonnine di ricarica, da collegare alle batterie elettriche dell'auto, in zone strategiche come posti di lavoro, parcheggi, ristoranti o abitazioni, in modo da fornire una costante ricarica per le batterie e garantire un’autonomia di circa 160 km.

Quando vengono effettuati viaggi più lunghi di 160 km apposite aree di servizio assicurano un cambio di batteria; queste aree, completamente automatizzate, assicurano un cambio di batteria rapido (più veloce di un normale pieno di benzina) e senza dover scendere dall’automobile.

Better Place cerca in questo modo anche di risolvere il problema dell’energia rinnovabile perduta in quanto non immagazzinata, sfruttando i momenti in cui vi è un surplus di produzione come nelle ore serali per accumulare l’energia nelle batterie.

Israele e Danimarca hanno già affermato che parteciperanno al progetto e saranno le prime due nazioni ad aderire sebbene per motivi diversi: politici (non dipendenza dal petrolio nel primo caso) e di politica energetica (elevata dipendenza da energia eolica nel secondo). Ora sono ben accetti tutti gli altri paesi che vogliano fare parte di questo vantaggioso progetto nel quale sono direttamente coinvolte anche la Renault e la Nissan, che ovviamente forniranno le autovetture.

Naturalmente tutto ha un senso fino a quando l’elettricità viene prodotta con fonti rinnovabili, ed è proprio questa la direzione – visto che per quanto riguarda la fase dell’uso una soluzione è stata ora trovata – che i vari governi dovrebbero seguire.

Fonte: BuoneNotizie.it

sabato 11 ottobre 2008

Rete4 è abusiva, deve essere chiusa

Lo sapevate vero che dal 1994 Rete4 trasmette abusivamente sul territorio nazionale ? Nel 1999 perse addirittura il diritto alla concessione pubblica delle frequenze! Salvata in extremis prima dal famoso decreto salva rete4 nel 2003, poi dalla Legge Gasparri nel 2004, siamo ora finalmente alla stretta finale, dove il consiglio di stato dovrà deliberare quanto già deciso dal tribunale europeo: "Rete4 è illegittima". Le frequenze occupate abusivamente da rete 4 devono essere riconsegnate al legittimo proprietario Francesco Di Stefano, al fine di trasmettere su tutto il territorio nazionale il segnale di Europa 7. Claudio Messora ha intervistato Di Stefano sull'evolversi della sentenza:

Intervista a Francesco Di Stefano - Parte Prima
Intervista a Francesco Di Stefano - Parte Seconda


Update: Ecco la sentenza del 2002 della corte costituzionale dove si decreta che rete4 è illegale

venerdì 10 ottobre 2008

In via di approvazione la nuova legge sugli agriturismi

Da almeno un paio d’anni si parla di riforma nel settore degli agriturismi: da una parte c’è chi li critica in quanto ritenuti ristoranti privilegiati che non pagano le tasse, dall’altro sono indicati come virtuose aziende agricole che possono fornire pasti sani ottenuti con i loro prodotti aziendali più eventualmente ricettività turistica con qualche posto letto.

A questo proposito la Regione Emilia Romagna, spinta dalle associazioni dei ristoratori i quali cominciano a vedere negli agriturismi una reale minaccia alle loro redditività, ha avanzato delle proposte di modifica dell’attuale legge. Naturalmente, le nuove norme per gli agriturismi saranno all’insegna della “tradizione, tipicità, e valorizzazione dei prodotti dell’agricoltura dell’Emilia- Romagna”. E’ questo infatti il titolo del nuovo progetto di legge per una disciplina degli agriturismi, approvato dalla Giunta regionale, che punta a “promuovere la qualità e la ruralità degli agriturismi della regione - spiega l’assessore all’agricoltura Tiberio Rabboni - con la convinzione che la loro caratterizzazione e distintività del tipo di offerta sia il punto di forza del settore”.

L'auspicio è che la regolamentazione del settore non spinga ad una eccessiva burocratizzazione dell'attività degli agriturismi. Da questo punto di vista l'intervento mediativo della legge regionale assomiglia come analogia a quanto sta succedendo per i mercatini hobbistici, con leggi ambigue che formalmente valorizzano il settore, mentre nei fatti servono a salvaguardare le rendite di posizione degli operatori tradizionali.

Il testo, in discussione all’Assemblea legislativa in questo periodo, prevede comunque vincoli più stringenti per garantire la qualità, controlli e sanzioni, incentivi per aumentare la ricettività delle strutture e promuovere la produzione agroalimentare regionale tipica.

“L’attività degli agriturismi è complementare a quella agricola”, sottolinea Rabboni. “Le nuove norme, nelle quali abbiamo tenuto conto di tutti gli interessi in gioco e del punto di vista delle associazioni di categoria, puntano a incentivare le scelte di qualità e la caratterizzazione dell’offerta agrituristica”. E' il solito burocratichese che significa "finora gli agriturismi sono stati troppo avvantaggiati fiscalmente rispetto ai ristoranti convenzionali, non possiamo ignorare gli interessi degli altri soggetti economici in concorrenza, è ora di dare un giro di vite al settore". Vediamo in dettaglio come si articola la legge:

Il titolare dell’azienda agrituristica in Emilia-Romagna dovrà essere un agricoltore e dedicare il numero maggiore di giornate lavorate all’attività agricola. Le strutture potranno essere create solo all’interno di edifici già esistenti. L’80% dei prodotti utilizzati per i pasti dovranno provenire dallo stesso agriturismo, da aziende agricole del territorio o essere composto da prodotti regionali a marchio controllato (doc e dop); e anche per la restante quota pasti e bevande dovranno provenire preferibilmente da artigiani alimentari della zona e riferirsi alla tradizione regionale.

L’attività di ristorazione non potrà superare la media mensile (e non più annuale) di 50 pasti giornalieri. Tale limite potrà essere elevato di due pasti aggiuntivi per ogni camera o piazzola presente nell’agriturismo, per incrementare la presenza di turisti e le occasioni di soggiorni nel territorio. Sono resi obbligatori nel triennio e più stringenti i controlli di Province e Comuni per verificare il possesso e la permanenza dei requisiti soggettivi e produttivi. Per chi non rispetta le regole sono previste multe.

La nuova disciplina incentiva la qualità attraverso la promozione dei club di eccellenza, dando loro la priorità nell’utilizzo delle risorse pubbliche regionali e comunitarie. I club potranno essere costituiti volontariamente dagli agriturismi che si impegnano a rispettare particolari disciplinari qualitativi (relativi alle caratteristiche architettoniche degli edifici, ai menù offerti, alla prevalenza di materie prime aziendali, ai servizi di accoglienza). Per esercitare l’attività agrituristica sarà sufficiente presentare al Comune e all’Ausl una dichiarazione di inizio attività.

Al 31 dicembre 2007 in Regione sono attivi 809 agriturismi che dispongono di 6544 camere e somministrano complessivamente 3.173.652 pasti annui.

Fonte: Corriere Cesenate

giovedì 9 ottobre 2008

Carlo Rubbia, il nucleare del futuro

Il nucleare suscita da sempre sentimenti contrastanti, grandi paure e facili entusiasmi, il prof. Carlo Rubbia ha una sua visione personale della vicenda. Il nucleare non deve essere un tabù ma una risorsa che l'umanità ha a disposizione, se allo stato attuale non siamo in grado di garantirne la compatibilità ambientale e la sicurezza questa è una questione tecnologica e scientifica, non filosofica o morale. Sono convinto che nell'immediato futuro il solare e soprattutto l'eolico rappresenti l'unica strada percorribile in grado di dare risultati in tempi certi, sono convinto però anche che la ricerca non vada fermata, nemmeno sul nucleare. Esistono infatti tecnologie ancora da esplorare che permetterebbero di avere i vantaggi dell'atomo (nessuna emissione di CO2, alta potenza specifica, affidabilità) senza averne i relativi svantaggi (produzione di scorie, combustibile non rinnovabile, pericolo di incidenti e contaminazione).

La soluzione, a detta di Rubbia, si chiama TORIO, materiale sicuramente molto più abbondante sulla terra dell'uranio naturale ed al contempo capace di produrre scorie fissili enormemente meno pericolose. La ricerca su questo nucleare di nuova generazione è purtroppo ancora molto indietro, solo l'india sta perseguendo un programma scientifico in questo campo, dato che dispone delle maggiori riserve mondiali di questo materiale. Il prof. Carlo Rubbia è tuttora un pioniere in questo campo, tanto che la sua macchina concettuale è stata dai più soprannominata "rubbiatron", una sorta di amplificatore di energia:

scaglia protoni altamente energetici contro un bersaglio di piombo. Il turbinio di neutroni così prodotto è poi diretto verso un nucleo di torio (Th-232). Sotto la pioggia di neutroni, il torio-232 si trasforma in uranio-233, il combustibile nucleare vero e proprio, che si disintegra liberando energia. A differenza del combustibile tradizionale uranio-235, la disintegrazione dell’uranio-233 produce solo quantità infinitamente piccole delle sostanze di scarto nettunio e plutonio.


Il messaggio del prof. Rubbia però è chiaro: accanto a tutte le scelte che il Governo vorrà effettuare chiede che sia presa in considerazione l’ipotesi di dirottare alcune risorse proprio alla sua ricerca e alla sua sperimentazione. Ma evidentemente, il messaggio è finito nelle mani sbagliate.

mercoledì 8 ottobre 2008

Capannori sarà nel 2020 a rifiuti zero


Alessio Ciacci, il giovane assessore all’ambiente del Comune di Capannori (45mila abitanti suddivisi un 40 frazioni), racconta la sua strategia per raggiungere l'ambizioso risultato di una gestione futura a rifiuti zero. Nel marzo di quest’anno Capannori ha raggiunto l’82% di raccolta differenziata e intende superare questo record, giungendo entro il 2020 a chiudere definitivamente sia discariche che inceneritori. Utopia ? Forse... oppure un modello virtuoso da seguire. Vedremo a consultivo come evolverà l'esperienza, nel frattempo facciamo i migliori auguri al coraggio di Alessio, ricordando che "rifiuti zero" è possibile anzi necessario!

martedì 7 ottobre 2008

Esiste davvero lo sviluppo sostenibile ?

Ricercando con Google il termine "sviluppo sostenibile" si trovano quasi tre milioni di occorrenze in italiano e quasi 40 milioni in inglese. E' quindi un concetto che oggi "va per la maggiore": tutti ne parlano, tutti ne scrivono, sugli scaffali dei supermercati è persino arrivato qualche mese fa un "caffè sviluppo sostenibile"!

Ma che cos'è esattamente ?

La definizione "ufficiale", che compare anche nella home page della Divisione dell'ONU per lo sviluppo sostenibile, è la seguente:

«Sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i loro propri bisogni.»

Questa definizione proviene dal Rapporto Brundtland, del 1987 (par. 27, pag. 24).

Questa definizione è importante perché introduce nel dibattito politico-economico i diritti delle generazioni future, cioè di coloro che non sono ancora nati e che nasceranno tra 10, 50, 100, 1000 anni. E' essenzialmente l'idea del principio di responsabilità, termine coniato dal filosofo Hans Jonas con il libro omonimo del 1979. Il pensiero di Jonas è articolato e complesso e non può certo essere ridotto in poche battute; possiamo però citare due affermazioni forti che spiegano in cosa consiste il principio di responsabilità (segui questo link per approfondire)

  • In avvenire deve esistere un mondo adatto ad essere abitato; bisogna disporsi a farsi coinvolgere da una felicità o da una disgrazia che riguarda solamente le generazioni future.
  • Nuovo imperativo etico: agisci in modo che le conseguenze delle tue azioni siano compatibili con la permanenza di un'autentica vita umana sulla terra.

Ragionare in questi termini comporta una vera rivoluzione nel modo di considerare l'orizzonte temporale del nostro futuro; andate a dirlo agli amministratori delegati che hanno in mente solo il prossimo bilancio trimestrale o ai politici che pensano alle prossime elezioni ...

Questa definizione è però anche ampiamente insufficiente, dal momento che "i bisogni del presente" sono considerati in astratto e non vengono invece collegati alle risorse effettive dell'ambiente naturale.

Se vogliamo "avanzare qualcosa" per le generazioni future, l'attenzione non deve tanto essere incentrata sui bisogni, ma sulle risorse e su come farne uso senza distruggerle o comprometterne un uso futuro.

Tratto da un articolo di Marco Pagani su EcoAlfabeta

lunedì 6 ottobre 2008

L'italia è il paese del sole

Secondo un recente sondaggio, appena il 9% dei cittadini italiani con meno di 30 anni pensa che l'ambiente sia un problema prioritario! Ciò è frutto evidente di disinformazione, bombardati come siamo da pensieri ben più contingenti ed immediati, come la criminalità, la disoccupazione, la recessione economica. Bob Dylan disse che non si possono pretendere virtù morali dai poveri che pensano solo a campare. Non ci rendiamo conto però, noi gente ancora relativamente ricca e benestante, che se il problema ambientale scoppia ne andiamo di mezzo tutti. Senza energia e ambiente non c'è economia, non c'è lavoro, non c'è cibo, io e quello sparuto 9% continueremo imperterriti a considerare quello ambientale IL PROBLEMA, non solo una opzione da coltivare a tempo perso. Il SOLE, questa davvero sarà una delle poche ancore di salvezza, per un nuovo rinascimento a carattere ambientale, non certo il nucleare convenzionale (l'uranio si esaurirà fra appena 40 anni). La tutela ambientale, l'energia, i cambiamenti climatici, sono fenomeni strettamente correlati e per i quali occorre adottare strategie unificate. Spazio al sole quindi, che l'italia ne è piena, fortunatamente.


Tratto da ByoBlu

Allego una lettera aperta di Vincenzo Balzani dell'università di Bologna, affinchè chi può ne tragga saggi consigli:

L'Italia non ha combustibili fossili né uranio, ma una risorsa pulita e illimitata per 4 miliardi di anni. Appello al governo: adesso i politici devono saper ascoltare gli scienziati, gli unici che sanno guardare lontano.

Per mettere a fuoco il problema dell'energia bisogna considerare che la Terra è come un’astronave che viaggia nell'immensità dell'Universo. Non consuma sue risorse energetiche per viaggiare, ma ha bisogno di tanta energia per i numerosi passeggeri che trasporta: già oggi sono più di 6,7 miliardi, con un aumento di circa 75 milioni all'anno. Ogni minuto nascono 32 indiani e 24 cinesi.

La storia della civiltà è strettamente correlata al progressivo sviluppo delle risorse energetiche, perché con l'energia si può fare tutto, o quasi. Si può anche rimediare alla scarsità di altre risorse; per esempio, se l'acqua potabile scarseggia, se ne può ottenere a volontà dall'acqua del mare, ma al caro prezzo energetico di un litro di petrolio per ogni 3 metri cubi di acqua.

Nell'attuale fase storica l'energia è fornita quasi esclusivamente dai combustibili fossili, ma ci rendiamo conto che sono un regalo irripetibile e quantitativamente limitato che la natura ci ha fatto. Oggi sappiamo anche che il loro uso massiccio e prolungato reca gravi danni all'uomo e all'ambiente. Partendo da questi incontrovertibili dati di fatto, è necessario compiere scelte sagge e prendere rapide decisioni nel campo della politica energetica.

La questione energetica mette l'umanità di fronte ad un bivio. Da una parte c'è la difesa ad oltranza dello stile di vita ad altissima intensità energetica dei Paesi ricchi. Uno stile di vita che non si fa carico dei danni dell'ambiente, non esclude azioni di forza o, addirittura, di guerra per conquistare le riserve fossili residue, non si cura di ridurre le disuguaglianze, si espone ai rischi della proliferazione nucleare e lascia in eredità alle generazioni future scorie radioattive per migliaia di anni. Dall'altra parte la necessità di rispettare i vincoli fisici del nostro pianeta imporrebbe un cambiamento dello stile di vita, che dovrebbe anche essere visto come una scelta etica: uno stile di vita fondato su più bassi consumi energetici, sobrietà e sufficienza.

Questa seconda alternativa prevede un periodo di transizione, nel quale dovrà essere progressivamente ridotto l'utilizzo dei combustibili fossili, evitata l'espansione del nucleare e sviluppati tutti i tipi di energie rinnovabili, diffuse e non inquinanti, ciascuna valorizzata a seconda della specificità del territorio.

Per fare la scelta giusta ci vuole una politica che guardi lontano. De Gasperi ha scritto che proprio in questo sta la differenza fra un politico e un vero statista: il politico guarda alle prossime elezioni, lo statista guarda invece alla prossima generazione. Per agire come statisti, i politici dovrebbero ascoltare più spesso gli scienziati che, avendo minori condizionamenti, possono guardare più lontano.

Questo è fondamentalmente lo scopo che ha spinto un folto gruppo di scienziati a rivolgere al governo un appello (http://www.energiaperilfuturo.it/), che è stato poi illustrato in un incontro presso il ministero per lo Sviluppo Economico. L'appello sottolinea l'urgenza che nel Paese aumenti la consapevolezza riguardo la gravità della crisi energetica e climatica, insiste sulla necessità del risparmio e di un uso più efficiente dell'energia, mette in guardia contro un inopportuno e velleitario rilancio del nucleare e, infine, esorta il futuro governo a sviluppare l'uso delle energie rinnovabili ed in particolare dell'energia solare.

L'Italia non ha combustibili fossili e neppure uranio. La sua più grande risorsa è il Sole, una fonte di energia che durerà per 4 miliardi di anni, una stazione di servizio sempre aperta che invia su tutti i luoghi della Terra un'immensa quantità di energia, 10 mila volte quella che l'umanità intera consuma. Guardare lontano, quindi, significa sviluppare l'uso dell'energia solare e delle altre energie rinnovabili, non quello dell'energia nucleare.

E' un guardare lontano nel tempo, perché non lascia alle prossime generazioni un immane fardello di scorie radioattive. E' un guardare lontano nel mondo, perché, a differenza dei combustibili fossili e dell'uranio, l'energia solare e le altre energie rinnovabili sono presenti in ogni luogo della Terra e, quindi, il loro sviluppo contribuirà al superamento delle disuguaglianze e al consolidamento della pace.

L'Italia ha più Sole dell'Austria, ma ha una superficie pro capite di pannelli solari termici 20 volte meno estesa. L'Italia ha più Sole della Germania, ma la potenza fotovoltaica pro capite installata in Germania è 30 volte maggiore. Fa specie che in Italia, dove l'unica risorsa energetica ampiamente disponibile è proprio il Sole, la maggior parte dei politici e degli industriali, e persino alcuni scienziati, non si siano ancora accorti che l'attuale crisi energetica offre al nostro Paese una grande opportunità che nazioni meno ricche di Sole hanno già colto, sviluppando nuove industrie e creando nuove forme di occupazione. Il risparmio, l'uso più efficiente dell'energia e lo sviluppo del solare e delle altre fonti rinnovabili sono le azioni necessarie per affrontare il difficile futuro che ci aspetta e per lasciare in eredità ai nostri figli un Paese vivibile.

Tratto da: MondoElettrico