mercoledì 30 dicembre 2009

Il discorso shock di Hugo Chavez al summit sul clima

Vorrei concludere l'anno 2009 proponendovi il video del discorso shock che Hugo Chavez ha sostenuto al vertice di Copenhagen conclusosi da poche settimane. Ovviamente è stato in larga parte boicottato dai media o relegato al massimo a uno sparuto angolino di qualche forum (quello delle cose curiose o bizzarre).

Ma che cosa ha detto poi di così sconvolgente Hugo Chavez davanti alla platea ?



Due frasi, che resteranno forse nella storia, se non altro in qualche libro di citazioni famose, andrebbero ricordate. Sono state lette (a suo dire) sugli striscioni di alcuni manifestanti che stavano protestando fuori dalle porte del congresso.

"Non cambiamo il clima, cambiamo il sistema"
"Se il clima fosse una banca, lo avrebbero già salvato"

E' davvero una feroce lotta contro quel capitalismo selvaggio che Chavez chiama con disprezzo "Dittatura imperiale" e "fantasma innominabile che vaga in silenzio per questa sala". Questi paesi economicamente così superiori rappresentano una volontà di risolvere i problemi del clima che è solo di facciata, poichè i paesi ricchi mirano a ben altro, perseverare il più a lungo possibile quel modello di sviluppo che sta arricchendo i pochi ma al contempo destabilizzando l'intero pianeta.

La cosa che più mi disturba non è tanto quello che dice, ma il fatto che noi "nord ricco" di queste cose non vogliamo nemmeno parlare, sono discorsi tabù, mentre in una vera democrazia queste cose dovrebbero aprire un dibattito pubblico intenso e irrefrenabile.

Oppure forse Chavez ha ragione, il mondo davvero non è democratico, e scambiamo per democrazia quello che in realtà è l'egoistico sentimento di far quel che ci pare e piace fino a che siamo in casa nostra. Se fosse vero quanto afferma Chavez, un reale accordo per il clima penso che non riusciremo a trovarlo mai.

Ringrazio il blog petrolio per avere scovato il filmato youtube del discorso di Chavez sottotitolato in italiano.  Auguro a tutti voi un felice e sereno 2010, più attento all'ambiente e consapevole che una rivoluzione dei nostri stili di vita (in positivo) è ancora possibile.

domenica 27 dicembre 2009

Energia sostenibile pedalando ? Molto meglio le rinnovabili

Chi è passato da Bologna recentemente, avrà certamente notato un albero di natale particolare in pieno centro vicino alla fontana del Nettuno: Un pino alto 14 metri con alla base una decina di biciclette (anche per bambini) con cui pedalando si potevano accendere le luci. Di fatto un albero illuminato a energia umana. Diversi amici mi hanno chiesto, se fosse dotato di batterie, quanto bisognerebbe pedalare al giorno per mantenerlo sempre acceso 24h, considerato che è dotato di ben 12 eco-cyclette corredate di altrettanti generatori dinamo a corrente elettrica continua.

Alla domanda è difficile dare una risposta, non sapendo quanto possano assorbire le luci con cui era stato addobbato (erano comunque del tipo a led, quindi a basso consumo). Ne ho approfittato però per fare una ricerca un po più generale per rispondere a una domanda solo all'apparenza diversa:

Quanto dovrebbe pedalare ogni italiano, ogni giorno della sua vita domenica inclusa, per produrre tanta energia elettrica quanta quella che gli serve mediamente per tutto il resto della giornata ?

Per rispondere a questa domanda occorre fare qualche semplice calcolo, in particolare occorre dividere il calcolo in due parti. In primo luogo bisogna calcolare se esiste l'energy payback time del sistema uomo-dinamo, che rappresenta il "tempo di ritorno energetico", ovvero il tempo necessario affinché l'energia generata dalla pedalata compensi quella necessaria per costruire l'arnese stesso su cui sto pedalando (bici + generatore). In secondo luogo occorre calcolare la quantità di energia media generata durante ogni ora di pedalata raffrontandola con il fabbisogno stimato di energia pro-capite di un italiano medio.

La risposta a entrambi i quesiti la trovate qui. Questo articolo di ASPO nasce da uno ottimo studio di Enzo Zanchini risalente al 2005, che invito tutti a leggere, perché oltre a svelare i risvolti di questa curiosità (la dinamo umana) comprende una completa ed esauriente panoramica sulla pianificazione in Italia delle varie fonti energetiche convenzionali e rinnovabili, oltre a una introduzione sul problema dei cambiamenti climatici. Questo lavoro di altissima qualità potete scaricarlo in PDF.

Ma veniamo al dunque, la dinamo umana. I dati sul fabbisogno energetico medio di un italiano (comprendendo la sola energia elettrica, non il riscaldamento o l'autotrazione) si ricava dividendo il fabbisogno nazionale per la popolazione. Nel 2003 è stato di circa 18 GigaJoule per anno, equivalenti a una energia consumata in un anno pari a circa 5000 KWh. Quindi, la domanda diventa, quanto dovremmo pedalare ogni giorno  per generare 18 GJ in un anno ?

L'energia umana sviluppabile continuativamente da un essere umano ben allenato, che pedala su una dinamo ad altissimo rendimento per un ora, può sfiorare i 100 Wh, cioè sviluppa una potenza di circa 100W. Limitandosi a 5 ore al massimo di pedalata per ogni giorno (comprese le domeniche), che è il massimo che a mio avviso si possa chiedere a un poveraccio destinato ad un siffatto lavoro, si possono ricavare circa 1.8 MegaJoule di energia al giorno (1 MegaJoule = 0,278 KWh), che in un anno fa circa 0,66 GigaJoule all'anno.

Ora, 0,66 GigaJoule riferito ai 18 GigaJoule che ogni italiano consuma mediamente direttamente o indirettamente in un anno, equivale a circa il 3,6% del suo fabbisogno! Pertanto è dimostrato come sia impossibile soddisfare il nostro fabbisogno di energia elettrica semplicemente pedalando.

Anche pedalando 5 ore ogni giorno possiamo coprire solo il 3,6% del nostro consumo di energia elettrica.

Questo ragionamento prende anche il nome di "paradosso del ciclista", che ben si presta a spiegare per quale motivo alcune fonti rinnovabili sembrano promettenti sulla carta, cioè in grado di ripagarsi da sole in breve tempo, ma al contempo essere inutili in una prospettiva su larga scala. Il succo è che occorre valutare sempre con molta attenzione le logiche di tipo "Energy payback time", ovvero il rapporto fra il costo energetico e la produzione annuale di energia (espresso in anni), che anche se positivo può essere indice di validità solamente per scopi di nicchia e non su larga scala.

Uno metodo di produzione potrebbe avere un efficienza interessante dal punto di vista puramente energetico ma, nella pratica, le aree coltivate per nutrire i ciclisti (o asini o altri animali) sarebbero talmente ampie da rendere l’idea improponibile. L’uso diretto o indiretto dei biocombustibili come fonte energetica ad esempio è interessante per molti scopi ausiliari, ma non è comparabile con l’energia fotovoltaica che è almeno due ordini di grandezza più efficiente nell’uso del territorio.

Il paradosso del ciclista vale allo stesso modo se anziché un uomo si sfrutta un animale per questo compito ingrato, potrebbe sicuramente ripagarsi da solo la biada per sopravvivere, ma non può produrre abbastanza energia per soddisfare l'esigenza di noi umani spreconi, a meno di non lasciare il 99% dello spazio di questa terra alle loro esigenze anziché alle nostre. Solo petrolio, gas naturale e carbone possono farlo (perché hanno in loro una densità di energia enormemente concentrata), peccato però che purtroppo si stiano esaurendo molto velocemente e domani potrebbero non essere più disponibili nelle quantità necessarie per sostenere i nostri consumi.

E le rinnovabili ? Apparentemente sono soggette anche esse al paradosso del ciclista, tanto è vero che la loro penetrazione nel mercato dell'energia è tuttora a livello insignificante. Tuttavia hanno un enorme vantaggio rispetto ad altre soluzioni (come la propulsione animale o i biocarburanti): la loro limitazione non è fisica ma tecnologica. Di vento e di sole ce n'è in abbondanza per tutti, il payback time è positivo, dobbiamo solamente riuscire tecnologicamente a concentrare abbastanza energia da rendere le rinnovabili "scalabili" e quindi sfruttabili su larga scala.

Oggi possiamo riuscirci in due modi, migliorando l'efficienza di generazione e migliorando l'efficienza di utilizzo, è una questione puramente tecnologica, non di costo. I miglioramenti nell'eolico e nel fotovoltaico sono continui e costanti, se la ricerca verrà sostenuta a sufficienza nel giro di 20 anni potrebbe esserci il sorpasso che renderebbe conveniente costruire questi impianti in sostituzione delle vecchie centrali in dismissione, a parità di potenza erogata. Magari per allora si saranno affacciate sul mercato altre tecnologie molto promettenti come il Kitegen o il solare a concentrazione. Sarà un mondo interessante.

Leggi l'articolo il paradosso del ciclista

giovedì 24 dicembre 2009

ELATAN NOUB !!


In questo mondo alla rovescia, dove distruggiamo le utili foreste ma costruiamo gli inutili ponti, il Movimento Impatto Zero di Cesena vi saluta tutti con un abbraccio gratis e vi augura un caloroso BUON NATALE. Anzi un sereno ELATAN NOUB, senza eccedere nel consumismo però, mi raccomando ;o)

martedì 22 dicembre 2009

La nostra assicurazione sui cambiamenti climatici


Vorrei lanciare un appello verso tutti coloro, specialmente quelli affezionati ad una visione in chiave puramente economica della realtà, che ritengono ingiustificate le spese rivolte a contrastare i cambiamenti climatici.

A mio parere costoro dovrebbero vedere la cosa nel modo seguente:

Me la sentirei di sostenere che stipulare una assicurazione è inutile perchè si basa sulla alta probabilità che un evento non si verifichi mai ? Perchè fare ad esempio una assicurazione per l’incendio della casa, se non ho motivo di credere che la mia casa possa prendere fuoco ?

Faccio una assicurazione sull'incendio perchè magari vivo a ridosso di un bosco, o un vulcano, e so che se casomai pigliasse fuoco la mia casa i danni sarebbero incalcolabili.

Per quanto riguarda il clima è uguale, quanto noi stiamo cercando di stipulare è una ASSICURAZIONE sulla possibilità di eventi catastrofici nella vita futura del pianeta. Quello che rischiamo di perdere è la possibilità di abitare a 10Km dalle attuali coste (se il livello dei mari crescesse di qualche metro in 100 anni come si dice possa accadere se la temperatura media aumenta troppo), e uno sconvolgimento totale della biodiversità, con conseguenze catastrofiche sotto forma di fenomeni energetici violenti come uragani, siccità, tropicalizzazione di zone temperate, migrazioni di massa.

Siamo disposti a correre questo rischio ? Con quale probabilità potrebbe verificarsi ?

Sembra che molti di noi oggi non siano disposti a credere che questa probabilità esista, ma non certo a causa dei due soldi chiesti oggi ai governi. All'ultimo vertice di copenaghen, Ugo Chavez ha affermato che se il clima fosse una banca si sarebbero potuti fare sforzi almeno cento volte superiori per salvarlo. Questo perchè il rischio di fallimento di una banca è un rischio ben percepito, mentre quello dei cambiamenti climatici non lo è.

Non ci interessa nemmeno sapere se il rischio è di 1%, 10%, o 90% (a mio parere è un rischio quasi certo se continuiamo a immettere CO2 a questi incredibili volumi, e tale fatto è in correlazione con l'aumento della temperatura media), ci interessa esclusivamente percepirlo.

Se la si vedesse davvero come una assicurazione, scuse un po superficiali del tipo “non abbiamo le risorse” oppure "così rischiamo di fermare lo sviluppo" farebbero solo sorridere. Siamo in piena crisi energetica, lo sviluppo è GIA fermo.

Proviamo ad evidenziare varie possibilità future nel caso si ponessero in essere dei seri e radicali provvedimenti:

Non ci abbiamo azzeccato, l'allarme era ingiustificato.
Abbiamo comunque facilitato una transizione (peraltro inevitabile) verso una società oil-free, che ci ha permesso di salvare parte della civiltà così come la conosciamo oggi quando i prezzi dei combustibili saliranno alle stelle a causa della scarsa capacità produttiva in confronto alla domanda mondiale.

Ci abbiamo azzeccato (e i rimedi sono stati efficaci).
Abbiamo semplicemente salvato il culo (in tutto o in parte) alle future generazioni.

Ci abbiamo provato ma non ci siamo riusciti, sono successi disastri immani.
I disastri ambientali di domani (e relativi costi) faranno comunque impallidire quanto abbiamo già speso oggi, e vivremo nella convinzione che in ogni caso abbiamo contribuito a mitigare il danno.

Quindi, me la sento di dire che non abbiamo proprio scelta, salvo forse tentare per l'ennesima volta a fare la politica dello struzzo e delegittimare migliaia di scienziati solo per evidenziare alcuni fanatici, giusto perchè ci tornano comodi per mantenere il business as usual.

Dobbiamo solo decidere il COME, non più il SE, ma soprattutto dobbiamo decidere CHI deve contribuire di più (scommettiamo che faremo di tutto per non essere noi?).

Non ci rende più intelligenti il preoccuparci del bollilatte quando la casa brucia.

lunedì 21 dicembre 2009

The fun theory, un concetto interessante

Chi ha detto che fare la raccolta differenziata porta a porta deve essere per forza complicato e scomodo ? Non sarebbe sufficiente rendere l'attività ... divertente ?

Nei due filmati di esempio, si riesce a far fare alle persone attività incredibili, che mai  sarebbero compiute qualora si cercasse di convincerli con un semplice cartello (o ancor peggio da una normativa), Rendendo l'attività divertente, le persone semplicemente "desiderano" farlo.






Ogni giorno prendiamo decisioni sui temi più disparati: come investire i nostri soldi, cosa mangiare per cena, dove mandare i figli a scuola, con che mezzo di trasporto raggiungere il centro della città.

Purtroppo facciamo spesso scelte sbagliate. Mangiamo troppo, usiamo la macchina quando potremmo andare a piedi, scegliamo il piano tariffario peggiore per il nostro telefonino o il mutuo meno conveniente per comprare una casa. Siamo esseri umani, non calcolatori perfettamente razionali, e siamo condizionati da troppe informazioni contrastanti, dalla complessità della vita quotidiana, dall'inerzia e dalla limitata forza di volontà.

È per questo che abbiamo bisogno di un "pungolo", di una spinta gentile che ci indirizzi verso la scelta giusta: di un "nudge", come l'hanno battezzato l'economista Richard Thaler e il giurista Cass Sunstein in questo libro: Nudge, la spinta gentile.

L'idea di Thaler e Sunstein è semplice ma geniale: per introdurre pratiche di buona cittadinanza, per aiutare le persone a scegliere il meglio per sé e per la società, occorre imparare a usare a fin di bene l'irrazionalità umana.

Queste teorie sociali e comportamentali sono state raccolte dal marketing della nota azienda ... Volkswagen (pensa un po) finanziando in Svezia un progetto per incentivare comportamenti etici rendendoli divertenti, si chiama The Fun Theory.



Al di là dell'utilizzo che la nota casa automobilistica intende fare di queste teorie, potrebbe essere una buona idea per lanciare delle campagne di marketing che servano non a vendere prodotti ma a creare cittadini più responsabili ?

sabato 19 dicembre 2009

Copenhagen: e così la montagna partorì il topolino



Grandi aspettative per il summit di Copenhagen, in cui si sarebbero potute delineare finalmente le future strategie e gli impegni formali dei governi per combattere i cambiamenti climatici. Grandi aspettative infatti, ma fatti concreti assai pochi, tanto che alla fine, dopo una seduta ad oltranza protratta fino a notte fonda, si è arrivati al fatidico accordo: limitare di due gradi al massimo l'incremento di temperatura. Quindi, nessun impegno realmente vincolante (come si fa a raggiungere questo obiettivo ?), tutto spostato ad una verifica nel 2016, nessun trattato ma solo un accordo, appunto.

E' di fatto una mediazione al ribasso, l'intesa (senza valore vincolante) annunciata ieri sera dal presidente americano Obama e sottoscritta dal premier cinese, dal primo ministro indiano e dal presidente sudafricano, è stata silurata dall'opposizione del piccolo stato insulare di Tuvalu, nel pacifico (il primo paese che ha già avuto dei 'rifugiati climatici') e poi da una raffica di interventi contrari di paesi latinoamericani: Venezuela, Bolivia, Cuba, Nicaragua e Costarica.

Vi chiederete (forse) il perchè io non abbia parlato della conferenza di Copenaghen fin dalla sua apertura, il 7 dicembre scorso, il perché è presto detto: credo sia sostanzialmente inutile, anzi probabilmente dannosa.

Dannosa perchè, per come è stato concepito l'evento, sembra che il nocciolo della questione non siano tanto i cambiamenti climatici in se, ma gli accordi sul mercato delle emissioni di co2 e la spartizione degli aiuti  in denaro ai paesi emergenti. Tutti i capi di stato mondiali non si sarebbero mai riuniti ad un tavolo se non fosse per un motivo maledettamente serio (cioè economico), e questo motivo è solo in parte dovuto alla sensibilità riguardo ai rischi sui cambiamenti climatici (che per ora percepiscono solo gli esuli dall'isolotto Tuvalu).

La vera posta in gioco è ovviamente economica, sono li per capire come spartirsi la torta, o meglio, per evitare che chi deciderà come spartire la torta lasci ai paesi meno rappresentati solo le briciole. Ascoltate queste parole:

Mediaticamente vien detto che c’è il riscaldamento globale e allora si deve fare questo mercato sulle emissioni di CO2. Nel frattempo c’è un ambiente planetario – ambiente, non clima – che fa schifo e ne parla solo il Papa. Dobbiamo trovare l’unanimità internazionale sull’ambiente, che è già deteriorato.

Il deterioramento ha ormai colpito tutto il pianeta. Oceani compresi. I pesci sono imbottiti di metalli pesanti pure in Antartide. È necessario un approccio globale che affronti i tre poli del problema: energia, ambiente e clima.


Chi ha detto queste cose ?

Non ci crederete, ma è stato il climatologo Franco Prodi (si, è il fratello di Romano Prodi ex presidente del consiglio).

Forse tanta attenzione verso il clima, e tanta indifferenza verso ambiente ed energia, è perché hanno trovato il modo di cavarci quattrini grazie al mercato delle emissioni ? Quello che dice Franco Prodi non credo che vada sottovalutato, anche se sottostima la reale portata dei problemi che domani i cambiamenti climatici già oggi in atto potrebbero provocare.

Energia, ambiente, clima, sono assolutamente inscindibili e strettamente correlati, tirando un filo qualsiasi si scopre una matassa che imbriglia tutti e tre questi temi in modo inestricabile.

Politiche ambientali, politiche energetiche, riduzione dalla dipendenza da fonti fossili (incluso il nucleare che è una fonte fossile), riduzione quindi non solo delle emissioni ma anche dei consumi energetici e di risorse. Se non si affrontano realmente questi problemi, l'accordo di copenaghen rischia di rimanere solo una vuota dichiarazione di intenti, o al meglio una assicurazione che alcuni stati si porteranno a casa per cui, qualsiasi sia la decisione, non ne verranno penalizzati eccessivamente nelle loro economie locali.

Lo stesso concetto, da cui ho preso spunto per questo articolo, lo potete ricavare (ovviamente scritto molto meglio) dallo splendido post di Debora Billi uscito qualche tempo fa su Petrolio, blog che vi invito a seguire.

giovedì 17 dicembre 2009

Revocato ancora una volta il divieto della vendita di apparecchi ad alto consumo energetico


Una volta tanto che il governo italiano sembrava avere fatto qualcosa di buono, come l'approvazione nella finanziaria del 2007 dell'obbligo di un piano graduale di dismissione delle lampade ad incandescenza e apparecchi a basso risparmio energetico, arriva sempre qualcosa di storto. Come segnalatomi da questo post della attentissima Anna Barbi, presidente del movimento consumatori di Forlì, sembra che sia stata decisa una clamorosa marcia indietro sul fronte del risparmio energetico in italia.

La vicenda per la verità è piuttosto complessa, ne ho trovato una esauriente spiegazione qui. In sostanza, si è addotta la scusa che il regolamento emesso nel 2007 (governo Prodi) per la finanziaria 2008, e che appunto prevedeva dal 1° gennaio 2011 la partenza della messa al bando delle lampadine a incandescenza, era in realtà in contrasto con la normativa europea, la quale prevedeva di iniziare già dal 2009 uno specifico piano di dismissione. Quindi il regolamento andava rimosso... ma per sostituirlo con che ? Con niente! Ma dato che niente significa acquisire per valida la normativa europea vigente, sembrerebbe che già ora non dovrebbe essere possibile trovare in vendita lampade ad incandescenza da oltre 100W!

Ovvio che così non è, pertanto per sanare questa contraddizione saremo costretti a posticipare la data di entrata in vigore della normativa europea (che vale fra l'altro anche per alcune categorie di elettrodomestici inferiori alla classe A), oppure inventarcene una nuova (molto più probabile) che consenta di continuare ad utilizzare elettrodomestici ad alto consumo energetico sostenendo che facendo altrimenti si penalizzerebbero le imprese già sull'orlo del collasso con costi aggiuntivi.

Nella pratica, per raddrizzare una norma italiana buona ma che non rispondeva correttamente alla normativa europea, se ne sta preparando una che rischia di essere addirittura in palese contrasto con essa! Un bel passo avanti davvero. In aprile il divieto era stato rimosso dal governo, poi in maggio è stato reintrodotto grazie a un emendamento del PD, infine notizia di questi giorni ancora rimosso, con somma gioia dell'ANIE, che riunisce i produttori di elettrodomestici. Un tira e molla infinito.

A lanciare l'allarme su questa situazione insostenibile è stato recentemente il senatore PD Roberto della Seta, in commissione ambiente, che ha dichiarato:
Si tratta di un colpo di mano inaccettabile, un danno per l’industria italiana, l’ennesima prova che questa maggioranza sta isolando l’Italia dall’impegno globale contro i cambiamenti climatici e per l’innovazione energetica. In tutti i Paesi industrializzati, da Obama alla Merkel, chi governa cerca di stimolare in ogni modo l’innovazione energetica, spingendo sul risparmio, sull’efficienza, sulle energie rinnovabili, nella consapevolezza che ciò serve a combattere l’inquinamento e i cambiamenti climatici e serve anche a fronteggiare l’attuale crisi economica abbattendo i costi energetici a carico di famiglie e imprese e stimolando l’innovazione tecnologica. Solo in Italia ci sono una maggioranza e un Governo che si muovono in direzione opposta.

La tesi è che gli aiuti del governo dovrebbero essere mirati alle aziende che innovano, sgravandole dai relativi costi di investimento, anziché distribuiti a pioggia come fosse acqua nel deserto. Ciò mi  trova completamente d'accordo. Nel frattempo però, a causa di questi continui ripensamenti del governo italiano, non ci si capisce davvero più nulla.

Insomma, possiamo comprarci per natale il tostapane da 2000W e il faretto da 500W per illuminare quell'angolo buio del tinello, oppure no ? Io non l'ho ancora capito, e voi ?

mercoledì 16 dicembre 2009

Davide Fabbri e la sua battaglia giudiziaria

Ricevo e pubblico da Davide Fabbri un aggiornamento sulla sua vicenda giudiziaria che sta tenendo impegnato il combattivo ex consigliere comunale dei Verdi di Cesena, non rieletto nelle ultime elezioni. E' stato infatti querelato poche settimane fa per una vicenda di diffamazione a mezzo stampa a proposito di presunti abusi edilizi da lui scoperti e risalenti al lontano 2006, quando era ancora consigliere comunale.

Ovviamente esprimo piena solidarietà per una persona che ha spesso osato sfidare i poteri forti e denunciare vicende sotto gli occhi di tutti, anche con toni duri, ma che nessuno si sentiva di affrontare. Non ho il minimo dubbio che Davide abbia sempre agito con l'obiettivo della tutela della legalità e il rispetto intransigente per l'ambiente. Ecco il suo messaggio:

Sono stato rinviato a giudizio per il reato di diffamazione a mezzo stampa, per una vicenda legata alla mia attività politica di consigliere comunale: nel 2006 avevo denunciato pubblicamente una potenziale speculazione edilizia in area fluviale, a rischio di esondazione del Torrente Cesuola, nel Comune di Cesena.

La notizia di questo mio rinvio a giudizio, non fa che aumentare la mia rabbia, la mia indignazione per il senso di ingiustizia di questo paese, un paese con la p minuscola, governato da mediocri - incompetenti - affaristi, che hanno disprezzo per il valore della legalità, della moralità e della tutela dell'ambiente, dove giustamente, secondo la logica del rovesciamento dei valori, vanno processate le persone scomode che raccontano fatti che altri trascurano.

In vista dell'inizio del processo - ore 11 del 13 gennaio 2010 in Tribunale a Cesena -occorre allora organizzare la resistenza e l'azione politica. Il mio desiderio è quello di affrontare il processo, non in solitudine, ma con l’appoggio di cittadini, gruppi, partiti, associazioni, comitati.

Auspico che questi gruppi si facciano vivi in città (in molti già lo stanno facendo, la notizia è stata pubblicata sui quotidiani locali, su diversi siti internet e blog italiani), inviando lettere ai giornali, comunicando la solidarietà e l'azione possibile.

Propongo una linea processuale offensiva, e non solo difensiva; credo che sia utile ed opportuno scegliere una strategia processuale politica e pubblica: l'idea è quella di organizzare assemblee pubbliche, conferenze stampa, iniziative politiche sul tema della cementificazione dei suoli, presidi con cartelli in Tribunale, ne faremo cioè un caso politico.

Cercheremo di evidenziare come il forte potere di un grande costruttore ed immobiliarista tenti di colpire una voce libera dell'ecologismo cesenate, con tentativi di intimidazione mirante a distogliere l'attenzione sulla sua vicenda, colpendo il sottoscritto con una querela per diffamazione.

Il mio caso, politicamente parlando, meriterebbe di più di una generica solidarietà, con iniziative non solo a difesa della mia persona, ma dello stesso diritto di essere liberi di dire le cose come stanno, senza dover temere ritorsioni e vendette più o meno trasversali. In difesa non solo del singolo cittadino, ma di tutti i cittadini che non vogliono vivere nel timore ma nella fiducia del diritto.

Davide Fabbri

martedì 15 dicembre 2009

Hera informa, noi rispondiamo

Un intero paginone del Corriere di Cesena, questo è quanto Hera diverse settimane fa ci ha regalato per informarci su come sta andando la raccolta differenziata a Cesena e provincia. Una pagina intera di un quotidiano per rendere noto a tutti che Hera ha aumentato le sue percentuali di raccolta differenziata fino al 45% nei primi mesi del 2009! Poffarbacco...

Anche noi vorremmo esultare per questa felice notizia, purtroppo non riusciamo proprio a farlo, per alcune semplici ragioni. Ricordo, se mai fosse necessario, che esistono leggi recepite a livello nazionale (testo unico 152/06) che impongono come “obbligatorio” per i comuni il raggiungimento del 45% di RD entro il 2008, che diventerà poi il 50% nel 2009, 55% nel 2010, 60% nel 2011. Pertanto questi risultati sono un semplice “dovere” e non un orgoglioso atto di interessamento all’ambiente.

Non ottemperando a questa norma, scatterà una sanzione da pagarsi direttamente in bolletta corrispondente ad una addizionale del 20% nel costo di smaltimento in discarica, il che si traduce in decine di euro in più da pagare nella tariffa sui rifiuti TIA per ogni famiglia. Perché analogamente non si legge mai del gestore elettrico che pubblica i risultati di penetrazione delle energie alternative, oppure del sistema ospedaliero che illustra il tasso di diminuzione dei tumori in provincia ?

Hera farebbe bene piuttosto a dichiarare quanto effettivamente ricicla di quanto raccoglie, quanto porta all’inceneritore, quanto è diminuito il rifiuto raccolto, ma si guarderebbe bene dal farlo. In realtà, con piena logica da operatore monopolistico e consapevole della necessità di procedere a gara di appalto a partire dal 2011, è evidente come tenti di ricorrere al marketing per valorizzare la sua complessa e costosa macchina industriale. Pubblicità insomma.

L'attività altamente meccanizzata del servizio rifiuti, che non ha prodotto affatto l’auspicato decremento delle tariffe, rischia di diventare proporzionalmente sempre più rigida e accentratrice di mano in mano che la legge imporrà ai comuni una raccolta differenziata di livello più spinto. Ciò porta l'azienda già oggi a privilegiare le inquinanti pratiche di incenerimento piuttosto che di riciclo su quanto raccolto.

L’intento evidente è quindi quello di fornire l’immagine di un soggetto “indispensabile” per questo territorio, riducendo così il rischio di qualsiasi forma di concorrenza quando si andrà finalmente a gara di appalto. Solo così si spiega l’ossessione di Hera per evitare di introdurre la raccolta domiciliare, la quale già da sola farebbe schizzare verso l’alto e con pochi costi aggiuntivi la raccolta differenziata a ben oltre il 70% come è successo a Forlimpopoli.

Al contrario, si preferisce insistere con il “cassonetto di prossimità” del quartiere Cesuola, oppure il “cassonetto con chiave” di Gatteo a mare, arrivando a tesserne le lodi ancora prima di concluderne la relativa sperimentazione. Anche con una semplice analisi costi benefici, questi sistemi di “potenziamento” a cassonetto stradale, qualora allargati a tutta la città, appaiono costare un multiplo di quanto costerebbe dotare ogni unità abitativa di semplici contenitori per la raccolta differenziata domiciliare porta a porta, eppure si investono centinaia di migliaia di euro in progetti poco lungimiranti e destinati a diventare obsoleti in breve tempo.

Perchè abbiamo il pallino del porta a porta ? L’introduzione della raccolta domiciliare “deindustrializza” il sistema e lo semplifica, rendendolo a bassa intensità di macchinari ma ad alta intensità di manodopera (leggi posti di lavoro), creando al contempo le condizioni affinché altri operatori possano entrare in concorrenza, magari riducendo le tariffe per i cittadini.

Questa eventualità fa paura ad Hera, pertanto continuerà a sostenere che la domiciliare costa troppo, malgrado sia già in uso da decenni nelle principali capitali europee e in tante piccole e medie realtà anche italiane. Aggiungiamo a questo il fatto di come le percentuali di raccolta differenziata annunciate siano state spesso gonfiate ad arte da Hera per fare risultare performance superiori al reale, come è avvenuto a Longiano e Rocca San Casciano, dove l’introduzione di pochi mobilifici nel computo degli “assimilati” hanno incrementato (a costo zero) la resa di raccolta differenziata passata dal 20% a ben oltre il 60% in meno di un anno.

Infine occorre citare le tante città, fra cui anche Cesena, dove con meccanismi contabili chiamati “sgravi in tariffa” si sono computate (legalmente) autodichiarazioni di aziende come se fossero vera raccolta differenziata. Tutti questi calcoli impropri (ma legali) comprendono oggi oltre un terzo dell’effettivo valore della raccolta differenziata ottenuta.

Noi continuiamo a ritenere, in contrasto con le pubbliche manifestazioni di efficienza che Hera è così solerte e tempestiva nel manifestare sui quotidiani, che la raccolta domiciliare porta a porta sia una delle poche soluzioni valide e sensate per il nostro territorio, poiché in grado di innescare una vera filiera del “riciclo” e non solo utili dividendi per le amministrazioni, minimizzando al contempo la necessità di ricorrere in maniera massiccia alla realizzazione di nuovi inquinanti e sovradimensionati impianti di incenerimento.

venerdì 11 dicembre 2009

E' nato ECOCENTRICO, il portale che fa bene all'ambiente


È nato Ecocentrico, il nuovo portale della cultura ambientale, sostenibile, consapevole, pulita, uno spazio che racchiude le notizie, le persone e le idee del mondo ecosostenibile.

Ecocentrico è un progetto pensato per dare forza e visibilità a chi pensa e agisce in modo ecosostenibile, ai suoi progetti, al suo sapere. Non solo un sito su ecologia e ambiente, ma un aggregatore di notizie, video ed eventi provenienti dal web, dalla blogosfera e dai social media, pensato per selezionare le notizie di qualità all’interno di un panorama di comunicazione caotico.

Cosa è e cosa vuole essere Ecocentrico:
  • uno spazio libero in cui far conoscere e crescere la cultura "ecocentrica", portatrice di una nuova idea di sostenibilità ambientale;
  • una directory dove trovare produttori, rivenditori, installatori, certificatori energetici professionisti o studi professionali, enti o associazioni specializzati nei prodotti e servizi per lo sviluppo sostenibile;
  • il punto di aggregazione di tutti gli "ecocentrici";
La cultura ambientalista sta per affrontare un bivio importante, il riconoscimento che per far crescere la coscienza della sostenibilità ambientale occorre passare da una visione egocentrica ed individuale ad una più ampia visione collettiva e globale, che migliori la qualità della vita ed il benessere di tutti, per creare un luogo migliore in cui vivere meglio. Non bastano i soli stili di vita, occorre che società, economia, legislazione, industria, collaborino per mettere in pratica le "best practices" senza le quali ogni sforzo individuale diventa solo "egocentrico" e non realmente utile al raggiungimento di standard minimi di sostenibilità ambientale.

“ll progetto di Ecocentrico - spiega Gabriele Ferreri, uno dei responsabili del progetto - è frutto del lavoro di tre diverse professionalità e si sviluppa con lo scopo di affiancare a parole quali ‘sviluppo sostenibile’ e ‘responsabilità sociale d’impresa’ altri concetti fondamentali. Da una parte il comportamento morale, fondato sulla capacità di uomo ed ecosistema di vivere in equilibrio, dall’altra il comportamento responsabile, che induca gli individui e le aziende a sviluppare prassi etiche in tutti gli aspetti del quotidiano”.

Ovviamente ci auguriamo che l'iniziativa sia un successo e non solo l'ennesimo tentativo di creare l'ennesima nicchia informativa per gli ambientalisti accaniti, fornire indici di aziende che lavorano bene rispettando principi di sostenibilità ambientale è già comunque un buon inizio. Vi invito quindi a visitare questo nuovo portale così ecocentrico.

Contatti e informazioni
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mercoledì 9 dicembre 2009

Le rinnovabili costano troppo ? Allora non funzionano


Una delle critiche maggiormente rivolte alle fonti energetiche rinnovabili è che costano troppo e sono troppo inefficienti, il vento non tira sempre, il sole non è sempre disponibile, l'Italia consuma annualmente almeno 337TWh di energia elettrica (dati Terna), pertanto le rinnovabili saranno relegate a coprire solo una fetta insignificante del fabbisogno (0.4% per il solo fotovoltaico), quindi non funzionano. Se l'Italia dovesse andare tutta a rinnovabili, i costi sarebbero oggi proibitivi. Per il fotovoltaico siamo ad appena 700MW installati, in totale, decisamente pochino, quindi è la tecnologia che funziona male ?

Dire che qualcosa funziona o non funziona solo perché economicamente conveniente oggi oppure no, è ovviamente una fesseria. La fotoseintesi clorofilliana ad esempio ha una efficienza inferiore all 1%, le piante non vanno nemmeno a riscuotere i proventi del “conto energia”, eppure funzionano benissimo.

I pannelli solari (non termici, quelli sono un altra cosa) hanno efficienza media che oggi arriva al 13% comodo comodo, 15% e oltre usando materiale monocristallino, con esperimenti su tecnologie multigiunzione (che utilizzano uno spettro solare più ampio) che arrivano ad oltre il 30% di efficienza!

L’efficienza di una autovettura nel bruciare gasolio arriva si e no al 15% !!! Ne dobbiamo quindi dedurre che costruire automobili per consentire la mobilità personale a tutto il mondo è una sciocchezza dal punto di vista economico e che meglio sarebbe andare a piedi, in bicicletta, o fare solo auto elettriche, certamente enormemente più efficienti (e meno inquinanti) ?

Il nocciolo della questione è che esporre considerazioni economiche oggi per decidere se una tecnologia è capace di darci benessere in futuro oppure no è un puro non-senso. Fra venti o trenta anni, solo gli sceicchi potranno permettersi petrolio, uranio, gas naturale (e forse neppure loro), pertanto non appare esserci altra scelta, a meno di arroccarsi in fantomatiche prospettive di ripresa estrattiva dei prodotti petroliferi.

Le banconote sono un combustibile molto inefficiente, bruciate in un falo, ma utilizzate per creare una nuova infrastruttura mondiale per renderci indipendenti dalle fonti fossili sono BEN SPESI. Anche se avessero un ritorno economico EROI di 30 anni. Semplicemente non c'è altra alternativa se non questa, spendere ogni risorsa di oggi per l'infrastruttura energetica del futuro basata su fonti rinnovabili distribuite e su reti elettriche intelligenti (scambio di energia con i vicini).

Se esiste un altra alternativa, qual'è ? Il costosissimo nucleare a fissione di III generazione ? Ponti sullo stretto ? Tav ? Inceneritori ? Ulteriori cementificazioni del territorio ? Sono tutte favole senza futuro, dopo che saranno state costruite (a debito pubblico nella maggioranza dei casi) assai probabilmente ne assisteremo alla loro sgretolazione per mancanza di manutenzione. Si può investire oggi solo in ciò che è conosciuto e previsto utile per domani, oggi sono le tecnologie rinnovabili, domani forse il nucleare a fusione, chissà, l'importante è avere già da oggi una strategia che preveda seriamente cosa ci servirà davvero domani, e non sarà certo io credo un nuovo ponte.

Dite che con le rinnovabili si potrà coprire al massimo un 10% del fabbisogno mondiale ? Bene, il problema diventa il fabbisogno mondiale, significa che, se non vogliamo radere a zero il pianeta terra come fosse una immensa isola di pasqua, dovremo abituarci tutti a consumare il 10% di oggi, così come avveniva una cinquantina di anni fa, dove il solo idroelettrico bastava e avanzava per le necessità dell’Italia.


Quindi, basta parlare di ponti fra regioni che non hanno nemmeno un sistema ferroviario decente, ci serve ricerca e sviluppo in campo energetico, come avviene in Germania, che grazie a questi investimenti già oggi è riuscita a raggiungere e superare gli obiettivi di Kyoto, e parte con il piede giusto per quelli in corso di Copenhagen.

domenica 6 dicembre 2009

Nuovi intrallazzi per Hera SPA e il caso Cosentino

Qualcosa si muove dopo gli articoli de Il Fatto Quotidiano sui rapporti economici tra la società bolognese Hera Spa e la famiglia del sottosegretario Nicola Cosentino. Dopo l'intervento di Giovanni Favia in consiglio comunale a Bologna (vedi video), il sindaco emiliano DelBono si è deciso finalmente a chiedere spiegazioni ad Hera sull'accaduto. Nel silenzio imbarazzato del Pd e del Pdl, l’Italia dei Valori ha messo intanto il dito sulla piaga dell’accordo trasversale che lega gli interessi della multiutility emiliana controllata da 180 comuni (in gran parte rossi) alla famiglia del politico di destra di Casal di Principe... Ambiente, economia, politica, sono oggi sempre più intrecciate...

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giovedì 3 dicembre 2009

Bhopal 25 anni dopo


Sono passati 25 anni dal peggior disastro industriale della storia. La notte tra il 2 e il 3 dicembre 1984, a Bhopal, in India, quaranta tonnellate di gas letali fuoriuscirono dalla fabbrica di pesticidi della Union Carbide. 8000 furono i morti nell'immediato. Oggi si contano 25000 vittime. I sopravvissuti non hanno mai ricevuto un risarcimento adeguato. Il sito non è stato bonificato e la gente continua ancora oggi a bere acqua contaminata.

mercoledì 2 dicembre 2009

Rivestiti, Riusami, Rigioca: non si butta via nulla!



Domenica 29 novembre presso la sala del Quartiere Oltresavio di Cesena (P.zza A. Magnani) si è tenuto l’atteso evento Rivestiti, Riusami, Rigiocami, ideato e organizzato dal Movimento Impatto Zero, con la collaborazione del Comune di Cesena, in occasione della prima edizione della Settimana europea per la riduzione dei rifiuti.

Promuovere forme di consumo consapevole è un tema importante al quale abbiamo dedicato tante energie, è stato per noi motivo di orgoglio partecipare ad un evento che ha visto nascere iniziative in contemporanea in oltre venti paesi europei.

Dice Barbara Martini, presidente di Movimento Impatto Zero di Cesena:

Siamo abituati a scegliere i prodotti che acquistiamo quasi esclusivamente con criteri di economicità e di estetica, piuttosto che privilegiare prodotti sani e con il minor imballaggio possibile. Nei nostri acquisti sarebbe opportuno imparare ad introdurre nuovi modi di scegliere, iniziando dal considerare l’impatto ambientale e quindi anche economico che ha l’imballaggio sul prodotto che acquistiamo. Vogliamo cercare di sensibilizzare la città sulla tematica della riduzione dei rifiuti attraverso una serie di iniziative che mostrino l’importanza dei tanti piccoli gesti quotidiani, cose alla portata di tutti, gesti che se entrassero nella nostra cultura consentirebbero di ridurre davvero la quantità abnorme di rifiuti che produciamo, pena obbligare la collettività a sostenere costi sempre più elevati per tutelare l'ambiente.

L'appuntamento “RIVESTITI, RIUSAMI e RIGIOCA: non si butta via nulla!” nasce con questo intento multidisciplinare, dimostrare che ridurre i rifiuti è possibile ed è anche semplice. Si parte con la pratica, ovvero scambio e baratto di capi di abbigliamento, libri, oggettistica varia e giocattoli per bambini (per ogni oggetto che si portava si riceveva un buono per sceglierne un altro). L'iniziativa ha riscosso una discreta attenzione, soprattutto dei tanti bimbi che sono arrivati a visitare l'area giochi. Molti di questi erano assolutamente increduli di fronte all'ipotesi di disfarsi di un vecchio giocattolo per prenderne un'altro che sembrava nuovo fiammante (destinato assai probabilmente in realtà a intasare qualche discarica). I più grandicelli erano invece più sensibili ai temi del riuso, sia di abbigliamento che di oggettistica, Uno stand informativo audiovisivo era a disposizione per rispondere a tutte le loro domande.

Sono arrivati anche alcuni insegnanti, attenti ai temi della sostenibilità, che si sono dimostrati interessati ad avviare un percorso didattico per coinvolgere in simili progetti anche i loro alunni. Durante la giornata sono state distribuite borse in cotone per la riduzione delle shoppers in plastica (iniziativa "Porta la Sporta") e le recycling bags, borse robuste e colorate per fare la raccolta differenziata in casa.

Anche i piccoli particolari, come i buoni per il ritiro giochi dell'area Rigioca, sono stati curati e realizzati con materiale riciclato (tappi di bottiglie del latte, idea dell'associazione Clan-Destino). Ovviamente la moneta simbolica del tappo verde era poco più che un pretesto, dato che mai abbiamo negato a qualunque bambino, pur senza portare niente, di prendere qualche giochino e farlo contento. Alla fine della giornata, a furia di scambi, erano rimaste praticamente tante cose quante ne avevamo portate inizialmente. Tutte le cose rimaste sono state consegnate al campo Emmaus di Cesena, per sottrarle ulteriormente alla discarica e dare loro una speranza di nuova vita.

Il banco alimentare informava sui prodotti "Sì"(con imballiaggi più leggeri) e quelli "No"(con imballaggi più pesanti) con suggerimenti concreti sul dove focalizzare l'attenzione durante l'atto di acquisto. Promossi il latte sfuso alla spina i prodotti ricaricabili, le confezioni di grande formato. Bocciate le miniconfezioni con il 4x3 (un prodotto gratis), che alla fin fine presentano un prezzo al Kg paragonabile (se non superiore) ma con tanti imballaggi in più. Bocciati anche i tetrapack e gli imballaggi plastici composti e multipli. L'intera tavola è stata disposta come una lunga striscia, divisa a metà, per mettere a confronto i prodotti insostenibili e le loro alternative più ovvie.

Infine, in tanti hanno compilato dei questionari, con i quali intendiamo aprire una forma di monitoraggio in città che ci permetta di conoscere quali prodotti presentano problemi dal punto di vista degli imballaggi. Il questionario si chiama "Io questo imballaggio non lo mangio" ed è disponibile sotto forma di scheda prodotto online.

Ci auguriamo di ripetere l'esperienza anche il prossimo anno, confermando la collaborazione tra MIZ e Comune di Cesena (magari con uno spazio più centrale e di maggiore visibilità), poichè queste pratiche pensiamo siano alla base di qualsiasi iniziativa R-qualcosa (Riciclo, Riuso, Recupero, Riduzione, etc.) in materia di tutela ambientale. Facciamole diventare abitudini normali per un nuovo stile di vita più sostenibile.