lunedì 9 maggio 2011

A Cesena un corso sul compostaggio domestico

A molti di noi "ambientalisti" piace vantarci di praticare una buona raccolta differenziata separando accuratamente gli scarti di cucina (umido) dal resto dei rifiuti. Spesso purtroppo siamo costretti a conservare il materiale per svariati giorni all'interno della nostra abitazione, in un bidoncino poco areato. Poi, prima che inizino a fare cattivo odore, li portiamo in strada e li gettiamo nel cassonetto (quello marrone, mi raccomando). Un mezzo a motore verrà a prenderli e li trasporterà per svariati chilometri alla più vicina stazione di compostaggio. Qui un impianto di tritovagliatura è pronto a separare le inevitabili sportine e altro materiale non idoneo, destinandoli all'inceneritore. Infine dovranno essere essiccati per ridurne il tasso di umidità.

Buona prassi ambientale vuole che almeno alla fine dell'intero procedimento i materiali "umidi" vengano messi a maturare per la realizzazione del compost, mentre ciò che rimane dal setaccio fine per la separazione del terriccio utile venga utilizzato tipicamente come materiale per ricoprire le discariche.

Dove sta il problema in tutto questo procedimento ? Nel fatto che in tutti i vari passaggi non abbiamo in sostanza fatto molto più che trasportare grandi quantità di acqua da un luogo all'altro

Si, perchè "umido" significa null'altro che "materiale organico ad alto contenuto di acqua". E trasportare acqua costa tanta energia, poichè l'acqua è come noto un materiale molto pesante (ben un kg per ogni litro!), quindi in soldoni l'intero processo consuma petrolio (per i mezzi di trasporto impiegati e per l'essiccatura) producendo inevitabilmente inquinamento e consumando risorse. Ciò insegna che a volte scelte che sembrano sensate si rivelano in realtà non così ottimali.

Come dovremmo comportarci invece con gli scarti organici ? E' ovvio, esattamente come facevano i nostri nonni, ovvero lasciarli asciugare nel luogo di produzione ed utilizzarli per gli animali e per le piante. Questo significa semplicemente fare il compostaggio domestico. L'acqua evapora, e di acqua è composto oltre il 30% dei rifiuti che produciamo, ciò è equivalente a una riduzione del 30% dei rifiuti alla fonte!

Dato che non è realistico pensare di dotare ogni singola famiglia di una compostiera, esisterà comunque la necessità di una versione "industriale" del procedimento, come ad esempio il nostro impianto di compostaggio di Romagna Compost, che permette di produrre energia elettrica dal metano liberato.

Esistono però anche tante realtà, soprattutto nel nord europa, dove sono adottate compostiere da condominio, oppure impianti collettivi fai da te, infine compostiere pubbliche per giardini o mense scolastiche. Servono entrambi gli approcci, perchè l'eliminazione del rifiuto "alla fonte" deve restare una priorità, anche se dal rifiuto si può recuperare (poca) energia.

Per imparare i trucchi del mestiere e trasformare in pochi mesi gli scarti di cucina in terriccio fertile, vi invitiamo Venerdì 13 Maggio alla serata informativa con Federico Valerio, direttore del Dipartimento di chimica ambientale dell'Istituto tumori di Genova. L'incontro si terrà nella sala Auser in corso Ubaldo Comandini 7 alle 20.30, per parlare di “Compostaggio domestico e industriale”. E' lui il secondo ospite del ciclo di incontri “Non siamo nati per …...rifiutare”, promosso dal Miz-Movimento Impatto Zero in collaborazione con il Comune di Cesena, Compostuter, Comitato per l'acqua di Cesena e Comitato Lasciateci l'aria per respirare.

Valerio illustrerà la nuova edizione del suo “Corso di compostaggio domestico”, guida realizzata per Italia Nostra (di cui è presidente della sezione di Genova) e che illustra come produrre compost di ottima qualità senza l'inconveniente di odori sgradevoli.

Compostaggio domestico e industriale non sono pratiche in alternativa ma sono di reciproco complemento per una corretta gestione ambientalmente compatibile dei materiali post consumo, gran parte dei quali bio-degradabili.

4 commenti:

  1. L'articolo è molto interessante, mi pare ben scritto ed abbastanza oggettivo, per quel che si può.
    Vorrei però sollevare un paio di perplessità: la prima è che il metano che risulta dal compostaggio non è solo una fonte di "(poca) energia", ma è anche un gas serra, quindi produrre compost in ambito domestico, se pensato in larga scala, rappresenterebbe un grosso problema di inquinamento, il che mi porta a sostenere la strada degli impianti "industriali".
    La seconda è che dove me lo metto il compost che produco? Come la maggioranza delle persone che vive in città ho a malapena delle fioriere da balcone da fertilizzare e nessun animale da cortile. Quindi bisognerebbe comunque attivare un servizio di raccolta e ridistribuzione del compost, che comporterebbe tutti gli svantaggi legati al trasporto che si volevano eliminare.

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  2. Quanto lei afferma, non è del tutto corretto. Il compostaggio industriale è un processo "anaerobico", significa che spezza le molecole di carbonio producendo prevalentemente metano, che contiene ancora energia. Il processo domestico è "aerobico", ossia utilizzando l'ossidfazione produce principalmente CO2, che non ha più energia. Per provare tale differenza, basta misurare la temperatura, che nel processo industriale si mantiene bassa (37°) quindi rimane energia immagazzinata nel metano, mentre in quello domestico si alza fino a oltre 60°, quindi energia che se ne va in calore. In entrambi i casi gran parte del carbonio è comunque fissato nel terriccio prodotto.

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  3. Grazie mille per il chiarimento, non conoscevo questa differenza tra i due tipi di trattamento dell'organico.
    Mi potrebbe indicare delle fonti dove posso approfondire?

    Rimane comunque il secondo problema...

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  4. Ho trovato per te una risorsa un po tecnica, ma rende l'idea delle differenze fra i due tipi attraverso esempi di reali impianti sul territorio:

    http://www.scribd.com/doc/51568333/8/I-SISTEMI-INTEGRATI-ANAEROBICO-AEROBICO

    Quanto alla seconda domanda, non penso che il problema esista. Se proprio non hai qualche mq di giardino esistono soluzioni intelligenti, come le "compostiere di condominio" o di quartiere.

    Inoltre, il primo compost lo generi dopo parecchi mesi, e non è che lo cavi fuori ogni settimana. Se poi farai mai un bel sacco e lo porti in campagna tre o quattro volte all'anno, le eventuali spese di trasporto direi che sono ben ammortizzate.

    Serve solo la consapevolezza della necessità di farlo, un po come i nostri nonni non si sarebbero mai sognati di gettare via qualcosa di ancora utile. Allora non si lamentavano certo del fatto che lo facessero tutti.

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