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lunedì 16 agosto 2010

Akron, Imola come Rosarno


Lavorereste voi per 8 ore al giorno, con un contratto che ne denuncia 4, pagati solo per 3 e per giunta parzialmente in nero, senza indennità di disoccupazione, senza malattia, senza trediciesima, senza tfr, in un ambiente insalubre, guidati da caporali con in mano una lettera di licenziamento in bianco, senza copertura sindacale, senza poter rispettare le più elementari norme di infortunistica sul lavoro a causa della carenza di attrezzature ?

E' una domanda che i lavoratori sfruttati (la stragrande maggioranza immigrati stagionali) di Akron si sono finalmente posti, facendo irruzione circa un mese fa all'interno del consiglio comunale di Imola. Badate che ciò non avviene a Rosarno nei campi di pomodori, ma nella ricca e opulenta Imola.

Akron è una azienda, di proprietà di Hera Ambiente, che utilizza cooperative in subappalto (Omega Group) per lavorare alla separazione dei rifiuti della raccolta differenziata di Hera. Finalmente qualcuno ha iniziato a parlare di questa vicenda, ed è scoppiato il caso. Akron replica che farà piena luce, e un po se ne lava le mani additando le responsabilità alle cooperative.

Siamo ancora tuttora ben lontani (da parte di Hera) dallo sviluppo di una filiera del riciclo degna di questo nome, affidata ad aziende indipendenti, come succede ad esempio a Vedelago, e in grado di trattare i rifiuti correttamente, garantendo posti di lavoro decenti ed una fiorente economia dell'indotto.

I rifiuti differenziati prodotti dalle recenti introduzioni del porta a porta a Cesena, Forlì, Bertinoro, Meldola, saranno inviati proprio ai cinque impianti Akron dislocati in Romagna per la separazione meccanica e manuale.

E' nostro interesse che i rifiuti vengano trattati adeguatamente e riutilizzati senza ricorrere agli inceneritori (di proprietà comunque di Hera, guarda un po), ma è anche interesse che i lavoratori nel settore del riciclo non siano trattati come schiavi, impiegando in maniera distorta i subappalti verso cooperative di comodo.

Fonte: Il Passatore

venerdì 13 giugno 2008

Continuano i malori nello stabilimanto di Amadori

Ieri sera Giovedì 12 Giugno si è tenuta alla sala MacFruit di Pievesestina di Cesena un incontro fra i lavoratori dello stabilimento Amadori ed i sindacati confederati, alla presenza anche del sindaco Giordano Conti. La situazione è di quelle scottanti che farebbero tremare le ginocchia a qualsiasi amministratore. I malori ai lavoratori dello stabilimento Amadori continuano a verificarsi periodicamente, una soluzione definitiva ancora non la si è trovata e a tutt'oggi si brancola nel buio alla ricerca della soluzione.

Malgrado i ripetuti interventi effettuati dall'azienda sul sistema fognario (primo indiziato dei malori dei lavoratori esposti), interventi sul sistema di condizionamento, monitoraggi specifici, non si è ancora capita la causa dei tanti malori che continuano a verificarsi, con sintomi come asfissia, svenimenti, debolezza muscolare, mal di gola, affaticamento dell'apparato respiratorio, forme di asma atipica.

E' evidente che nell'aria che si respira la dentro c'è qualcosa che non va, ma provvedimenti radicali e risolutivi non si vedono ancora all'orizzonte. Quello che è peggio è la denuncia da parte dei lavoratori di continui tentativi di "intimidazione" soprattutto verso i lavoratori stagionali, che se solo "osano" accusare sintomi, essendo stagionali, vengono assai facilmente lasciati a casa per mesi, senza nemmeno il riconoscimento di patologie di tipo professionale, con alta probabilità di non essere reintegrati per evitare problemi all'azienda. Possibile che i lavoratori, da oltre un anno e mezzo, siano sempre fatti passare come mitomani che si fingono ammalati non si capisce poi per ottenere quali benefici, visto che rischiano addirittura di essere lasciati a casa ?

La sostanziale verità emersa durante il contatto fra i lavoratori ed i sindacati è quella di una azienda che, sull'orlo del raggiungimento del miliardo di euro di fatturato, attua una politica produttiva sciagurata spingendo al limite estremo la produzione e la turnazione dei lavoratori, senza investire quanto dovrebbe sull'ampliamento e la bonifica dei locali di lavoro. Oltre 2000 lavoratori, 1700 dei quali mantenuti artificiosamente come stagionali (eppure i polli si mangiano per tutto l'anno), in maniera tale da rimanere sottopagati ed impedire che si coalizzino fra loro in termini di contrasto con l'azienda, rendendo difficile in partenza qualsiasi ipotesi di rivendicazione sindacale.

Macchinari come lo "storditore di polli a CO2" che appaiono essere stati soggetti a modifiche in maniera da accelerare le fasi di macellazione raddoppiandone la portata, migliaia di polli e tacchini all'ora che vengono investiti da potenti getti di CO2 che stordiscono gli animali, uno in fila all'altro, senza soluzione di continuità, prima di essere macellati e lavorati. Ambienti progettati e dimensionati per il livello di produzione di 10 anni fa, con aria forzata, per garantire forse la sicurezza del prodotto da contaminazioni, ma talmente spinta all'estremo da rendere l'atmosfera in alcuni reparti al limite della respirabilità.

Insomma, un inferno dantesco, ove lavoratori sottopagati vorticano di continuo in un costante avvicendamento, seguendo il mantra di chi vuole un solo risultato: "produrre, produrre, produrre". Ancora a quasi due anni di distanza l'Arpa non ha fatto rilievi tecnici, si brancola nel buio spegnendo quello o quell'altro impianto di essiccazione per un tempo sufficiente a stabilire una qualche correlazione, facendo esperimenti sulla pelle dei lavoratori, che intanto continuano periodicamente ad ammalarsi.

Come se ne esce ? Non sarà il caso di porre un freno alla possibilità di quest'impianto di produrre a ritmi così forsennati ? Non sarà il caso di suddividere la produzione fra altri stabilimenti ? Non sarà il caso di regolarizzare finalmente i tanti lavoratori precari che non sanno se da una settimana all'altra saranno lasciati a piedi ?

Questa è l'economia bello, prendere o lasciare, e l'amministrazione lo sa benissimo ma stenta ad intervenire con misure coercitive e radicali, che quella è gente danarosa, che se è il caso di finanziare qualcuno può farlo senza turbare più di tanto il proprio bilancio, che l'economia portante della zona non si tocca, e se qualche lavoratore in più della media si ammala... è peggio per lui.

sabato 15 marzo 2008

Devono oppure no le cooperative sociali applicare il contratto FISE ?

E' stato appena convertito in legge n. 31/2008 (già pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 51 del 29/2/2008), il decreto-legge n. 248/2007 (c.d. "milleproroghe") recante, tra i numerosi provvedimenti, l’articolo 7, comma 4bis, di interesse per le imprese che operano in regime di appalto.

Questo articolo, approvato da un governo dimissionario, rischia di rivelarsi dirompente e sarà destinato a rappresentare un cambiamento importante nei riguardi delle cooperative sociali che intendono subentrare in gare di appalto pubblico:
Art.7 - Comma 4
Fino alla completa attuazione della normativa in materia di socio lavoratore di società cooperative, in presenza di una pluralità di contratti collettivi della medesima categoria, le società cooperative che svolgono attività ricomprese nell'ambito di applicazione di quei contratti di categoria applicano ai propri soci lavoratori, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della legge 3 aprile 2001, n. 142, i trattamenti economici complessivi non inferiori a quelli dettati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria (n.r. FISE).

Il sito di FISE (Federazione imprese di servizi) ne da infatti notifica con un breve resoconto con relativa spiegazione.

Cosa dice sostanzialmente questo articolo ? Che una cooperativa (anche di tipo sociale) che intende avvalersi della propria forza lavoro subentrando in una commessa pubblica, come potrebbe essere ad esempio il servizio di gestione rifiuti urbani, è tenuta a specificare nel contratto che intenderà applicare il contratto nazionale FISE per le imprese di servizi.

Sembra una buona idea per la tutela dei lavoratori, però non possiamo non notare che nel caso dei lavoratori delle cooperative sociali questi hanno generalmente una produttività molto inferiore rispetto a lavoratori "normodotati", pertanto in eventuali appalti pubblici, se non si interviene con incentivazioni correttive, queste cooperative sociali rischiano di risultare svantaggiate nelle gare di appalto, non potendo più essere competitive dal puro lato dei costi.

Nel caso del sub-appalto di Hera a Forlimpopoli per operare la raccolta differenziata, ad esempio, Ecosfera in sede di rinnovo contrattuale potrebbe essere costretta ad applicare un contratto per i suoi ragazzi come se fossero lavoratori ad alto rendimento, il che significherebbe un aumento dei costi.

Ci auguriamo che il prossimo governo chiarisca questo decreto legge ed esegua interventi correttivi per eliminare questa "stortura" del mercato, a mio parere i ragazzi che lavorano per le cooperative sociali, proprio perchè svantaggiati, dovrebbero costare meno sul mercato del lavoro per favorirne il loro pieno e dignitoso impiego, e non equiparati ai lavoratori normali nelle gare di appalto pubblico. I lavoratori del sociale vanno incentivati e non penalizzati anche e soprattutto se impiegati per servizi di utilità pubblica.