sabato 27 febbraio 2010

Stop al consumo di territorio


Abbiamo davvero bisogno a Cesena del "nuovo quartiere  novello" (ovviamente stra-super-ecologico), o dell'ennesimo piano di sviluppo industriale a Pievesestina, oppure del parcheggio all'Osservanza, magari parzialmente interrato e quindi impiegante ancora più cemento  ? Dobbiamo per forza accettare supini, come inebetiti, i vari rendering grafici con cui i costruttori ci convincono che cementificare equivale ad aggiungere nuovo verde alla città ? 

Ovviamente, nel piano di costruzione cesenate di 1300 nuovi appartamenti, sappiate che solo circa il 4% saranno a prezzo calmierato o destinato a case popolari. C'è la crisi ? Investiamo sul mattone! Consuma troppa energia ? Meglio, così cresce il PIL. E' la stessa vecchia ricetta "New Deal" di Roosvelt, che così intendeva risolvere la gravissima crisi finanziaria del ... 1929! E' un new deal che ritorna incessantemente di moda, cioè spacciare per nuove le soluzioni vecchie, senza pensare ai limiti fisici del nostro sviluppo, come si sta facendo anche riguardo ai rifiuti.

Il consumo del territorio ce lo abbiamo tutti davanti agli occhi: ci sono dappertutto capannoni vuoti, appartamenti sfitti, eppure si continua a costruire a ritmo forsennato: le periferie sono piene ovunque di gru e cantieri. Al massimo, c'è chi teorizza che dobbiamo metterci a costruire case "ecologiche"

Ma com'è possibile che non ci si renda conto che il territorio non è infinito? Che stiamo distruggendo una risorsa limitata, il suolo fertile, che non sarà poi possibile ripristinare per migliaia di anni almeno?

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Vedi anche il Sito Web di Domenico Finiguerra

giovedì 25 febbraio 2010

C'era una volta il Lambro


Il Lambro prima del versamento di petrolio


Il Lambro dopo il versamento di petrolio


Il fiume Lambro a nord di Milano ha sempre attraversato una triste storia di inquinamento, principalmente da quando fin dagli anni 50 ha visto sui suoi argini un tale proliferare di industrie insalubri (specialmente petrolchimici) da azzerare quasi completamente ogni forma di vita autoctona. Fino a poco tempo fa era infatti già classificato come "altamente inquinato", eufemismo per dire fiume morto. Sembra che oltre il 30% dell'inquinamento del PO sia causato proprio dal Lambro, in larga misura a causa dei mancati potenziamenti ai depuratori, il più grande dei quali inaugurato solamente nel 2004.

Nel suo percorso il Lambro raccoglie gli scarichi delle acque nere (reflui civili) di quasi tutti i comuni del suo corso superiore. Nel fiume vengono scaricati anche reflui tossici (reflui industriali da: industrie tessili, fibre sintetiche, metallurgiche, meccaniche stamperie, plastiche, colorifici, lavanderie industriali, oltre a minute attività artigianali) aggiungendo così altro inquinamento di tipo chimico a quello biologico e batterico prodotto dagli scarichi fognari. 

Il fiume era già al limite del collasso ecologico; la vita microbiologica del fiume, cioè quel tipo di organismi che favoriscono il degradare della sostanza organica (provenienti dagli scarichi civili), è alterata al punto tale da non essere più in grado di assolvere a nessuna funzione autodepurativa. Tutto pesa sulle spalle dell'impianto di Monza S. Rocco, certamente insufficiente.

Di pochi giorni fa l'ennesima notizia di disastro ecologico con un versamento stimato (di matrce assai probabilmente dolosa) pari ad oltre 600.000 litri di gasolio ed oli pesanti.

Forse il numero non è sufficientemente chiaro: s-e-i-c-e-n-t-o-m-i-l-a litri di gasolio, una roba da ricordare la exxon valdez.

Una quantità abnorme assai difficilmente imputabile a qualche guasto dell'ex raffineria Lombarda Petroli di Villasanta (inutile cercare il loro sito web, l'hanno fatto sparire in fretta e furia).

E pensare che la ex raffineria colpevole del risastro, ora dismessa e relegata a deposito in attesa di bonifica, doveva essere trasformata in una splendida ecocity, non farebbe un po ridere se non fosse una cosa così tragica ?

Ce ne sarebbe abbastanza per proclamare uno stato di emergenza nazionale! Se fosse un paese normale, ma difficilmente vedremo Bertolaso e relativo codazzo passare fra le paratie mobili per tenere sott'occhio la situazione e prendere provvedimenti (magari qualche appalto regalato al cognato).

Ieri al TG1, un non meglio identificabile tecnico specialista, ha rassicurato affermando che per l'acqua non c'è pericolo, dato che il petrolio galleggia e quindi il problema è solo superficiale, la potabilità dell'acqua è garantita... Gle lo avrei tirato in faccia, un sottile strato di quel liquame, giusto per vederlo sostenere che in fondo è solo un problema superficiale e per la sua testa di .... non c'è pericolo! Criminale!

Ora il fiume è ridotto così. Il fatto che il suo percorso passi vicino ad Arcore è l'unica magra consolazione di questa triste vicenda.

martedì 23 febbraio 2010

La crescita impossibile del criceto

Quello che vedete nel filmato è un criceto. Perché proprio un criceto ? Perché rappresenta una perfetta metafora della nostra economia. Questo piccolo roditore infatti ha la capacità di raddoppiare di peso e di volume, dalla nascita all’età adulta, ogni settimana.

Se però, una volta appunto raggiunta l’età adulta, non si dovesse fermare, raddoppiando di settimana in settimana raggiungerebbe al suo primo compleanno un peso di circa nove miliardi di tonnellate, diventando un mostro capace di divorare in un solo giorno la produzione mondiale di mais di un intero anno.

Pensiamoci, quando crediamo che l'unico obbiettivo di una moderna società civilizzata sia la crescita perenne dell'economia. Può benissimo essere che il criceto della società dei consumi abbia già raggiunto l'età adulta, e che l'arresto della sua crescita (scambiato erroneamente per una crisi) non sia poi così tanto un male come molti economisti sostengono. Troppo spesso ci ripetono la panzana che per stare meglio dobbiamo crescere.

Il video, molto suggestivo ed efficace, è tratto da The Impossible Hamster Club, un sito inglese iniziativa della new economy foundation, che profetizza concetti molto simili a quelli affini al movimento della decrescita felice. La crescita ha sempre un limite, che ci piaccia oppure no occorre imparare ad accettarlo, anche in economia.