di Patrizia Gentilini
Gentile Direttore (la lettere è stata pubblicata sul quotidiano Il Resto del Carlino, nda),
vedo che sono frequentemente pubblicate lettere che esprimono
riserve e timori circa la raccolta porta a porta dei rifiuti, specie per
quanto attiene un eventale aumento delle tariffe. Per una volta, come
medico talvolta definito “allarmista”, mi sia consentito di intervenire
per portare viceversa buone notizie, rassicurare tutti e far dormire
sonni tranquilli ai nostri concittadini. Con tutta l’esperienza che ho
maturato in questi anni posso davvero affermare, senza timore di
smentite, che se c’è una cosa di cui non ci si deve preoccupare è
proprio la raccolta domiciliare.
Anzi, vorrei avere una “finestrina cardiaca” attraverso cui tutti
potessero sbirciare e vedere quanta gioia ci sia nel mio cuore da
quando ho saputo che anche nella nostra città si adotterà la raccolta
“porta a porta”.
Eh sì, cari concittadini, se vogliamo guarire dalla “malattia
rifiuti”, il primo passo è proprio questo: iniziare con una buona
differenziazione dei rifiuti alla fonte! Se posso fare un paragone
sarebbe come essere a letto con la febbre e tenere la finestra
spalancata: per quanti antibiotici prendiamo il freddo che entra non ci
permette di guarire e così, perifrasando, fare la raccolta domiciliare è
come chiudere la finestra, il primo passo verso la guarigione dalla
“malattia rifiuti”!
Perche sono tanta fiduciosa? Semplice, perchè la raccolta domiciliare
non è una “balzana” idea del nostro Sindaco, ma quanto praticato già da
anni da milioni di cittadini nel nostro Paese e che ha dimostrato di
comportare i maggiori vantaggi sia in termine di riduzione di rifiuti
(mediamente -20%), aumento della raccolta differenziata (fino al 70-80%)
e, soprattutto, a regime, diminuzione delle tariffe (-15%). Ricordo che
già nel 2006 una ricerca su oltre 13 milioni di cittadini fatta
dall’Ecoistituto di Faenza dimostrava quanto vi sto dicendo.
Già oggi un cittadino che vive in un appartamento di 80 metri quadri
in Provincia di Treviso, ove si fa il porta a porta, paga per la Tarsu
90 euro l’anno rispetto ai 120 euro circa che si pagano da noi, vi pare
poco? Questo non succede solo in Veneto, ma anche in provincie del
Lazio, Lombardia, Sardegna, Sicilia, Piemonte, Campania…. Ad Ancona,
proprio in questi giorni, è in atto in Consiglio Comunale un
ripensamento dell’intero ciclo dei rifiuti e si stima una diminuzione
del 30% delle tariffe adottando la raccolta domiciliare spinta
finalizzata al riciclo totale della materia.
La raccolta domiciliare certamente comporta un cambiamento di
abitudini ed un maggior numero di addetti, richiede quindi una adeguata
informazione, la collaborazione di tutti ed un aumento degli occupati.
Maggiori occupati (cosa non disprezzabile coi tempi che corrono)
significa maggiori costi, ma sia chiaro: questi maggiori costi sono
ampiamente compensati dai minori costi di smaltimento del residuo, dai
minori investimenti e dal maggior guadagno che proviene dalla vendita
dei materiali ben differenziati alla fonte ed è qui che vogliamo si vada
a parare: la raccolta porta a porta deve essere finalizzata al riciclo e
non all’incenerimento!
E non si dica che non esiste mercato per il riciclo in periodo di
esaurimento di risorse come l’attuale: il 10 Novembre 2009 Assopannelli
ha denunciato la carenza di legno di riciclo per la costruzione di
pannelli truciolari, legno che insieme a tante altre nobili materie
quali carta e plastiche viene totalmente sprecato nelle voraci fauci
degli inceneritori!
Infine, e mi stupisce davvero che mai questo venga messo sul “piatto
della bilancia”, perchè nessuno affronta il problema dei “costi
esternalizzati”, ossia i costi in termini di danni alla salute ed
all’ambiente che provengono dalle attività
industriali/energetiche/produttive, ecc? Questi costi, riconosciuti e
valutati (oltretutto parzialmente) dall’UE, variano, per l’incenerimento
di una tonnellata di rifiuti da 4.5 a 21 Euro, a seconda dell’efficenza
energetica raggiunta dall’impianto.
Allora, se mettiamo sul piatto della bilancia la riduzione del 20%
della TARSU che si ottiene col porta a porta, l’assenza di costi
esternalizzati, i nuovi posti di lavoro che si creano, da che parte
pende la bilancia?
A me pare che penda tutta da una sola parte e che i motivi per dire
sì al porta a porta - “senza se e senza ma” - siano indiscutibili.
O forse a qualcuno non interessa farci guarire dalla “malattia rifiuti”?
Patrizia Gentilini
ISDE Italia