Biomasse negli inceneritori, l'ultima trovata di Hera
Quando fu progettato il nuovo inceneritore di Forlì, firmato dal noto architetto Gae Aulenti, molti ambientalisti correttamente evidenziarono come fosse completamente sovradimensionato rispetto al bacino territoriale di Forlì-Cesena. Autorizzato a bruciare esclusivamente materiale proveniente dalla provincia, fino a un limite di 120.000 tonnellate/anno. Oggi constatiamo di avere avuto ragione, dato che non è praticamente mai riuscito a funzionare al massimo regime autorizzato.
Questo potrebbe far trarre un sospiro di sollievo ad alcuni, invece non dovrebbe, poiché la progettazione di impianti così complessi prevede un potere calorifico in ingresso prevedibile e ben garantito, previa il non corretto funzionamento del sistema automatico di controllo delle emissioni.
In effetti, questo sistema di controllo necessario per mantenere la temperatura all'interno del forno a griglia intorno ai 900-950 °C (pena la formazione di pericolose diossine), prevede l'utilizzo di massicce iniezioni di gas metano (specialmente durante i transitori) e insufflamenti di ossigeno (controllati al computer) per renderne stabile il funzionamento termico in ogni condizione di carico possibile.
Ecco allora l'ideona di Hera, perchè non integriamo la quota di rifiuti che non riusciamo a reperire sul territorio con altrettante biomasse ? Così possiamo farlo funzionare a pieno regime, ed inoltre ci pappiamo pure un surplus di certificati verdi come fosse un impianto ad energia rinnovabile.
La richiesta che Hera ha fatto pervenire al comune di Forlì, per alcuni considerata indecente, é equivalente a un ampliamento della capacità autorizzata per altre 45.000 ton/anno, ma di biomasse anziché di rifiuti. Anche se a rigore potrebbe essere mantenuto il limite massimo attuale (120.000ton/a), ma da intendersi del complessivo biomasse + rifiuti.
Purtroppo, le cose non sono affatto così semplici, poiché se anche è vero che l'approvvigionamento di rifiuti è soggetto a incertezza, anche quello di biomasse non è da meno, pertanto ci si potrebbero aspettare effetti molto modesti sulla riduzione della quantità di metano complessiva che l'impianto dovrà comunque utilizzare per garantire la sua necessaria stabilità termica.
Nonostante ciò, il presidente della provincia Massimo Bulbi, che con tutta evidenza si intende assai più di caccia che di tecnologia, se ne esce con queste affermazioni:
“Attualmente l’impianto di termovalorizzazione di Hera, oltre ai rifiuti urbani, utilizza anche gas per mantenere la migliore funzionalità – sostiene Bulbi -. Quindi utilizzare biomasse in luogo di un combustibile fossile non può che essere un passo nella direzione giusta."
Quando si parla di incenerimento, la quantità autorizzata per un impianto non é un parametro fondamentale di progetto, poiché dal punto di vista di un forno il bruciare 1 tonnellata di materiali oppure 1/2 tonnellata ma dal potere calorifico doppio è pressoché equivalente. Sarebbe perfettamente lecito addirittura bruciare molto meno materiale di quanto autorizzato attualmente, purché esista una qualche pre-selezione capace di innalzarne il potere calorifico a un livello sufficiente.
Ebbene, utilizzare biomasse (che hanno un potere calorifico più alto dei rifiuti urbani tal quali ma comunque basso rispetto al mentano) non sembra essere una soluzione intelligente per questo impianto, progettato con in mente un potere calorifico in ingresso di 2500 Kcal/Kg. Che bruciare biomasse faccia risparmiare metano quindi, non bisogna solo dirlo, bisogna anche dimostrarlo. Inoltre, i camion in più per trasportare le biomasse necessarie sicuramente consumeranno prezioso gasolio.
Benissimo ha fatto quindi l'assessore all'ambiente Bellini di Forlì, nonchè ingegnere esperto, a suggerire una modifica in senso opposto, ossia anziché incrementare la quantità di materiale (quindi di camion, con relativo inquinamento e consumi energetici di fonti fossili indotti dai trasposti) si cerchi di valutare se sia possibile aumentare il potere calorifico di quanto già arriva, magari ricorrendo a una separazione spinta delle frazioni grazie al metodo della raccolta domiciliare.
Il residuo secco dalla raccolta differenziata, tolta la parte umida, i materiali ferrosi, il vetro, le plastiche ben riciclabili (che sarebbe un peccato bruciare anziché riutilizzare), diventa CDR e potrebbe avere un potere calorifico sufficiente a giustificare l'impianto così come è, senza la necessità di ricorrere al trucco delle biomasse per garantire la sua piena utilizzazione.
In soldoni, visto che l'impianto già esiste e non ce lo toglieremo di torno a breve termine, per lo meno rendiamolo funzionale a una raccolta differenziata spinta, in modo da distruggere termicamente solo quanto non sappiamo recuperare, e che quindi andrebbe inevitabilmente in discarica.
In soldoni, visto che l'impianto già esiste e non ce lo toglieremo di torno a breve termine, per lo meno rendiamolo funzionale a una raccolta differenziata spinta, in modo da distruggere termicamente solo quanto non sappiamo recuperare, e che quindi andrebbe inevitabilmente in discarica.
Qualcosa mi fa pensare però che Hera difficilmente abbandonerà questa ideuzza balorda di trasformare i suoi inceneritori in altrettanti impianti a biomasse, infatti anche a Ferrara stanno pensando a un progetto del genere, sintomo che questa è una precisa strategia che vedremo presto fiorire un po ovunque.
Fermiamoli (per il bene delle "vere" energie rinnovabili), non si rendono conto della portata devastante per un futuro sostenibile di ciò che stanno facendo... un inceneritore truccato da centrale a biomasse in ogni provincia, costituirebbe un perfetto non-senso ambientale.
UPDATE: Trovate sul sito di Forlì Ambiente tutti i dettagli tecnici sulla richiesta fatta da Hera.
UPDATE: Trovate sul sito di Forlì Ambiente tutti i dettagli tecnici sulla richiesta fatta da Hera.
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