venerdì 20 novembre 2009

Messaggio di Pallante su "Il Fatto Quotidiano"


“Il Fatto Quotidiano” di domenica 15 novembre 2009, ha ospitato un articolo di Maurizio Pallante, ispiratore e presidente del movimento per la decrescita felice. Secondo il mio parere queste son cose che non si dicono mai abbastanza, e che invece si dovrebbero dire.

Decrescita, non Medioevo... di Maurizio Pallante 

Il periodo che stiamo vivendo è caratterizzato da diverse forme di crisi: economica, ambientale, sociale, finanziaria, spirituale. I rimedi che si propongono sono però sempre gli stessi, a partire da un improbabile rilancio dei consumi. Oggi tutti parlano di crisi, ma nessuno si prende la responsabilità di affermare che, ormai, l’unica via per uscirne è modificare l’approccio che noi tutti stiamo avendo non solo con l’economia, ma anche con la realtà. Nessuno si prende la briga di dimostrare che la soluzione sta nel cambiare l’uso che si fa della tecnologia, il tipo di partecipazione politica ed i propri stili di vita.

Il termine Decrescita nasce in ambito economico, come ferma contestazione al concetto di crescita economica illimitata (impossibile in un ambiente limitato) ed al PIL come metro di misura del benessere (il Prodotto Interno Lordo, infatti, cresce anche quando si comprano armi o psicofarmaci, o semplicemente quando si resta imbottigliati per ore nel traffico a respirare gas di scarico), per poi passare in ambito filosofico, come proposta di un nuovo paradigma culturale che ci liberi dalla schiavitù del produttivismo forsennato che ci ha attanagliati in particolare negli ultimi decenni. E che ci ha portato all’attuale situazione di “crisi” (economica, occupazionale, ambientale, sociale, climatica) causata dal mito della crescita economica e dell’aumento del PIL.

Il Movimento per la Decrescita Felice si pone quindi lo scopo di introdurre nel dibattito politico il tema, appunto, della Decrescita economica. Attenzione: decrescita non vuole dire ritorno al carro e alla candela, né tanto meno ripudio per la tecnologia. Vuole semplicemente dire rallentare questa corsa impazzita che ci sta portando (se non lo ha già fatto) al punto di non ritorno. Vuole tornare a parlare di qualità, piuttosto che di quantità, a dare valore a cose che ne hanno perso troppo negli ultimi tempi, a partire dall’ambiente fino ad arrivare alle relazioni umane. Felice perché unire l’attuale livello culturale a certi usi imprudentemente abbandonati ci potrebbe portare a migliorare notevolmente la qualità della nostra vita. Addirittura diminuendo la quantità di denaro necessaria a farlo.

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Continua su: decrescitafelice.it 

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