Sotterriamo e non bruciamo le biomasse in agricoltura
Federico Valerio, sul suo blog, ha avuto una grande idea. I contadini utilizzano oggi grandi quantità di combustibili fossili per il trattore, pesticidi e concimi a profusione, grandi quantità di acqua, per produrre grano e frumento il cui valore di mercato a malapena copre i costi di produzione. Naturale quindi che si parli spesso della possibilità di sovvenzionare (tramite certificati verdi) la combustione di biomasse direttamente da parte delle aziende agricole, per recuperare energia dagli scarti, spacciandola come soluzione per sostenere una agricoltura a bassa rendita destinata a scomparire.
Purtroppo questa pratica non è bene in accordo con il protocollo di kyoto e non sembra generalmente molto benefica dal punto di vista ambientale. Si bruciano infatti scarti in carbonio per immetterlo nell'atmosfera, recuperando qualche soldo per la vendita di energia elettrica e i certificati verdi. Analogamente, i terreni si impoveriscono, si inaridiscono, lavorarli diventa sempre più difficile per la perdita dello strato fertile, e i costi aumentano.
Ecco all'ra l'idea, anzichè sovvenzionare i contadini per bruciare le biomasse, li si potrebbe sovvenzionare per seppellire le biomasse nel proprio terreno, accedendo così ai crediti di carbonio che saranno istituiti anche in Europa, così come chiedono le conferenze sul clima, non ultima quella del prossima di Copenaghen.
Si fa quello che facevano i nostri nonni, ovvero il sovescio, che ha come beneficio la fissazione di gran parte del carbonio degli scarti all'interno del terreno (meno co2 in atmosfera), un terreno che assorbe più acqua, che si lavora con meno combustibile, più ricco di humus quindi con minori necessità di fertilizzanti.
Si sovvenzionerebbero i contadini per ridurre i loro costi globali anziché per aumentarli! La stessa cosa dovrebbe valere secondo me anche per le deiezioni agricole, incentivandone il riutilizzo in loco aumentandone così il valore di mercato. A quel punto incenerirle diventerebbe antieconomico e nessuno vorrà più farlo, con beneficio pure per il clima.
Trovate qui l'interessante articolo completo sul blog di Federico Valerio.
Purtroppo questa pratica non è bene in accordo con il protocollo di kyoto e non sembra generalmente molto benefica dal punto di vista ambientale. Si bruciano infatti scarti in carbonio per immetterlo nell'atmosfera, recuperando qualche soldo per la vendita di energia elettrica e i certificati verdi. Analogamente, i terreni si impoveriscono, si inaridiscono, lavorarli diventa sempre più difficile per la perdita dello strato fertile, e i costi aumentano.
Ecco all'ra l'idea, anzichè sovvenzionare i contadini per bruciare le biomasse, li si potrebbe sovvenzionare per seppellire le biomasse nel proprio terreno, accedendo così ai crediti di carbonio che saranno istituiti anche in Europa, così come chiedono le conferenze sul clima, non ultima quella del prossima di Copenaghen.
Si fa quello che facevano i nostri nonni, ovvero il sovescio, che ha come beneficio la fissazione di gran parte del carbonio degli scarti all'interno del terreno (meno co2 in atmosfera), un terreno che assorbe più acqua, che si lavora con meno combustibile, più ricco di humus quindi con minori necessità di fertilizzanti.
Si sovvenzionerebbero i contadini per ridurre i loro costi globali anziché per aumentarli! La stessa cosa dovrebbe valere secondo me anche per le deiezioni agricole, incentivandone il riutilizzo in loco aumentandone così il valore di mercato. A quel punto incenerirle diventerebbe antieconomico e nessuno vorrà più farlo, con beneficio pure per il clima.
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