I limiti dello sviluppo
Aurelio Peccei, nei lontani anni 60-70, noto per essere stato amministratore delegato dell'Olivetti (prima di de Benedetti), importante manager di Fiat (fondatore di Fiat Argentina), era indiscutibilmente un timoniere d'azienda d'eccezione, di quelli tutti di un pezzo orientati verso il capitalismo più sfrenato. Da personaggi simili ci si aspetterebbe di sentire discorsi come "dobbiamo incrementare i consumi", "la crescita industriale è il benessere del paese", "maggiore produttività significa ricchezza e benessere".
Invece, sulla fine degli anni 60, si ritrova informalmente a Roma con un manipolo di personalità della società civile, cominciando a farsi delle domande, fondando così nel 1968 il nocciolo di quello che sarà denominato Club di Roma. Il frutto di questo fortunato incontro fu la produzione di alcuni documenti, allora assai criticati, i quali sostenevano un fatto che oggi sembra di una semplicità disarmante: non può esistere crescita infinita in un mondo finito. Incompreso e deriso in Italia, a causa di profezie allora considerate avventate se non nefaste, decise di vederci chiaro nella sua intuizione e commissionò finanziariamente al famoso MIT (Massachusetts Institute of Technology) uno studio mirato sull'argomento.
Utilizzando i primi elaboratori elettronici di allora, grazie al contributo di un eccezionale gruppo di scienziati come solo al MIT se ne possono trovare, Dennis e Donella Meadows realizzarono una simulazione al computer utilizzando modelli matematici empirici che tenevano conto di molti fattori, come la crescita della popolazione, il tasso di inquinamento, il livello di industrializzazione, la disponibilità di cibo, l'utilizzo delle risorse, il riciclo dei materiali, etc. Questo modello avrebbe dovuto prevedere i dati storici ed essere abbastanza robusto da consentire "estrapolazioni" per i dati futuri, cosa che si è sostanzialmente verificata dopo oltre 30 e passa anni di ulteriori misurazioni. Il risultato del loro sforzo fu un libro uscito nel 1972, subito best seller in America, chiamato I limiti dello sviluppo (Limit to Growth), di cui è uscito recentemente una edizione aggiornata scritta dello stelsso Meadows 40 anni dopo (oggi signore attempato ma ancora arzillo).
Il libro originale del 1972, rarissimo e quasi introvabile, è stato scansionato ed è disponibile e consultabile in rete gratuitamente, se masticate l'inglese leggetelo perchè nelle sue profetiche previsioni è assolutamente sconcertante. Chiunque si occupa di ecologia in modo pratico, scientifico e non ideologico dovrebbe leggerlo a mio modesto parere.
Cosa predice in soldoni ? Più o meno che siamo già alla frutta e da un pezzo in maniera pressochè irreversibile, veleggiando allegramente verso una crisi disastrosa e repentina.
Riporto due grafici presi dal libro, il primo è un modello "standard" nell'ipotesi che i governi si limitino ad amministrare l'esistente e si continui imperterriti nel modello energivoro industriale attuale (fai click sull'immagine per ingrandire).
La previsione è di un drammatico abbattimento delle risorse naturali attorno al 2010, di un picco di inquinamento insostenibile coincidente con il massimo sviluppo industriale attorno al 2020, ed infine un drastico ridimensionamento della popolazione che avrà un picco nel 2030, falcidiata dalla mancanza di cibo e dalle possibilità di accesso alle cure mediche. Sostanzialmente prevede l'azzeramento della civiltà industriale così come oggi noi la conosciamo fra il 2050 e il 2100, con il pressochè totale esaurimento delle risorse energetiche fossili e minerarie.
Allego un altro grafico sempre proveniente dal libro.
Questo rappresenta il "migliore dei mondi possibili" che possiamo sperare (se il modello si rivelerà realistico) operando drasticamente sui parametri coinvolti , purchè lo si faccia almeno a partire dall'anno 2000 (e siamo già al 2008). Le condizioni al contorno sono imposte per ottenere uno stato di stabilizzazione indefinita, l'unica cosa che possiamo sperare di ottenere, giacché una crescita infinita è ovviamente impossibile. Perchè si realizzi questo equilibrio, che corrisponde ad un reddito pro-capite all'incirca triplo rispetto a quello del 1970, occorrono queste precise condizioni:
- Fissare a 2 il numero massimo di figli per coppia (nascite=morti)
- Riciclare oltre il 75% di tutta la materia che consumiamo
- Ridurre l'inquinamento fino ad 1/3 dei livelli del 1970
- Allungare di almeno tre volte il ciclo di vita dei prodotti di consumo
- Economia e industria riconvertita prevalentemente all'agricoltura
- Utilizzo esclusivo di fonti rinnovabili di energia ed abbandono delle fonti fossili
- Rateo di investimento del capitale uguale al deprezzamento dei beni (%PIL=zero!!!)
- Recupero dei terreni cementificati e marginali alla produzione agricola
- Mantenimento delle foreste e delle aree di biodiversità
La cosa sconcertante è che le simulazioni al calcolatore indicano che, se solo uno di questi obiettivi non sarà ottenuto, il sistema diverrà instabile e destinato al collasso ben prima del 2100! Significa che il sistema economico darà una "smusata" così dura da far impallidire la crisi del 29, nonchè la popolazione mondiale subirà uno spaventoso tracollo per assestarsi autonomamente ad un livello compatibile con le risorse che la terra metterà loro a disposizione. Non ci sarà mai industria o tecnologia miracolosa che potrà aiutarci, giacchè anche se ci fosse i fattori limitanti sarebbero multipli e tutti equamente instabili e tali da causare un crollo irreversibile dell'economia come la intendiamo oggi. Insomma, se desideriamo vivere come ora, con i consumi e redditi attuali (ed in europa siamo esattamente nella media per una stabilizzazione, al contrario che in US dove un ridimensionamento è inevitabile), dovremo fare sacrifici immani, altro che ccostruire entrali nucleari o coltivare biocarburanti.
E' un po che ci sto pensando, forse mi conviene fin da ora prepararmi per tempo ed imparare a gestire un orto in casa.
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