venerdì 30 settembre 2011
lunedì 8 agosto 2011
La sostenibilità e lo stato stazionario nella cultura Giapponese
Il popolo giapponese ha subito più sofferenze di qualunque altro a causa della nostra cattiva gestione dell’energia atomica. Quella del bombardamento di Hiroshima e Nagasaki, nel 1945, è triste storia. Magari qualcuno di voi ha avuto la possibilità di visitare queste città – io le ho visitate entrambe, e vi posso dire che la memoria di quegli eventi non è qualcosa che si riesce a ignorare facilmente. Ovviamente, al confronto l’incidente nucleare di Fukushima è stato cosa da poco. Ma rimane che è difficile per noi – intendo noi umanità – gestire l’energia nucleare. Forse è semplicemente una cosa troppo grande e complessa.
Comunque, lasciamo perdere i pro e i contro dell’energia atomica; non è di questo che voglio discutere con voi oggi. Piuttosto, credo che possiate essere interessati a parlare un po’ della cultura giapponese. Il semplice fatto che siamo tutti seduti sul pavimento su un tatami giapponese vuol dire che la cultura del Giappone ha un’influenza su di noi, proprio come ha avuto influenza sulla cultura occidentale in molti campi – pensate solo ai manga! Perciò, quello che vorrei fare oggi è discutere di ciò che possiamo imparare dal Giappone in termini di sostenibilità.
Lasciatemi cominciare con qualche parola sulla storia del Giappone. Conoscete sicuramente il periodo “Heian” o “Imperiale”, iniziato tanto tempo fa: questo fu il periodo “classico” della storia giapponese. Il periodo Heian ha poi lasciato il campo a un’età di guerre civili: il sengoku jidai, l’epoca dei Samurai. Diversi film l’hanno dipinto come un’epoca romantica, ma sono sicuro che la gente che ci viveva non la trovava molto romantica; era un periodo di continue battaglie, e doveva essere parecchio dura per tutti. Ad ogni modo, questa fase storica finì quando Tokugawa Ieyasu emerse da vincitore delle guerre e divenne shogun, reggente di tutto il Giappone. Questo succedeva intorno all’anno 1600, e cominciò allora il periodo “Edo”, che fu molto più tranquillo. Il periodo Edo durò finché il Commodoro Perry non arrivò con le sue “navi nere” a metà del 19° secolo, il che diede inizio all’età moderna.
Ora, i due secoli e mezzo del periodo Edo sono molto interessanti dal punto di vista della sostenibilità. Non fu solo un periodo di pace; fu anche un’epoca di economia stabile e popolazione stabile. In effetti, non è del tutto vero, perché la popolazione del Giappone aumentò nella prima parte del periodo Edo; ma arrivata a 30 milioni restò quasi costante per circa due secoli. Non ho notizia di altre società nella storia che hanno vissuto un simile periodo di stabilità. Era un esempio di quel che oggi chiamiamo “economia di stato stazionario”.
Il motivo per cui la maggior parte delle civiltà non riescono a raggiungere uno stato stazionario è che è troppo facile sovrasfruttare l’ambiente. E’ qualcosa che non ha a che fare solo con i combustibili fossili: è tipico anche delle società agricole. Se tagliate troppi alberi, il suolo fertile viene lavato via dalla pioggia. E poi, senza terra fertile da coltivare, la gente muore di fame. Il risultato è il collasso – una caratteristica comune di gran parte delle civiltà del passato. Qualche anno fa, sull’argomento Jared Diamond ha scritto un libro, intitolato proprio “Collasso”.
C’è un punto interessante di Diamond a riguardo delle isole. In un’isola, dice Diamond, ci sono risorse limitate – molto più limitate che sul continente – e le opzioni a disposizione sono limitate di conseguenza. Quando sei a corto di risorse, mettiamo di terreno fertile, non puoi emigrare e non puoi attaccare i vicini per ottenere risorse da loro. Puoi solo adattarti, o perire. Diamond cita diversi casi di piccole isole nell’oceano Pacifico in cui l’adattamento era molto difficile ed i risultati sono stati drammatici, come nel caso dell’isola di Pasqua. In alcune isole davvero piccole, adattarsi è risultato talmente difficile che gli esseri umani sono semplicemente scomparsi. Sono morti tutti, e basta.
Il che ci porta al caso del Giappone: che è un’isola, naturalmente, anche se grande. Ma alcuni dei problemi che si avevano con le risorse dovevano essere gli stessi di tutte le isole. Il Giappone non possiede molto in termini di risorse naturali. Moltissima pioggia, per lo più, ma poco altro, e la pioggia può fare molti danni se le foreste non sono ben amministrate. E ovviamente in Giappone lo spazio è limitato, il che significa che c’è un limite alla popolazione; almeno finché essa dipende dalle risorse locali. Io credo che a un certo punto nel corso della storia i giapponesi abbiano raggiunto il limite massimo di quel che potevano fare con lo spazio a disposizione. Ovviamente ci volle del tempo: il ciclo è stato molto più lungo che su una piccola isola come l’isola di Pasqua. Ma potrebbe perfettamente essere che le guerre civili furono una conseguenza del fatto che la società avesse raggiunto un limite. Quando non c’è abbastanza per tutti, le persone tendono a combattere fra di loro, ma è ovvio che non sia questo il modo migliore per gestire la scarsità di risorse. Perciò, a un certo punto i giapponesi dovettero smettere di lottare, dovevano adattarsi o morire – e si adattarono alle risorse che avevano. Era l’inizio del periodo Edo.
Per arrivare a uno stato stazionario, i giapponesi dovevano gestire al meglio le risorse a disposizione, ed evitare di sprecarle. Una cosa che fecero fu liberarsi degli eserciti del periodo delle guerre. La guerra è semplicemente troppo costosa per una società a stato stazionario. Poi, fecero grossi sforzi per mantenere le foreste ed incrementarle. Potete leggere qualcosa a riguardo nel libro di Diamond. Il carbone di Kyushu forse aiutò un po’ a risparmiare gli alberi, ma il carbone da solo non sarebbe stato abbastanza – fu la gestione delle foreste a fare la differenza. Il governo amministrava i boschi a livello di singola pianta: un’impresa notevole. Infine, i giapponesi riuscirono a gestire la popolazione. Probabilmente fu questa la parte più difficile, in un tempo che non conosceva contraccettivi. Da quel che ho letto, ho capito che i poveri erano obbligati a praticare più che altro l’infanticidio, e questo doveva essere atroce per i giapponesi, come sarebbe per noi oggi. Ma le conseguenze del lasciar crescere la popolazione senza controllo sarebbero state terribili: per cui, erano costretti a farlo.
Noi tendiamo a vedere l’economia a stato stazionario come qualcosa di molto simile alla nostra società, solo un po’ più tranquilla. Ma il periodo Edo del Giappone era molto diverso. Di certo non era il paradiso in terra. Era una società estremamente regolata e gerarchica, in cui sarebbe stato difficile trovare – o anche solo immaginare – qualcosa come “la democrazia” o “i diritti umani”. Nonostante ciò, il periodo Edo fu una realizzazione notevole, una società molto raffinata e ricchissima di cultura. Una civiltà di artigiani, poeti, artisti e filosofi. Creò alcuni dei tesori d’arte che possiamo ammirare ancora oggi, dalle spade katana alla poesia di Basho.
Insomma, i giapponesi ce la fecero a creare una società estremamente raffinata che riuscì a esistere in uno stato stabile per più di due secoli. Non credo che nella storia ci siano molti casi paragonabili. Perché il Giappone ebbe successo dove molte altre civiltà nella storia avevano fallito? Be’, penso che il fatto di essere un’isola fosse un enorme vantaggio. Questo proteggeva da gran parte delle ambizioni dei popoli confinanti, e anche dalla tentazione che potevano avere gli stessi giapponesi di invadere i loro vicini. E se non hai una terribile paura di essere invaso (e non hai intenzioni di invadere nessuno), allora non hai motivo di mantenere un grosso esercito, né di far crescere la popolazione. Puoi concentrarti sulla sostenibilità e sulla gestione di quel che hai a disposizione. Poi, naturalmente, quando il Commodoro Perry e le sue navi nere arrivarono, il Giappone non fu più un’isola, nel senso che smise di essere isolato dal resto del mondo. Così la crescita ripartì. Ma, finché il Giappone restò isolato, l’economia rimase in uno stato stazionario e, come ho detto, questa era una conquista straordinaria.
Però non credo che il fatto di essere un’isola spieghi tutto del periodo Edo. Io penso che esso non sarebbe stato possibile senza un certo grado di saggezza. O forse un termine più corretto in questo caso è “sapienza”.
La saggezza o la sapienza non sono cose che si possano quantificare o attribuire a persone specifiche. Ma io ritengo che il Giappone, nella sua interezza, aveva raggiunto un certo livello di – diciamo così – “illuminazione”. Comprendetemi: mi riferisco al periodo Edo. So bene che oggi il Giappone è pieno di posti orribili come la maggior parte dei luoghi del mondo occidentale: inquinato, sovraffollato e pieno di costruzioni bruttissime. Però nel periodo Edo si era sviluppato un modo di guardare il mondo che ancora ammiriamo oggi, e che è secondo me ben rappresentato dalla poesia giapponese: un prodigio di luminosità, di percezione dei dettagli, di amore per le piccole e delicate cose del mondo càduco. Ma non è solo la poesia: pensate al Judo secondo il maestro Kano. E’ un modo di vivere: una filosofia, una maniera di acquisire saggezza. Il Judo è un’idea moderna, ovviamente, ma ha le sue origini nel periodo Edo. Per quello che posso capire, l’approccio giapponese di quell’epoca era quanto di più lontano può esserci dall’atteggiamento orrendo che abbiamo noi oggi, quello del golem chiamato homo economicus che pensa seriamente che un albero non abbia valore a meno che non sia abbattuto. Se è questo il modo con cui guardiamo il mondo, allora meritiamo di collassare e scomparire. La saggezza probabilmente non è una risorsa non rinnovabile, ma sembra che siamo comunque riusciti a restarne senza.
Vorrei raccontarvi una storia proveniente dalla saggezza giapponese; ha a che fare con l’epoca delle guerre civili ma fu sicuramente inventata durante il più tranquillo periodo Edo. Probabilmente conoscete i nomi dei principali condottieri dell’ultima fase delle guerre civili in Giappone: Oda Nobunaga, Toyotomi Hideyoshi e Tokugawa Ieyasu. Alla fine, fu Ieyasu a diventare shogun e guida dell’intero paese. Sul come ci riuscì, c’è questa storiella che esiste in forma di senryu, una poesia breve. Racconta che un giorno Nobunaga, Hideyoshi e Ieyasu si incontrarono e videro un cuculo che non cantava. Nobunaga disse: “Se non canta, lo uccido”. Hideyoshi disse: “No, io lo convincerò a cantare”. E Ieyasu disse: “Io aspetterò, finché non canterà”.
Penso che questo racconto sia un’ottima rappresentazione di come la gente del periodo Edo razionalizzava gli eventi che portarono alla loro età. Ci dice che la strategia vincente non è la violenza, e nemmeno la furbizia: bensì è l’adattamento. I giapponesi avevano capito che non potevano forzare o persuadere la loro isola a comportarsi come essi desideravano, proprio come non si può forzare o convincere un cuculo a cantare. Dovevano adattarsi, e lo fecero. Questa, io credo, è saggezza.
Ora, una caratteristica della saggezza è che si può applicare a diverse situazioni, diversi luoghi, diversi tempi. Vediamo un po’ come possiamo interpretare il racconto nella nostra epoca. Abbiamo enormi problemi ovviamente: non abbiamo abbastanza petrolio, non abbiamo abbastanza risorse minerali, né abbastanza acqua, né atmosfera per assorbire i residui della combustione. Come reagiamo allora? Be’, un po’ come Nobunaga. Siamo propensi a usare la violenza, non solo in termini di “guerre per il petrolio”. Cerchiamo di forzare il pianeta a produrre quel che desideriamo. In un certo senso, è come dire all’uccello “canta, o ti ammazzo”. Insomma, è il “drill, baby drill!”, è la volontà di fare di tutto e con qualunque mezzo per produrre i combustibili liquidi di cui siamo convinti di avere assoluto bisogno, anche se così distruggeremo la terra e l’atmosfera. Vogliamo costruire centrali atomiche, incuranti dei rischi connessi, e fare un mucchio di altre cose per forzare il pianeta a produrre ciò di cui crediamo avere la necessità.
Poi c’è un diverso atteggiamento in apparenza più civile: è l’efficienza. Esso dice che, se riusciamo a convincere la gente ad usare le risorse in maniera più efficiente, possiamo continuare ad avere tutto quello cui siamo abituati ed in più salvare il pianeta. Le lampade a risparmio energetico e le auto di dimensioni più piccole di certo appaiono molto meglio, come idea, del “drill, baby, drill”; ma in fondo il concetto non è tanto diverso, nel senso che non vogliamo cambiare rispetto a ciò che pensiamo sia per noi indispensabile. Il modello di vita americano resta apparentemente non negoziabile: solo il modo di ottenerlo potrebbe forse esserlo. Questa strategia potrebbe addirittura funzionare – almeno per un po’. Ma riusciremo davvero a trovare delle soluzioni tecnologiche per avere, tutti, tutto quello cui siamo abituati? Il recente disastro di Fukushima dovrebbe averci insegnato che non siamo così furbi come possiamo pensare.
Non siamo ancora giunti al punto in cui scopriremo che la strategia vincente non è forzare né persuadere la Terra a dare più di quanto possa. La strategia vincente consiste nell’adattamento. Abbiamo la necessità di ritarare i nostri bisogni in base a quanto il pianeta può offrire. E’ quello che i giapponesi fecero sulla loro isola; e in fondo tutti noi viviamo su un’isola, un’isola gigante, sferica e blu che vaga nell’oscurità dello spazio. Sta a noi gestire i doni che riceviamo dalla Terra e creare qualcosa di bello come la civiltà Edo in Giappone; certamente con metodi migliori e più dolci per il controllo della popolazione.
Se l’esempio storico del Giappone conta qualcosa, forse siamo nella giusta direzione, e l’età delle guerre civili planetarie potrà finire prima o poi. Allora, se riusciamo ad aspettare abbastanza, un giorno anche noi potremo sentire il cuculo cantare. >>
Fonte: Cassandra
Pubblicato da
Paolo Marani
alle
3:50 PM
0
commenti
Etichette: discorso, giappone, sostenibilità, Ugo Bardi
mercoledì 27 ottobre 2010
Gestire il collasso della società
Pubblicato da
Paolo Marani
alle
10:53 AM
0
commenti
Etichette: collasso, impero romano, limiti dello sviluppo, sostenibilità
giovedì 14 ottobre 2010
Un indice verde per i nostri prodotti sostenibili ?
Ogni abitante del Nord America ne consuma 90 chili al giorno,un europeo in media 45, un africano 10. E la cosa che crea più ingiustizia sociale è che laddove si estraggono le materie prime spesso non si consumano. Ma il modello occidentale non può essere trasferito ai dieci miliardi di persone che saremo tra pochi decenni: in questo quadro di squilibrio e ingiustizia sociale dobbiamo scegliere se andare verso un modello sostenibile o insostenibile.
Non possiamo controllare quello che non possiamo misurare. Abbiamo bisogno di target quantitativi che ci indichino con precisione come usare meno risorse.
Consumare di meno può essere una scelta oppure una necessità, per il maggiore costo delle materie prime e per il guadagno minore di ognuno. Ed ecco allora il secondo imperativo: lavorare tutti di meno.
martedì 17 agosto 2010
Guerra alle bacchette cinesi
Fonte: ecoblog
lunedì 26 ottobre 2009
La sostenibilità ambientale in parole semplici
La sostenibilità poggia su tre gambe
Buongiorno a tutti, cercherò di essere molto breve per lasciare spazio ai nostri ospiti che vengono da Bruxelles; per cui mi limiterò a qualche considerazione generale su come la sostenibilità è correlata alle risorse naturali; in particolare alle risorse minerali, ma non solo.
Oggi rappresento qui l'associazione "ASPO", associazione per lo studio del picco del petrolio. E' un'associazione di ricercatori e scienzati che ha cominciato studiando più che altro l'esaurimento del petrolio e degli altri combustibili fossili, gas naturale e carbone; principalmente. Col tempo, ci siamo accorti che le stesse tendenze e gli stessi modelli sono validi per tutte le risorse naturali, sia rinnovabili che non rinnovabili. E ci siamo accorti che ovunque c'è un problema di esaurimento.
Attenzione, non c'è da cadere nella solita sciocchezza di andare a dire "finisce il petrolio", oppure finisce questa o quella risorsa. No; le risorse non stanno per finire; quasi tutte le risorse non rinnovabili che sfruttiamo per l'economia sono ancora - relativamente - abbondanti. Ma via via che le consumiamo, diventa sempre più caro estrarle. Questo è il problema che chiamiamo esaurimento e che ci porta a non poter più mantenere lo stesso flusso di risorse nell'economia che ci ha permesso di fare quello che abbiamo fatto fino ad oggi, ovvero crescere. Un andamento del genere è valido anche per le risorse rinnovabili. Queste non si "esauriscono", propriamente parlando. Ma se le sfruttiamo più in fretta di quanto non si possano rinnovare; allora in pratica si esauriscono anche quelle.
Allora - esiste un problema di esaurimento delle risorse naturali. Curiosamente, qui siamo di fronte - spesso - a una certa riluttanza a parlarne. Sembra quasi che la parola "esaurimento" sia una parolaccia. E non si capisce perché. Una cosa del tutto ovvia è che se consumi piano piano una cosa di cui c'è una quantità finita, prima o poi la esaurisci. Si può discutere sulle date; si può discutere di tante cose; ma non c'è dubbio che quello che non si rinnova si esaurisce.
Se permettete, dunque, io vorrei dire che l'esaurimento delle risorse naturali è un punto essenziali. Io vorrei paragonare la sostenibilità a uno sgabello a tre gambe: due di queste gambe sono quelle di cui abbiamo parlato oggi estesamente.
Una delle tre gambe è la questione climatica. Cosa importantissima, forse la più importante dato che è la cosa che ci può fare più danni di tutti.
Un'altra gamba è quella del risparmio e della qualità della vita. Vivere in modo sostenibile ti fa risparmiare e vivere anche bene. Non è detto affatto che per vivere bene ci voglia per forza un SUV o cose del genere.
Con queste due gambe, molti di noi riescono a far stare lo sgabello in piedi e a giustificare il concetto di sostenibilità. Ma, per molti - quella cosa che chiamiamo "opinione pubblica" - non basta. Per molti, il clima rimane ancora una cosa lontana da capire; poco rilevante per la vita di tutti i giorni. Questo deve cambiare presto e ce ne accorgeremo nei prossimi anni che non si può ignorare la questione climatica, ma per ora c'è ancora tanta gente scettica o poco informata. E per quanto riguarda la qualità della vita, per molta gente si tratta di sciocchezze per ambientalisti e tipi strani.
Così, io credo che sia essenziale cominciare a parlare da subito di sostenibilità in termini di risorse naturali. Questo è il punto veramente essenziale. Se non gestiamo le risorse in modo da preservare la loro capacità di rinnovarsi, allora prima o poi saremo nei guai e - sotto molti aspetti - ci siamo già. Allora, per preservare risorse rinnovabili come i prodotti agricoli bisogna stare attenti, fra le tante cose, a sovrasfruttare il soulo, non cementificarlo. Anche di suolo, ne abbiamo una quantità limitata e una volta che l'abbiamo rovinato ci vogliono centinaia di anni, anche migliaia, per riformarlo.
Per quanto riguarda le risorse non rinnovabili, lì non è questione di sovrasfruttamento. La sola possibilità di sfruttare risorse minerali in modo sostenibile è di riciclarle. E questo del riciclaggio non è un capriccio per ambientalisti - è una cosa essenziale. La buona gestione di quello che chiamiamo "rifiuti" è un elemento assolutamente fondamentale per la sostenibilità. Non ce ne siamo ancora accorti, ma pensateci solo un attimo. Quello che facciamo oggi è scavare per estrarre le risorse minerali, le purifichiamo, le mettiamo sul mercato, le vendiamo alle ditte che le usano per fare dei manufatti. Poi, questi manufatti li buttiamo via e finiscono dentro un inceneritore che li trasforma in cenere fine (che è anche pericolosa per la salute) dalla quale poi non possiamo più recuperare niente. Vi sembra una cosa intelligente da fare? Eppure, si sostiene che è così che dobbiamo gestire i nostri rifiuti.
Quindi, dobbiamo lavorare sul far passare questi concetti fra chi ha il potere di prendere delle decisioni. La sostenibilità è un concetto al momento piuttosto "di sinistra", ma ci sono là fuori anche delle teste pensanti che si rifanno ad altre aree politiche e con le quali si può discutere. Certo, non con tutti. Ci sono persone - sia a destra che a sinistra- che vedono complotti dappertutto e soltanto complotti. A questi, se gli parlate di esaurimento del petrolio vi diranno che è un complotto per farci pagare più cara la benzina. Appunto, ci sono delle teste fatte in un certo modo che sono impervie a ogni discorso razionale. Però, come vi dicevo, ce ne sono anche di persone con le quali si può ragionare.
Concludo qui; come dicevo abbiamo questo compito di far passare all'attenzione del pubblico e dei decisori questo fatto che l'esaurimento delle risorse naturali è un problema reale e immediato. Questo è un compito che abbiamo tutti; voi che siete in platea a sentire avete questi concetti già in testa in vari stadi di approfondimento. Ma, in ogni caso, se siete qui a sentire oggi e non siete invece a guardare la televisione, vuol dire che avete pensato delle cose e che avete tutti delle cose da dire. In altre parole siete tutti degli "opinion leader", persone che possono influenzare il comportamento della società con il loro esempio e con la loro competenza specifica. Quindi, cominciamo tutti a lavorarci sopra. E grazie per l'attenzione.
Ugo Bardi, Lucca 24 ottobre 2009
Fonte: Risorse, Economia, Ambiente
Pubblicato da
Paolo Marani
alle
7:26 PM
1 commenti
Etichette: aspo, discorso, sostenibilità, Ugo Bardi
sabato 3 ottobre 2009
Prima la Terra, 3/4 ottobre a Forlì
Organizzato dalle Associazioni WWF forli, Clan-Destino, Artincanti, DestinAzione Forlì, con l’aiuto di Sapori Tipici e Macro-Edizioni, ci saranno giochi per bambini, Tavole rotonde e Musica. Inoltre, mostra-libro con centinaia di testi in vendita dedicati alla sensibilità ambientale.
Tra i relatori (fai click sul volantino per ingrandire) sono stati invitati a parlare anche esponenti del gruppo Gas InGASati di Forlì. Il MIZ sarà ovviamente presente con un suo banchetto.
Il dibattito del giorno di Sabato si intitola: “Naturale e locale, progettare una nuova agricoltura amica dell’uomo e dell’ambiente” – sabato 3/10 ore 16.30, interverranno:
Maurizio Pallante, scrittore e presidente del Movimento per la Decrescita Felice, modererà il dibattito e relazionerà sul tema: “L’agricoltura nell’era della decrescita felice” (quale e quanto cibo per le generazioni future, mentre il petrolio finisce);
Stefano Tellarini, agronomo e tecnico specializzato in agricoltura biologica farà il punto sulla necessità di salvare le antiche ‘cultivar’, restituendo ad ogni territorio le colture più appropriate, e promuovendo l’agro-biodiversità come assicurazione per il futuro alimentare;
Pietro Venezia, medico veterinario omeopata, esperto in zootecnia biologica, discuterà gli esempi locali di filiera corta, evidenziando le difficoltà, i successi e le previsioni future.
Gian Luca Bagnara, Assessore Provinciale all'Agricoltura, verrà adeguatamente incalzato e avrà l’opportunità di spiegare al pubblico quali sono le politiche proposte dalla Provincia FC per un’agricoltura capace di futuro, che sappia recepire le indicazioni dell’Unione Europea in merito a tutela della biodiversità e sappia restituire dignità al lavoro agricolo.
Il dibattito del giorno di Domenica si intitola: “Dal cemento non nascono i fiori - salvare e ri-naturalizzare il paesaggio rurale” – sabato 3/10 ore 16.30, interverranno:
Massimo Milandri (dottore in Scienze Forestali e membro della Società Studi Naturalistici della Romagna), per presentare una riflessione complessiva sulla trasformazione e riduzione delle campagne forlivesi nel corso degli ultimi decenni;
Enrico Ottolini (biologo e membro del WWF Parma) per illustrare il tema: “Come tutelare e ricostruire le relazioni ecologiche nelle aree agricole”, nonché la recente proposta, avanzata dal WWF, per riportare un sufficiente grado di naturalità nei territori di pianura e pedecollina dell’Emilia Romagna e il trailer anteprima di un interessante documentario di imminente uscita sulla perdita dei suoli agricoli nella Provincia di Parma.
Raffaella Pirini, Consigliere Comunale della Lista Civica DestinAzione Forlì, coordinerà il dibattito e avrà il compito di coinvolgere gli Assessori forlivesi Paolo Rava (Urbanistica) e Alberto Bellini (Ambiente) in una discussione costruttiva, con l’obiettivo di arrivare ad una visione comune di un futuro fatto di politiche di tutela dei suoli agricoli dall’invasione del cemento-asfalto e di riconversione ecologica delle pratiche agricole.
Le giornate termineranno con due concerti “a km0”, ovvero di gruppi provenienti dal territorio forlivese:
- I Marcabru (sabato 3, ore 21.30): musicisti di lunga esperienza che nel tempo hanno sviluppato una personale ricerca sulla musica popolare, soprattutto di matrice celtica, e sulla musica antica (medievale e rinascimentale); arrangiano melodie tradizionali senza confini geografici o culturali con uno stile contemporaneo e sperimentale.
- I Colobraro (domenica 4, ore 21.30): giovani musicisti che, servendosi di chitarra, flauto, violino e tamburello trascineranno il pubblico in una serie di danze popolari del Sud Italia, chiudendo in allegria la manifestazione.
Spero parteciperete numerosi.
Aggiornamento: Purtroppo Maurizio Pallante informa che non potrà partecpare all'evento causa un impegno improvviso, sarà sostituito da un esperto in tematiche agronomiche
Pubblicato da
Paolo Marani
alle
8:25 AM
0
commenti
Etichette: agricoltura, Eventi, forli, incontri, sostenibilità
martedì 29 settembre 2009
Earth Overshoot Day: la crisi lo ha spostato solo di due giorni
venerdì 12 giugno 2009
Italia rinvia il divieto di vendita delle lampade a incandescenza

Dal primo settembre di quest’anno la vendita di queste lampadine sarà vietata in tutta Europa, ma non in Italia. Le lampade inquinanti sono salvate dal disegno di legge 1195, dopo che la finanziaria 2008 le aveva proibite a partire da gennaio 2010. Le associazioni ambientaliste, e in primo luogo il Wwf, protestano, visto che cambiando cinque lampadine da 100W a incandescenza con altrettante a basso consumo, in un anno si risparmiano 175kg di Co2.
Il discorso riguarda anche i frigoriferi, visto che uno di classe AA+, per cui tra l’altro esistono sgravi fiscali, fa spendere meno di 34 euro di elettricità all’anno, mentre quello di classe C fa impennare la bolletta fino a 92 euro. Insomma, una vera e propria inversione di rotta, quella del Governo, che consentirà di continuare a vendere in Italia lampadine e frigoriferi a bassa efficienza energetica.
Fonte: Ecoblog
Pubblicato da
Paolo Marani
alle
10:13 AM
0
commenti
Etichette: ecologia, governo, politiche ambientali, sostenibilità
giovedì 2 aprile 2009
Dove non riesce la ragione riesce la crisi

Tutto pressoché inutile! La relativa abbondanza di risorse di cui abbiamo goduto negli anni passati ci ha fatto perdere completamente di vista il concetto fondamentale di sostenibilità.
- Tagliare il telefono fisso. Qualcuno racconta di aver optato per Internet via satellite, per risparmiare 150 euro di tasse a Telecom.
- Bere l'acqua del rubinetto. Ci siamo tanto sgolati per promuovere l'acqua der sindaco per motivi ambientali, ed ecco che i nostri concittadini scoprono che l'acqua in bottiglia è un costo inutile e basta.
- Pane, dolci, pizza fatti in casa. Triste rinunciare alla pizzeria, ma bello fare in casa il pane caldo e genuino. E lo fanno quasi tutti.
- Cena dagli amici. Tanti, tantissimi raccontano di aver rinunciato al ristorante ma di aver inaugurato un bel giro di cene a casa degli amici.
- Bicicletta. Molti raccontano una riscoperta della bici per i piccoli spostamenti, e ne sono inaspettatamente entusiasti.
- GAS. C'è chi si è iscritto ai Gruppi di Acquisto Solidale e racconta di risparmiare tantissimo e mangiare molto meglio.
- Orti. Alcuni confessano di aver inaugurato il primo orticello della loro vita, e attendono l'estate per raccogliere i frutti.
- Libri e cultura. Tantissimi hanno riscoperto le biblioteche comunali e ne sono contenti. Altri approfittano delle iniziative cittadine per teatri o spettacoli gratuiti o a prezzi popolari.
- Alimentazione. A fronte di tanta gente che ahinoi fa spesa al discount, molti portano da casa il pranzo in ufficio, con sicuro vantaggio per la salute. Altri lamentano di dover diminuire il consumo di carne... cosa che però fa bene a noi e al pianeta. Meno alcolici e bevande varie.
- Internet. Sembra che nessuno ci rinunci, e che sia una fonte di risparmio. Si usa per confrontare i prezzi, per informarsi dopo aver tagliato la spesa del giornale o l'abbonamento a Sky, si usa per scaricare libri e musica, e persino per far giocare i bambini coi videogiochi gratuiti.
- Abbigliamento. Molti ricorrono purtroppo alle bancarelle cinesi, ma altrettanti hanno riscoperto il gusto dello scambio tra amici e parenti e il riadattamento di capi di buona qualità.
- Centri commerciali. Tanti, tantissimi dichiarano di non andarci più. Meglio una passeggiata in campagna, dice qualcuno, e nell'insieme c'è la sensazione che agli shopping center gli italiani stiano di buon grado dicendo addio per sempre.
- Vacanze e weekend. I picnic ai bimbi piacciono! racconta una mamma. E poi, vacanze a casa dei nonni, a casa di amici, gite fuori porta.
Continua sul blog crisis
Pubblicato da
Paolo Marani
alle
10:50 AM
0
commenti
Etichette: crisi economica, sostenibilità, stili di vita
mercoledì 11 febbraio 2009
Strappiamoli tutti, questi alberi maledetti!
Aggiornamento:


giovedì 22 gennaio 2009
Change we can or change we must ?

- E' l'energia e non il denaro che muove l'economia. Se i miliardari americani decidessero ad esempio di regalare una vagonata di miliardi di dollari al governo americano, ne ripagherebbero il debito, ma non altererebbero di una virgola la disponibilità di fonti energetiche fossili. Pagare l'energia per muovere le fabbriche non significa crearla.
- L'energia non è tutta uguale. Quella a buon mercato l'abbiamo ormai alle spalle, per recuperarla da fonti non convenzionali come le sabbie bituminose oppure minerali di uranio a bassissima concentrazione serve tanta energia quanta quasi quella che se ne ricava, rendendo il processo assai poco redditizio dal punto di vista termodinamico.
- Investire in turbine eoliche e solare piuttosto che in nuove prospezioni petrolifere, affinchè il ritorno dell'investimento sia continuo negli anni e non solamente limitato temporalmente allo sfruttamento di piccoli giacimenti residuali, che poco possono fare in termini di sostenibilità globale dei nostri consumi.
- I prezzi più alti per l'energia sono una buona cosa, a patto che i profitti vengano reinvestititi in nuovi sistemi di energia (meglio se rinnovabile) e non vadano ad ingrassare i dirigenti delle multinazionali.
- Il pubblico deve essere educato a prezzi energetici più elevati. L'alternativa è tra pagare di più l'energia o averne meno a disposizione.
- Anche se è una misura altamente impopolare, Obama dovrà introdurre una tassa sulla benzina, per arrivare gradualmente ai livelli europei, senza peraltro ridurre le altre tasse. Questo ridurrà i viaggi superflui e stimolerà l'ingegneria americana all'efficienza nei trasporti.
Pubblicato da
Paolo Marani
alle
2:27 PM
0
commenti
Etichette: Barack Obama, crisi petrolifera, energia, sostenibilità
martedì 7 ottobre 2008
Esiste davvero lo sviluppo sostenibile ?

Ma che cos'è esattamente ?
La definizione "ufficiale", che compare anche nella home page della Divisione dell'ONU per lo sviluppo sostenibile, è la seguente:
«Sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i loro propri bisogni.»
Questa definizione proviene dal Rapporto Brundtland, del 1987 (par. 27, pag. 24).
Questa definizione è importante perché introduce nel dibattito politico-economico i diritti delle generazioni future, cioè di coloro che non sono ancora nati e che nasceranno tra 10, 50, 100, 1000 anni. E' essenzialmente l'idea del principio di responsabilità, termine coniato dal filosofo Hans Jonas con il libro omonimo del 1979. Il pensiero di Jonas è articolato e complesso e non può certo essere ridotto in poche battute; possiamo però citare due affermazioni forti che spiegano in cosa consiste il principio di responsabilità (segui questo link per approfondire)
- In avvenire deve esistere un mondo adatto ad essere abitato; bisogna disporsi a farsi coinvolgere da una felicità o da una disgrazia che riguarda solamente le generazioni future.
- Nuovo imperativo etico: agisci in modo che le conseguenze delle tue azioni siano compatibili con la permanenza di un'autentica vita umana sulla terra.
Ragionare in questi termini comporta una vera rivoluzione nel modo di considerare l'orizzonte temporale del nostro futuro; andate a dirlo agli amministratori delegati che hanno in mente solo il prossimo bilancio trimestrale o ai politici che pensano alle prossime elezioni ...
Se vogliamo "avanzare qualcosa" per le generazioni future, l'attenzione non deve tanto essere incentrata sui bisogni, ma sulle risorse e su come farne uso senza distruggerle o comprometterne un uso futuro.
Tratto da un articolo di Marco Pagani su EcoAlfabeta
Pubblicato da
Paolo Marani
alle
8:38 AM
0
commenti
Etichette: cultura, risorse, sostenibilità, sviluppo
domenica 28 settembre 2008
Come riciclare gli oggetti impossibili

Per smaltire un mazzo di chiavi che non servono più le si può buttare in un cassonetto dei rifiuti metallici misti oppure spedirle a keys for kindness, una associazione inglese che ricicla chiavi e manda il ricavato ad enti di beneficenza.
Si prevede che tra non molto il numero delle sveglie elettriche abbandonate nei rifiuti crescerà in modo allarmante (oramai tutte sostituite dai telefonini con la funzione di sveglia) e diverranno ufficialmente RAEE "rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche", cioè rifiuti elettronici che vanno consegnati a strutture apposite di raccolta e smaltimento dove ci si occupa di smontarle in condizioni di sicurezza. Oppure si può affidarle a Wombling, una società che ritira piccole apparecchiature elettroniche per rimetterle a nuovo e rivenderle oppure smontarle per riciclarne i più minuscoli componenti.
Una delle domande più frequenti riguarda lo smaltimento delle videocassette. Sono un problema perché la cassetta, essendo di plastica, può essere riciclata mentre il nastro invece no. Basterebbero iniziative come quella di keymood, che ricicla completamente i nastri delle cassette, ma richiede un modesto contributo per le spese di smaltimento in discarica: quindici sterline (meno di venti euro) per 50 videocassette, venti sterline fino a 140 pezzi. Il riciclaggio di dvd e cd e gratuito.
Con l'arrivo dell'estate tante donne si accorgono di avere cassetti straripanti di collant smagliati. E' inutile sperare di recuperarli: riparare come si deve una calzamaglia che non sia di pura lana è pressochè impossibile. Tights-please raccoglie collant vecchi o smagliati e lì invia in Etiopia ad Addis Abeba (fistola hospital) che accoglie le donne colpite da fistola post parto, facendone certo un uso migliore di una discarica. Si possono inviare collant a: Ethiopia Tights Appeal, Tightsplease, 2nd Floor Albion Court, 18-20 Frederick Street, Hockley, Birmingham B1 3HE Gran Bretagna.
Gli armadi di tante famiglie sono notoriamente stracolmi di teli ed asciugamani lisi e logori, lo stesso vale per le lenzuola. Tutti i manufatti tessili dovrebbero essere riutilizzati, per esempio come stracci, finché è possibile farlo. Oggi siamo abituati a trattare il cotone come un prodotto economico e di poco valore eppure basta considerare il suo impatto ambientale e sociale per capire che è vero semmai il contrario. Non è ancora possibile però recuperare e rigenerare completamente le fibre su larga scala. Fortunatamente ci sono società come Lm Barry che ritirano e riciclano ogni tipo di prodotto tessile. Gran parte delle lenzuola e degli asciugamani sono tagliate a brandelli o striscioline e usate per fabbricare strofinacci industriali per pavimenti, donando alla fibra nuova vita. Una fine un po ingloriosa, direte. Ma è pur sempre meglio della discarica dove finiscono a macerare i prodotti tessili che non vengono riciclati, spesso impregnati di sostanze tossiche come coloranti e ritardanti di fiamma.
Insomma, per farla breve, riciclare in maniera industriale molti oggetti complessi della nostra quotidianità è prossimo all'impossibile, ciò non toglie però che nell'ottica di un utilizzo parsimonioso e sobrio delle risorse nonché soprattutto del riuso, possano esistere nicchie economiche per le quali questi "rifiuti" hanno ancora un (seppur modesto) valore.
[Via The Observer]
Pubblicato da
Paolo Ricci
alle
12:03 PM
1 commenti
Etichette: merci, raccolta differenziata, riduzione rifiuti, sostenibilità
domenica 14 settembre 2008
Riciclare il 100% si può!

Fonte: buonenotizie.it
Photo: courtesy of greenpeace.co.jp
giovedì 14 agosto 2008
La storia delle cose verso la decrescita
Subordinati alle subdole suggestioni di aziende dai colossali interessi economici (potenti tanto quanto gli stati) il concetto moderno di democrazia non scricchiola affatto ma diventa funzionale alle perversioni del sistema stesso, il trucco sta nel fare desiderare al popolo bue ciò che il sistema vuole per sopravvivere, così come il cervello di un tossico agisce per costringere il corpo a farsi la seconda dose. Si fa pertanto a gara a chi promette più crescita, più soldi, l'economia deve "tirare", altrimenti si rimane indietro (ma indietro rispetto a che cosa?), in un paradossale scambio fra la cura e la malattia stessa. Desideriamo il nostro male spacciandolo come cura, appunto.
Stato sociale, pensioni, assistenza sanitaria, saranno forse cose che non ci potremo più permettere, perchè l'unica maniera per mantenerle è utilizzare quantità enormi di energia, petrolio, risorse minerarie, ciò che mantiene in equilibrio il nostro bel mondo è la continua crescita. Cosa succederà quando non si riuscirà a crescere più di così ? La risposta si chiama Decrescita, sono sempre più convinto che non sia un male ma anzi una occasione unica per un nuovo rinascimento culturale e sociale, dove sarà questa volta davvero il benessere a crescere, e non solo l'economia.
Pubblicato da
Paolo Marani
alle
12:06 PM
0
commenti
Etichette: decrescita, sostenibilità, sviluppo, videoguide
venerdì 8 agosto 2008
La spigolatura dei rifiuti
Sarà un segno del destino!
Pubblicato da
Paolo Marani
alle
8:08 AM
1 commenti
Etichette: EROEI, Gestione rifiuti, sostenibilità
sabato 2 agosto 2008
Il mondo del 2055 visto su YouTube
giovedì 24 luglio 2008
I limiti dello sviluppo

Invece, sulla fine degli anni 60, si ritrova informalmente a Roma con un manipolo di personalità della società civile, cominciando a farsi delle domande, fondando così nel 1968 il nocciolo di quello che sarà denominato Club di Roma. Il frutto di questo fortunato incontro fu la produzione di alcuni documenti, allora assai criticati, i quali sostenevano un fatto che oggi sembra di una semplicità disarmante: non può esistere crescita infinita in un mondo finito. Incompreso e deriso in Italia, a causa di profezie allora considerate avventate se non nefaste, decise di vederci chiaro nella sua intuizione e commissionò finanziariamente al famoso MIT (Massachusetts Institute of Technology) uno studio mirato sull'argomento.
Utilizzando i primi elaboratori elettronici di allora, grazie al contributo di un eccezionale gruppo di scienziati come solo al MIT se ne possono trovare, Dennis e Donella Meadows realizzarono una simulazione al computer utilizzando modelli matematici empirici che tenevano conto di molti fattori, come la crescita della popolazione, il tasso di inquinamento, il livello di industrializzazione, la disponibilità di cibo, l'utilizzo delle risorse, il riciclo dei materiali, etc. Questo modello avrebbe dovuto prevedere i dati storici ed essere abbastanza robusto da consentire "estrapolazioni" per i dati futuri, cosa che si è sostanzialmente verificata dopo oltre 30 e passa anni di ulteriori misurazioni. Il risultato del loro sforzo fu un libro uscito nel 1972, subito best seller in America, chiamato I limiti dello sviluppo (Limit to Growth), di cui è uscito recentemente una edizione aggiornata scritta dello stelsso Meadows 40 anni dopo (oggi signore attempato ma ancora arzillo).
Il libro originale del 1972, rarissimo e quasi introvabile, è stato scansionato ed è disponibile e consultabile in rete gratuitamente, se masticate l'inglese leggetelo perchè nelle sue profetiche previsioni è assolutamente sconcertante. Chiunque si occupa di ecologia in modo pratico, scientifico e non ideologico dovrebbe leggerlo a mio modesto parere.
Cosa predice in soldoni ? Più o meno che siamo già alla frutta e da un pezzo in maniera pressochè irreversibile, veleggiando allegramente verso una crisi disastrosa e repentina.
Riporto due grafici presi dal libro, il primo è un modello "standard" nell'ipotesi che i governi si limitino ad amministrare l'esistente e si continui imperterriti nel modello energivoro industriale attuale (fai click sull'immagine per ingrandire).

Allego un altro grafico sempre proveniente dal libro.

- Fissare a 2 il numero massimo di figli per coppia (nascite=morti)
- Riciclare oltre il 75% di tutta la materia che consumiamo
- Ridurre l'inquinamento fino ad 1/3 dei livelli del 1970
- Allungare di almeno tre volte il ciclo di vita dei prodotti di consumo
- Economia e industria riconvertita prevalentemente all'agricoltura
- Utilizzo esclusivo di fonti rinnovabili di energia ed abbandono delle fonti fossili
- Rateo di investimento del capitale uguale al deprezzamento dei beni (%PIL=zero!!!)
- Recupero dei terreni cementificati e marginali alla produzione agricola
- Mantenimento delle foreste e delle aree di biodiversità
La cosa sconcertante è che le simulazioni al calcolatore indicano che, se solo uno di questi obiettivi non sarà ottenuto, il sistema diverrà instabile e destinato al collasso ben prima del 2100! Significa che il sistema economico darà una "smusata" così dura da far impallidire la crisi del 29, nonchè la popolazione mondiale subirà uno spaventoso tracollo per assestarsi autonomamente ad un livello compatibile con le risorse che la terra metterà loro a disposizione. Non ci sarà mai industria o tecnologia miracolosa che potrà aiutarci, giacchè anche se ci fosse i fattori limitanti sarebbero multipli e tutti equamente instabili e tali da causare un crollo irreversibile dell'economia come la intendiamo oggi. Insomma, se desideriamo vivere come ora, con i consumi e redditi attuali (ed in europa siamo esattamente nella media per una stabilizzazione, al contrario che in US dove un ridimensionamento è inevitabile), dovremo fare sacrifici immani, altro che ccostruire entrali nucleari o coltivare biocarburanti.
E' un po che ci sto pensando, forse mi conviene fin da ora prepararmi per tempo ed imparare a gestire un orto in casa.
Pubblicato da
Paolo Marani
alle
8:17 AM
0
commenti
Etichette: Aurelio Peccei, crisi energetica, sostenibilità, sviluppo