giovedì 5 febbraio 2009

La vedo (N)era

Sparare su Hera oramai è come sparare sulla croce rossa. Nelle infinite ramificazioni dei suoi "business" tentacolari si occupa oramai quasi di tutto, avendo a che fare direttamente o indirettamente con la tutela ambientale, Acqua, Gas, Rifiuti, Elettricità. Risulta naturale quindi che Hera attiri su di se una montagna di critiche e di malcontento, specialmente in occasione di ogni aumento tariffario pianificato da Ato.

Proprio per l'estrema importanza del ruolo cruciale che occupa, è importante che la vigilanza dei cittadini nei confronti del suo operato sia sempre attento e puntuale. Proprio in quanto fornitrice di servizi ambientali essenziali ai cittadini, è indispensabile verificare non solo il rispetto scrupoloso della legge (questo lo si da per scontato) quanto pretendere un comportamento orientato alla massima trasparenza e al di sopra di ogni sospetto.

Pur essendo sulla carta in mano pubblica (oltre il 57% delle azioni è in mano ai Comuni), come società per azioni tenderà inevitabilmente ad agire assecondando una logica privatistica nella gestione, come è naturale che sia. E' normale quindi che Hera stessa sia condizionata pesantemente nelle proprie scelte in funzione delle necessità di remunerazione degli azionisti, però non deve dimenticare che il fine ultimo non è arricchirsi ma fornire servizi ai cittadini al costo minore possibile compatibilmente con la qualità attesa e la giusta remunerazione del capitale.

Riporto al proposito un comunicato di Stefano Angeli, in larga parte condivisibile pur con qualche distinguo:

Che Hera non abbia soddisfatto le aspettative che ci erano state presentate alla sua creazione è cosa ormai arcinota, non c’è stato alcun miglioramento dei servizi, anzi a volte il contrario, e le tariffe sono aumentate dal 2002 mediamente del 40%. Molte volte in questi anni abbiamo sottolineato come i servizi di erogazione dell’acqua fornissero spesso poca qualità a costi elevati, o come le tariffe dei rifiuti fossero lievitate negli ultimi anni, senza che il servizio prendesse la strada decisa di una raccolta differenziata efficace.

Inoltre abbiamo tutti osservato come le agenzie Ato, che avrebbero dovuto controllare l’operato di Hera, valutarne i piani d’investimento e le proposte tariffarie, siano state del tutto inutili ed impotenti a fronte della volontà della società. Ora pare che da alcune settimane i sindaci, in gran segreto, abbiano siglato una nuova struttura degli Ato stessi, ma di questa delicata faccenda i consigli comunali, inspiegabilmente, non sono stati assolutamente né coinvolti, né informati delle decisioni prese.

Eppure quello delle agenzie d’ambito è uno dei nodi cruciali da risolvere nei rapporti tra enti soci ed holding. La privatizzazione della società si è infatti fermata in mezzo al guado creando di fatto interessi conflittuali tra chi deve controllare e chi dovrebbe essere controllato. Gli Ato avrebbero dovuto, ad esempio, controllare la regolarità di realizzazione delle opere e degli investimenti di Hera, ma non ne avevano alcuna possibilità essendo costituiti da pochissimo personale addirittura “prestato” dalla stessa Hera.

Al cittadino intanto arrivano nei bollettoni le conseguenze di questo monopolio pubblico-privato a cui tutto sembra essere concesso anche se entra in palese contrasto con gli interessi di società totalmente pubbliche, come Romagna Acque, o con l’interesse stesso del cittadino. Uno degli imperativi della prossima legislatura dev’essere una totale e radicale revisione del ruolo degli Ato che risolva la situazione di conflitto d’interesse attuale dei sindaci e che avvii una fase di vera apertura al mercato dei servizi.

Una liberalizzazione, anche in questo campo, che porti al cittadino reali benefici e dia possibilità di vero controllo disinteressato agli enti locali.

Stefano Angeli
Libertà e Futuro

Io personalmente mi dissocio dall'affermazione piuttosto perentoria che la qualità dei servizi erogati non sia stata soddisfacente, gran parte della rete idrica ereditata era un vero colabrodo, specialmente a Bagno di Romagna, dove sono stati fatti molti interventi di ammodernamento della rete, oppure a Ferrara la cui rete idrica era una delle più inefficienti della Romagna, Gli investimenti quindi sono stati fatti, anche se taluni ne contestano la reale efficacia.

Probabilmente, se fosse rimasta una gestione interamente pubblica e frammentata, non si sarebbero potute reperire tutte le enormi risorse finanziarie per sistemare le falle e ammodernare la rete, ma soprattutto non si sarebbero realizzati così tanti impianti di depurazione delle acque reflue, indispensabili per ridurre l'impatto ambientale delle attività agricole e industriali..

Il problema principale, dove credo che il comunicato abbia colto nel segno, è invece il conflitto di interessi, o meglio l'intruglio di opportunismi che lega a doppio filo le scelte del gestore e le scelte della politica. E' fin troppo facile alimentare il sospetto che talune scelte siano state dettate più da reciproci vantaggi fra politica e azienda, piuttosto che da reali intenti di tutelare gli interessi dei cittadini.

Se la stessa volontà ed efficienza (nel finanziare ad esempio costosi progetti di incenerimento) fosse stata applicata alla realizzazione di un efficace servizio "porta a porta", sono convinto che avrebbero ottenuto comunque un risultato industriale importante, economico per i cittadini ed efficiente. Evidentemente i guadagni auspicati non erano all'altezza, e grazie alla scusa di Ato si é ribaltato sempre e comunque la responsabilità delle scelte fatte sulle amministrazioni, che per inciso non fanno molto più che assecondare ciò che Hera desidera.

Perchè le amministrazioni sono così supine ? Principalmente penso sia per il pesante impatto sulle casse comunali causato dai dividendi che l'amministrazione incassa, pari a circa due milioni di euro all'anno solo per Cesena. Oltre ovviamente alla solita logica di spartizione, in piena ottemperanza del famoso manuale Cencelli, che vede all'interno del consiglio di Hera vari politici di professione, scelti fra la maggioranza con criteri poco trasparenti, non sempre competenti nell'esercitare un reale ruolo di controllo.

Come se ne esce da questa situazione di grave stallo ? Vorrei proprio chiederlo ai nostri candidati sindaci.

martedì 3 febbraio 2009

L'acqua di Cesena è meno buona delle altre, che fare ?

Ritorniamo ancora una volta a parlare dell'acqua, elemento che riveste una importanza fondamentale per la vita di tutti, assai più del petrolio o di qualsiasi altra sostanza. Passata la crisi idrica del 2007, tamponata provvisoriamente attingendo l'acqua dal CER (canale emiliano romagnolo). Paradossalmente, oggi abbiamo il problema opposto, l'abbondanza di precipitazioni ha riempito completamente l'invaso (come tra l'altro è quasi sempre successo in passato) fino a rendere necessaria la tracimazione nel Bidente. Potete trovare qui i dati della diga in tempo reale e qui una analisi dei dati storici degli ultimi 10 anni.

Qual'è il problema allora ?

Da almeno un anno si sono susseguite in comune varie interpellanze a proposito della scarsa trasparenza con cui si attua a Cesena la miscelazione fra l'acqua di Ridracoli e l'acqua proveniente dalle tre falde di Cesena. Sul sito di Hera dovrebbe comparire una tabella aggiornata che rende conto delle politiche di miscelazione, dapprima sono sparite, poi sono riapparse magicamente a seguito delle varie interpellanze in oggetto. In ogni caso questi dati, disponibili qui, non sono aggiornati affatto in tempo reale.

Ma che c'entra la miscelazione con la qualità dell'acqua ?

Il succo della polemica è che le acque di falda potabilizzate sono di qualità relativamente scarsa rispetto a quella ottima di Ridracoli, gli emungimenti provocano subsidenza del terreno, e tendono a raccogliere e concentrare tutti i pesticidi agricoli e gli spandimenti dell'area a monte delle falde stesse. Pertanto, essa sarà inevitabilmente carica di nitrati e altri composti critici per la salute pubblica.

Perché, pur avendo la diga che tracima, utilizziamo acqua di falda ?

Appunto, non essendo pubblicati i dati in tempo reale sulla miscelazione, a meno di continue interpellanze, non è possibile dimostrare direttamente quale miscelazione è stata apportata. Ovviamente, la convenienza a miscelare il più possibile scaturisce dal fatto che l'acqua di falda costa assai meno rispetto a quella di Ridracoli, dato che quest'ultima deve essere acquistata dal consorzio Romagna Acque. Ciò consente enormi guadagni ad Hera, soprattutto se acquisirà la gestione all'ingrosso dell'acqua, anche giocando sulla miscelazione, a discapito della qualità delle acque erogate. Dobbiamo pertanto assicurarci che la miscelazione sia commisurata alla reale necessità e non solo ad interessi economici.

Il livello di miscelazione, anche se il gestore non lo divulga, possiamo però cercare di ottenerlo indirettamente!

Per farlo, è sufficiente tenere d'occhio i dati sui parametri della qualità dell'acqua forniti dal gestore e correlarli quelli del consumo istantaneo dell'acqua di ridracoli proveniente da romagna acque. In particolare consideriamo la differenza fra Cesenatico e Cesena, a Cesenatico l'acqua è di Ridracoli al 100%, a Cesena no.

Nitrati Cesena: 16 Ml/L
Nitrati Cesenatico: 6 Ml/L
(Media I° semestre 2008, limite di legge per la potabilità = 50 Ml/L)

Notate niente di strano ? Certo, i valori sono in media almeno tre volte più alti. Conoscendo la serie storica dei dati sui nitrati e la serie storica dei dati di miscelazione, nonché la serie storica dei consumi puntuali, è possibile costruire una funzione empirica che stima la percentuale di miscelazione attuale in funzione dei valori attuali dei nitrati. Non ho ancora avuto il tempo materiale di inventare questa funzione, però in teoria è possibile e nemmeno troppo difficile, ipotizzando una correlazione lineare. Affinché tale funzione sia affidabile occorrerebbe conoscere i valori dei nitrati rilevati in una giornata in cui il 100% dell'acqua proveniva dalla falda e una serie di analisi aggiornate al mese corrente. Se li avete per favore mandatemeli!

In ogni caso, ad occhio direi che siamo oggi sull'ordine del 30% di falda e oltre, anche ora che ridracoli sta tracimando. E' lecito ? Io credo di no, abbiamo tutto il sacrosanto diritto di avere la migliore qualità dell'acqua possibile, a costi sostenibili.

Potremmo vincolare il gestore a pagare il servizio in funzione della qualità dell'acqua fornita ?

Credo che l'adeguamento tariffario in base alla qualità sia molto difficile, perché gran parte della tariffa è decisa a livello nazionale. Quello che paghiamo per la tariffa acqua è diviso in tre parti:

1- Servizio acquedotto (acqua potabile)
2- Servizio fognatura
3- Servizio depurazione

Tutte e tre le voci combinate rappresentano il prezzo finale, composto da una parte fissa e da una variabile in funzione dei consumi a metrocubo. Attualmente la tariffa del servizio idrico è definita sulla base dei provvedimenti normativi emessi dal CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) e dal Ministero delle Attività Produttive Commercio e Artigianato.

Le disposizioni per la definizione della tariffa dei tre servizi sono contenute nella delibera CIPE n. 131 del 19 dicembre 2002. Nello spulciare la legge ho trovato però una possibilità, l'articolo 13 della legge 36/94 recita:

La tariffa del servizio idrico è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica, del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entità dei costi di gestione delle opere, dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia.

Quindi, a norma di legge, sarebbe possibile intervenire su parte della quota variabile per tenere conto della qualità, ma dato che la tariffa è uniformata all'interno dell'ambito territoriale ottimale dubito che una qualsiasi modifica sarebbe molto significativa, ed in ogni caso avvantaggerebbe anche chi già riceve l'acqua buona, non solo coloro che hanno subito pratiche di miscelazione più penalizzanti come Cesena.

Io insisto che dobbiamo richiedere la pubblicazione in tempo reale del dato della miscelazione, e tempestarli di interpellanze (dato che è un ente a controllo pubblico, almeno sulla carta) per sapere il perché delle scelte fatte.

lunedì 2 febbraio 2009

Da Copenhagen al PRIM di Cesena

Sul sito Treehugger (in inglese) c'è un interessante confronto fra le capitali “ciclabili” europee: Amsterdam vs Copenhagen. Pare infatti che gli olandesi stiano salendo nelle statistiche di utilizzo della bicicletta all'interno delle grandi città rispetto ai rivali danesi: che vinca il migliore.

Il punto è un altro. Come si arriva ad ottenere risultati simili ai nostri amici nord europei, dove dal 36% al 55% delle persone dichiara di andare al lavoro in bici? Punto primo, bisogna lavorare sul lungo termine, non ci si può aspettare cambiamenti di rotta dall’oggi al domani. Punto secondo, bisogna prendere decisioni importanti. Quotiamo allora la frase che ci ha colpito maggiormente:

…the bike is used most often, and the car least often. This can be attributed to restrictive parking practices enacted since the 1990’s.

Traducendo grossolanamente: la bici è usata di più, l’auto meno grazie ai divieti di sosta entrati in vigore sin dagli anni ‘90. Ad Amsterdam esistono persone che si sono viste “costrette” a vendere l’auto o lasciarla fuori città, non per la scomodità ma per la pratica impossibilità di utilizzarla in certi contesti, crediamo che gli olandesi abbiano preso seriamente la questione.

E’ possibile realisticamente prendere Amsterdam come modello? Ci sembra oggettivamente poco praticabile, per lo meno nel breve periodo. Viviamo in città dove persino il cambio di un senso unico incontra diatribe costituzionali/politiche/lobbistiche/personali. Il fatto è che in Italia siamo bravissimi a predicare bene e a razzolare male, un esempio su tutti il PRIM di Cesena (Piano Regolatore Integrato della Mobilità). Sulla carta promette "mirabilie" in fatto di viabilità, nei fatti ha scontentato praticamente tutti, dimostrandosi irrazionale e inutilmente vessatorio.

Cosa non va in fin dei conti nel "prim" di Cesena ? A mio parere due cose. La prima è l'impostazione ideologica asservita a un fine che non è quello della sostenibilità, ma solo quello della fluidità del traffico. Non si incide quindi sul "modo" con cui si utilizza l'auto ma solo sul suo percorso all'interno del tessuto urbano. La seconda cosa che non và è l'intento di stabilire regole dall'alto che appaiono punitive senza progettare al contempo un reale percorso di confronto con i cittadini per risolvere le conseguenti e inevitabili difficoltà pratiche.

Se avessero chiuso completamente alcune vie al traffico, pedonalizzando integralmente e rimuovendo i parcheggi, magari al contempo offrendo una seria alternativa di utilizzo dei mezzi pubblici, forse paradossalmente il sacrificio ne sarebbe valsa la pena, ma ridurre a senso unico qualche via ad alta percorrenza, senza impedire l'utilizzo dell'auto ma anzi costringendo a percorsi tortuosi per arrivare nello stesso punto di prima, appare più una sadica tortura che un piano per il miglioramento della viabilità cittadina.

Notizia dell'ultima ora è che il comune di Cesena ha finalmente intenzione di rivedere alcune scelta fatte, in particolare quelle su via Plauto e la parte di corso Cavour che da Casali va verso la Stazione FS. Speriamo la saggezza prevalga e si entri finalmente nell'idea che i sacrifici devono avere uno scopo condivisibile e devono essere giustificati in una logica di mobilità nel lungo periodo, solo così i cittadini riusciranno ad accettarne il sacrificio superando le immediate convenienze di bottega. Quando si chiuse al traffico il centro di Cesenatico, tutti a piangere, poi dopo anni di distanza a tutti sembra normale che sia così.

Quello che ci sembra di capire è che tutto ha un prezzo, compresa la nostra presunta libertà di utilizzare l’auto sempre e comunque. Siamo disposti a pagarlo? Con quali tempi e modi? La parola a voi.