Biocarburanti ecco quello che la World Bank teneva nascosto
La crescita senza controllo dei prezzi del comparto alimentare è stata causata in massima parte dallo sviluppo dei biocarburanti. È questa una verità ormai assodata, suffragata da solide prove e sostenuta da analisi comparative. Ma è anche una verità particolarmente scomoda, o per lo meno tale è stata ritenuta dalla Banca Mondiale che aveva deciso di non divulgare il rapporto interno che inchiodava i produttori di biocarburanti (e con essi Stati Uniti Brasile ed Unione Europea) alle proprie responsabilità.
Tutto sarebbe rimasto chiuso in un cassetto se non fosse stato per una fuga di notizie quanto mai provvidenziale. Le 19 pagine della relazione firmata da Donald Mitchell sono così finite nella redazione del quotidiano britannico The Guardian che ha deciso di fare la cosa più ovvia, rendere pubblico il rapporto. Non è difficile comprendere come quelle verità risultassero così fastidiose: le cifre, si sa in questi casi, non mentono mai.
Secondo la banca mondiale lo sviluppo di biocarburanti avrebbe inciso per il 75% della crescita dei prezzi del cibo, evidenziando così un impatto di mercato decisamente superiore a quello ammesso ufficialmente dal governo degli Stati Uniti, che aveva parlato di una "responsabilità" pari a meno del 3%. La crisi alimentare, ha sottolineato in passato la World Bank, ha colpito in modo grave almeno 100 milioni di persone tra Africa e Asia. Lo sviluppo di biofuel avrebbe infatti prodotto uno trasferimento di una parte dei cereali dall'offerta alimentare quella energetica dando vita, inoltre, ad una sfrenata speculazione nel mercato dei derivati finanziari legati alle commodities.
Mentre Usa ed Unione Europea vedevano crescere esponenzialmente il proprio export, alcuni Paesi produttori delle aree in via di sviluppo iniziavano a innalzare barriere alle esportazioni per tenere sotto controllo i prezzi del mercato interno, tale mossa contribuiva alla riduzione delle scorte facendo lievitare ulteriormente prezzi.
Gli Stati Uniti hanno sempre imputato l'insorgenza della crisi all'espansione della domanda di Cina e India ma le cifre, anche in questo caso, risultano impietose: il massimo che gli appetiti alimentari indo-cinesi hanno saputo produrre è stato l'aumento dell'1,7% nel consumo di grano dal 2000 al 2007. La crescita delle tariffe nel comparto energetico all'aumento dei prezzi dei fertilizzanti hanno determinato un aumento del 15% mentre la svalutazione del dollaro ha prodotto una crescita dei prezzi al 20%.
Insomma, tutti i fattori genericamente chiamati in causa dai difensori dei "biofuel", avrebbero dato vita solo ad un incremento aggregato del prezzo di poco superiore al 35%, ma siccome l'indice dei prezzi alimentari reali registrato dalla World Bank tra il 2000 e il 2008 è cresciuto di 140 punti percentuali, né consegue che il contributo dei soli biocarburanti deve essere stato pari a tre quarti della crescita totale. Ne consegue che il 75% della crescita delle derrate alimentari è da addebitarsi alle politiche di incentivo dei biocarburanti, che entrano così in diretta competizione con le coltivazioni a scopo alimentare.
I sospetti dei critici sono stati dunque confermati, la World Bank ha reso pubblica una versione sostanzialmente identica del rapporto solo dopo l'esclusiva del Guardian. Tra i vertici dell'organismo nessuno ha voluto commentare l'accaduto scegliendo di ignorare la clamorosa gaffe. Noi nel frattempo restiamo appesi ai nostri sospetti, mentre fissiamo quelle cinque parole "not for citation or circulation" che dall'intestazione del rapporto originale fanno calare un'ombra inquietante quanto imbarazzante sull'intera vicenda.
Morale, non fidatevi mai delle versioni ufficiali, a meno che non siano gaffe, la scelta specialmente per le popolazioni più povere è: mangiare loro o guidare l'auto a biofuels noi.
da Matteo Cavallito, Valori (settembre 2008)
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