Meeting Recoplastica, The day after
Il tanto atteso evento di presentazione del progetto franchising di Recoplastica finalmente è arrivato in porto. Il 13 settembre alle ore 10.30 l'ampia sala del Foro Boario di Moncalieri era già gremita di gente, si stimano siano arrivate più di 500 persone provenienti da ogni parte d'Italia. Il profilo dei partecipanti era davvero vario, dai rappresentanti dei più svariati gruppi ambientalisti (fra i quali anche il MIZ) ai giovani imprenditori fino ai semplici curiosi, desiderosi di capire se questo business può rappresentare davvero una buona idea oppure solo tempo perso all'inseguimento di una chimera.
Qual'era il business di cui si è parlato tanto ? Il fatto di distribuire sul territorio piccole micro-attività commerciali affiliate a Recoplastica che comprano i rifiuti direttamente dai cittadini. Ne avevamo già parlato qui e qui. Sembrerebbe l'uovo di colombo, ed in effetti l'aspettativa era davvero molto alta. Per uno strano effetto di moltiplicazione mediatica l'evento ha ricevuto una inaspettata risonanza, cogliendo molto probabilmente di sorpresa gli stessi esponenti di Recoplastica, inchiodati da un fuoco di fila interminabile di quesiti e domande, assai poche delle quali risolte con adeguate e risolutive risposte.
Il primo intervento introduttivo è stato a sorpresa quello dell'amico Prof.Ugo Bardi di Aspo Italia (qui il video), il quale con la sua proverbiale semplicità di linguaggio ha raccontato un fatto se vogliamo banale, comunque sconcertante per chi non si interessa di studi e ricerche sulle materie prime: "data la situazione attuale dei prezzi delle materie prime e la crisi energetica prossima ventura, non ci possiamo già fin d'ora permettere il lusso di buttare via niente". Il rifiuto rappresenta un valore che l'economia ha il compito di monetizzare per incentivarne il vero recupero, lo spreco di materiali non solo rappresenta un crimine termodinamico, ma una diseconomia che aspetta solamente qualcuno in grado di raccogliere la sfida, anche traendone un profitto. Compro 1L di acqua e 10gr di bottiglia ? Bene, bevo l'acqua ma poi la bottiglia non la butto... la rivendo!, secondo le quotazioni di mercato.
Tutto risolto allora ? Assolutamente no! Le aspettative di chi ha partecipato al convegno sono andate sostanzialmente deluse, ecco a mio parere il perchè, perdonatemi se sarò un po lungo e prolisso.
L'intervento chiave è stato quello di Roberto Gravinese, assessore eletto nella lista civica di S. Gillio "L'Italia che pensa", consigliere di Recoplastica, nonchè padre spirituale dell'iniziativa (e marito di una titolare di Recoplastica, A.Migliardi anche essa relatrice al meeting). Apparso in perfetto stile business rampante, sembrava appena uscito fresco da un corso di marketing di Pubblitalia. Avventuratosi in discorsi un po urlati, arte evidentemente affinata dalla militanza politica, forniva più l'impressione che stesse vendendo la propria azienda anzichè proporre un progetto. Questo ha insospettito a mio parere non poco la platea, la quale non era tanto interessata a valutare quanto brava fosse Recoplastica nel brevettare il proprio marchio o depositare in SIAE l'idea esclusiva di vendere i rifiuti (paventando addirittura guerriglie legali verso chiunque ci avesse provato senza essere loro affiliati), quanto avere risposta ad una semplice domanda: Quanto costa mettere su un ecopunto ? Si sostiene economicamente?
Capisco che un qualche tasso di retorica sia inevitabile nel proporre qualsiasi nuovo progetto, tuttavia calcare la bontà ambientale dell'iniziativa era assolutamente ridondante in quel contesto, compreso il patetico sottolineare di come il povero vecchietto possa integrare la sua misera pensione vendendo i rifiuti, il valutare quanto può risparmiare una famiglia media... Ma come, ci volevano convincere ad aprire una attività oppure a fare noi stessi da clienti? Insomma, bando alle ciance ecologiche, come ha funzionato il primo ecopunto ?
Ed ecco infatti la nota dolente, in effetti un reale ecopunto ancora non è mai nato, quello attivato a San Gillio non fa testo in quanto vende direttamente a Recoplastica (cioè a loro stessi), non può essere quindi indicativo ne delle reali spese di trasporto ne delle spese di gestione, men che meno dei ricavi di vendita verso le piattaforme CO.NA.I, CO.RE.PLA, etc., dato che vende a loro stessi. Assolutamente niente infatti è stato detto sulla struttura dei costi. Quello di Moncalieri inoltre é tuttora solo un punto informativo, una sorta di "show-room" dimostrativo, non ha infatti ancora mai trattato nemmeno un grammo di materiale. Siamo passati per curiosità a vederlo, (anche se chiuso), trattasi di uno stanzino abbastanza anonimo di 20 mq a malapena arredato, con una pressa colorata in bella mostra, e pochissimo spazio per accantonare alcunchè, una vetrina insomma.
Non ho apprezzato molto i continui riferimenti dei vari relatori ai "guasti" provocati a loro dire dall'introduzione del porta a porta nella zona, tipo il fenomeno della migrazione del rifiuto, oppure l'impossibilità di mangiare il pesce il giorno che uno vuole (dato che l'umido viene ritirato solo il Venerdì). Si insinua che la diffusione capillare degli ecopunto per la parte riciclabile siano strategici in un piano di ritorno ad un sistema tradizionale, a San Gillio infatti vige uno strano sistema chiamato "binario", che non è altro che un misto domiciliare/stradale più varie isole ecologiche distribuite di raccolta. A mio parere invece, se non applicato al porta a porta ed altre azioni per ridurre il rifiuto a monte, gli ecopunto potrebbero fungere anche da incentivo per la maggiore produzione del rifiuto stesso, della serie chi se ne importa dei prodotti alla spina, tanto il contenitore poi lo vendo!
Voglio essere cattivo fino in fondo, oltre a ricordarmi il "Presidente operaio" qualcosa mi fa pensare che Gravinese stia pensando di utilizzare il suo brevetto (ma è poi vero che una modalità di commercio può essere brevettata? Secondo me, no) a scopi politici. Per il centro-destra sarebbe la ricetta ideale per nascondere la soluzione del problemi legati allo smaltimento dei rifiuti: l'inziativa privata, che puntualmente risolve ogni cosa, tanto più se si prevede da parte del governo un riassetto dei consorzi obbligatori di riciclo. Credo che la fretta con cui è stato organizzato il meeting si spieghi con l'esigenza di ottenere una risonanza mediatica, ovvero pubblicitaria.
Al contrario, sono stati sviscerati a mio modo in maniera più che esauriente tutti i problemi burocratici ed autorizzativi che è necessario affrontare per avviare un ecopunto, come la necessità di compilare il formulario, il registro di carico/scarico, il MUD, ed altri blazelli vari da adempiere. Assolutamente da citare l'avvocato relatore esperto negli aspetti legali, il quale non aveva assolutamente inteso come funzionava il progetto, sostenendo la necessità di adottare per gli ecopunto una forma giuridica cooperativa perchè "sarebbe stato difficile per il singolo esercente inviare i rifiuti raccolti direttamente a Recoplastica!". Forse avrebbero dovuto avvisarlo che gli ecopunti nascono per essere indipendenti, dato che necessariamente dovranno inviare i rifiuti non alla casa madre ma ai vari consorzi locali dislocati sul territorio. Non capiva, continuava ad asserire che gli ecopunto in Sardegna sarebbero stati svantaggiati perchè non era pratico ed economico spedire i rifiuti fino a San Gillio senza essere in forma di cooperativa!!!
Sono comunque convinto che l'idea vada estesa ed affinata, magari con meno propaganda e superficialità ma con un occhio più attento alla fattibilità economica ed ai vantaggi energetici. Non posso nemmeno ipotizzare di persone che viaggino in auto per portare dieci scatolette di rifiuto, spendendo in benzina molto più del ricavato alla vendita, il problema dell'ottimizzazione dei trasporti è ancora tutto da chiarire, ma di questo parlerò in un prossimo post.
Tutto risolto allora ? Assolutamente no! Le aspettative di chi ha partecipato al convegno sono andate sostanzialmente deluse, ecco a mio parere il perchè, perdonatemi se sarò un po lungo e prolisso.
L'intervento chiave è stato quello di Roberto Gravinese, assessore eletto nella lista civica di S. Gillio "L'Italia che pensa", consigliere di Recoplastica, nonchè padre spirituale dell'iniziativa (e marito di una titolare di Recoplastica, A.Migliardi anche essa relatrice al meeting). Apparso in perfetto stile business rampante, sembrava appena uscito fresco da un corso di marketing di Pubblitalia. Avventuratosi in discorsi un po urlati, arte evidentemente affinata dalla militanza politica, forniva più l'impressione che stesse vendendo la propria azienda anzichè proporre un progetto. Questo ha insospettito a mio parere non poco la platea, la quale non era tanto interessata a valutare quanto brava fosse Recoplastica nel brevettare il proprio marchio o depositare in SIAE l'idea esclusiva di vendere i rifiuti (paventando addirittura guerriglie legali verso chiunque ci avesse provato senza essere loro affiliati), quanto avere risposta ad una semplice domanda: Quanto costa mettere su un ecopunto ? Si sostiene economicamente?
Capisco che un qualche tasso di retorica sia inevitabile nel proporre qualsiasi nuovo progetto, tuttavia calcare la bontà ambientale dell'iniziativa era assolutamente ridondante in quel contesto, compreso il patetico sottolineare di come il povero vecchietto possa integrare la sua misera pensione vendendo i rifiuti, il valutare quanto può risparmiare una famiglia media... Ma come, ci volevano convincere ad aprire una attività oppure a fare noi stessi da clienti? Insomma, bando alle ciance ecologiche, come ha funzionato il primo ecopunto ?
Ed ecco infatti la nota dolente, in effetti un reale ecopunto ancora non è mai nato, quello attivato a San Gillio non fa testo in quanto vende direttamente a Recoplastica (cioè a loro stessi), non può essere quindi indicativo ne delle reali spese di trasporto ne delle spese di gestione, men che meno dei ricavi di vendita verso le piattaforme CO.NA.I, CO.RE.PLA, etc., dato che vende a loro stessi. Assolutamente niente infatti è stato detto sulla struttura dei costi. Quello di Moncalieri inoltre é tuttora solo un punto informativo, una sorta di "show-room" dimostrativo, non ha infatti ancora mai trattato nemmeno un grammo di materiale. Siamo passati per curiosità a vederlo, (anche se chiuso), trattasi di uno stanzino abbastanza anonimo di 20 mq a malapena arredato, con una pressa colorata in bella mostra, e pochissimo spazio per accantonare alcunchè, una vetrina insomma.
Non ho apprezzato molto i continui riferimenti dei vari relatori ai "guasti" provocati a loro dire dall'introduzione del porta a porta nella zona, tipo il fenomeno della migrazione del rifiuto, oppure l'impossibilità di mangiare il pesce il giorno che uno vuole (dato che l'umido viene ritirato solo il Venerdì). Si insinua che la diffusione capillare degli ecopunto per la parte riciclabile siano strategici in un piano di ritorno ad un sistema tradizionale, a San Gillio infatti vige uno strano sistema chiamato "binario", che non è altro che un misto domiciliare/stradale più varie isole ecologiche distribuite di raccolta. A mio parere invece, se non applicato al porta a porta ed altre azioni per ridurre il rifiuto a monte, gli ecopunto potrebbero fungere anche da incentivo per la maggiore produzione del rifiuto stesso, della serie chi se ne importa dei prodotti alla spina, tanto il contenitore poi lo vendo!
Voglio essere cattivo fino in fondo, oltre a ricordarmi il "Presidente operaio" qualcosa mi fa pensare che Gravinese stia pensando di utilizzare il suo brevetto (ma è poi vero che una modalità di commercio può essere brevettata? Secondo me, no) a scopi politici. Per il centro-destra sarebbe la ricetta ideale per nascondere la soluzione del problemi legati allo smaltimento dei rifiuti: l'inziativa privata, che puntualmente risolve ogni cosa, tanto più se si prevede da parte del governo un riassetto dei consorzi obbligatori di riciclo. Credo che la fretta con cui è stato organizzato il meeting si spieghi con l'esigenza di ottenere una risonanza mediatica, ovvero pubblicitaria.
Al contrario, sono stati sviscerati a mio modo in maniera più che esauriente tutti i problemi burocratici ed autorizzativi che è necessario affrontare per avviare un ecopunto, come la necessità di compilare il formulario, il registro di carico/scarico, il MUD, ed altri blazelli vari da adempiere. Assolutamente da citare l'avvocato relatore esperto negli aspetti legali, il quale non aveva assolutamente inteso come funzionava il progetto, sostenendo la necessità di adottare per gli ecopunto una forma giuridica cooperativa perchè "sarebbe stato difficile per il singolo esercente inviare i rifiuti raccolti direttamente a Recoplastica!". Forse avrebbero dovuto avvisarlo che gli ecopunti nascono per essere indipendenti, dato che necessariamente dovranno inviare i rifiuti non alla casa madre ma ai vari consorzi locali dislocati sul territorio. Non capiva, continuava ad asserire che gli ecopunto in Sardegna sarebbero stati svantaggiati perchè non era pratico ed economico spedire i rifiuti fino a San Gillio senza essere in forma di cooperativa!!!
Sono comunque convinto che l'idea vada estesa ed affinata, magari con meno propaganda e superficialità ma con un occhio più attento alla fattibilità economica ed ai vantaggi energetici. Non posso nemmeno ipotizzare di persone che viaggino in auto per portare dieci scatolette di rifiuto, spendendo in benzina molto più del ricavato alla vendita, il problema dell'ottimizzazione dei trasporti è ancora tutto da chiarire, ma di questo parlerò in un prossimo post.
Update: Ugo Bardi ha appena espresso le sue considerazioni sugli ecopunto, in maniera assai più completa e metodica di come avrei potuto fare io, merita una attenta lettura
Nei piccoli comuni le liste civiche nascono per raggruppamenti di partiti, vedi Castrocaro.
RispondiEliminaSarebbe interessante capire quali partiti componevano "L'Italia che Pensa", anche se un'idea me la sono già fatta.
Non ho trovato nulla in rete, ma solo il lancio dell'ANSA nella quale si fa confusione tra politica ed impresa (e si dice che i negozi di franchising diventeranno sedi di partito) mi fa rabbrividire.
Credo che tu ti riferisca a questo comunicato, l'ho scovato ed accorciato per brevità a questo link:
RispondiEliminahttp://tinyurl.com/6htqul
"320 negozi aperti in franchising diventeranno altrettante sedi di partito, 'L'Italia che pensa', di cui sono segretario nazionale".
Alessandro, mi sa che hai colto nel segno! Sarebbe come se un salumiere volesse diventare presidente del consiglio e promuovesse una campagna per aprire 20 salumerie in ogni città d'italia! Grazie della segnalazione.
Io sono reduce proprio oggi da un viaggio calabria-piemonte appositamente per questo incontro molto deludente di tanto fumo e poco arrosto.
RispondiEliminaMi chiedo come sia possibile "lanciare" un franchising senza avere a disposizione già una rete o un negozio "demo" e tantomeno aver fatto un indagine di mercato perchè a detto loro troppo costosa (350.000,00€). Dovremmo dare circa 10.000,00€ per entrare nella rete Ecopunto per avere il nulla, visto che a livello autorizzativo devi sbrogliartela da solo, la giurisprudenza cambia di regione in regione, ma cosa più grave la vendita dei rifiuti che si acquistano spetta al proprietario dell'ecopunto. Loro, infatti, forniscono una lista (lista tra l'altro facilmente reperibile attraverso una ricerca regionale) ma ad oggi non garantiscono alcun accordo. Il core bussiness di questa idea invece è proprio quello la vendita del rifiuto dopo l'acquisto che genera anche per ogni ecopunto il problema del trasporto dei rifiuti accumulati. Infatti, se si fa un accordo con qualsiasi azienda per il trasporto e vendita dei rifiuti evidentemente si andrà a parlare di container da 30mc di rifiuti differenziati e non di ecoballe da 150 kg, il problema si risolve acquistando un mezzo per il trasporto autorizzandolo ecc. ecc. ovviamente aumentando i costi di startup e di gestione. Ora non voglio dilungarmi ma il senso di fare un ecopuntio per utilizzare un marchio mi sembra un'assurdità, anche perchè l'idea non può essere brevettata, come paventavano loro, perchè altrimenti alcune persone, persone senza esperienza, avrebbe brevettato la vendita online di prodotti (vedi ebay) o la creazione di un motore di ricerca (vedi google). Credo che l'idea sia lodevole ma dovevano strutturarla meglio avviando il loro negozio per 5-6 mesi e rispondere a domande cruciali quali il tempo di ritorno? o quanti rifiuti avete raccolto nel vostro ecopunto? Evidentemente visto che l'ecopunto non è in funzione non hanno saputo rispondere in nessun modo!!!!
Sono un imprenditore del settore questa e' una grande fesseria che si propone illudere i cittadini che avranno dei soldi portera' solamente a far diminuire la raccolta differenziata e convincere le amministrazioni comunali che brcviare tutto conviene. pessima propaganda a chi come me fa la differenziata da 20 anni. e gia' gestisco circa 7 isole ecologiche e se la gente non viene gratis e il comune non mi da un'incentivo sarebbe tutto un fallimento per coprire i costi. La societa' vuole solo infinocchiare in questi momenti di crisi, qualch credulone per spillare qualche soldino.
RispondiEliminaquanto sento queste cose mi confermo da solo che siamo destinati all'estinzione.
Ma poi domani ritorno al mio lavoro e continuo a far la differenziata dei rifiuti, perche' la speranza e' l'ultima a morire.
Caro Anonimo, non sono convinto che siano solo fesserie o solo propaganda, non l'ho mai scritto, però certamente i tempi non sono ancora maturi per un progetto come questo. Vorrei essere smentito ed aspettare un centro veramente funzionante, sicuramente dopo tutta la pubblicità che hanno avuto qualcuno ci proverà, e noi lo terremo d'occhio!
RispondiEliminaUna cosa è da dire che hanno però improvvisato un pò troppo facendo forza su una buona idea e sulla "inesperienza" dei presenti; chi lavora con i rifiuti sa quanto e quali problematiche ci sono dire che il rifiuto è una risorsa è semplice banale e vecchio di 20 anni farla diventare veramente una risorsa è la sfida a cui loro non sono riusciti a rispondere!
RispondiEliminama alla fine,per me che non c'ero,qualcuno ha parlato dei prezzi al kg. per tipologia di rifiuto?????????? mi sembra che la svolta dovrebbe essere anche su questo. o no?
RispondiEliminai costi li hanno detti ma erano ricavati da quelli derivanti dai diversi consorzi di filiera.... praticamente l'uovo di colombo
RispondiEliminaFINALMENTE LA VERITA' RECOPLASTICA STA LENTAMENTE VENENDO A GALLA,
RispondiEliminaFANFARONI E' UN COMPLIMENTO NEL LORO CASO.
QUESTI SOGGETTI NON SOLO SI DEVONO VERGOGNARE MA DOVREBBERO ESSERE FERMATI CON QUALUNQUE MEZZO.
STATE IN GUARDIA QUESTA INIZIATIVA E' FLUFFA PER NON DIRE TRUFFA
VERGOGNATEVI
ma i rifiuti raccolti nel magazzino li dobbiamo spedire a spese nostre
RispondiEliminasono dei grandi pagliacci...esperienza diretta....i business plan sono in ogni caso fallimentari e loro ti abbandonano al primo ostacolo...incapaci e millantatori. si venderanno anche le mutande quando verranno prelevati dai carabinieri...pezzi di m....
RispondiEliminaCiao,
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