Una moschea a Torre del Moro ?
Francamente non capisco che problema ci sia verso tale operazione, chiunque abbia visto il buco in via Dandini in pieno centro dove sono oggi costretti i fedeli a riunirsi non può che trarre un sospiro di sollievo, almeno si incontreranno in un posto tutto loro adeguatamente preparato allo scopo!
E' curioso che proprio i “mori” non possano pregare a “Torre del moro”.
Leggo sui gionali che il PRG di Cesena (Piano Regolatore Generale, ndr) prevede che nelle aree produttive un luogo di culto “non si può fare”, un centro culturale invece sì, tuttavia se qualcuno decidesse di pregarvi dentro “l’impressione è che si tratterebbe di un abuso”.
Va innanzi tutto precisato che per culto si intende il “ Complesso delle usanze e degli atti per mezzo dei quali si esprime il sentimento religioso” (da vocabolario Zanichelli)
Se la questione stesse in questi termini e la esaminassimo oggettivamente, senza pregiudizi, anzi senza ideologismi (come si usa dire oggi) dovremmo trarre conclusioni a dir poco paradossali.
Una moschea è indubbiamente un luogo di culto, questo è il suo significato etimologico in lingua araba, come lo sono: chiese, tempi, sale del regno, cappelle, monumenti a carattere religioso, ed immagini sacre stabilmente installate, ne consegue che nessuna di loro può permanere in aree classificate come produttive dal PRG.
Se pregare è un atto di per sè sufficiente a determinare che un dato sito diventi luogo di culto, va da sé che nelle aree industriali di Cesena questa attività sia vietata, quindi,all’interno di queste aree, niente processioni, niente benedizioni pasquali o in occasione delle inaugurazioni di stabilimenti o rotonde, perché “se così fosse si ha l’impressione che si tratterebbe di un abuso”. Assai più complesso è invece un giudizio se si debbano vietare anche centri di benessere incentrati su “filosofie” orientali o riconducibili al movimento New Age, che soli taluni ritengono assimilabili a religioni. Si dovrebbe poi valutare se gli eventi occasionali rientrino nel divieto.
Mi chiedo chi possa aver mai concepito simili paradossi normativi evidentemente è stato qualcuno che ritiene che cultura e preghiera, ma anche produzione e culto siano termini inconciliabili da fare in luoghi diversi.
Chi non coglie il paradosso descritto evidentemente ha un occhio ipersensibile e l’altro cieco.
Spero ancora che si trovi una soluzione ragionevole senza scadere nel ridicolo.
Va detto che anche i richiedenti del Centro di cultura islamico sono stati improvvidi, dovrebbero imparare gli usi e costumi del nostro paese, come si fa a fare simili richieste poco prima delle elezioni? Mica votano loro.
Confido che così sarà, non c’è (quasi) personaggio con responsabilità pubbliche che non dichiari d'essere laico ed imparziale.
Palmiro Capacci
Forlì, 17.09.08
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