sabato 27 settembre 2008

Efficienza economica ed incenerimento dei rifiuti

Si sente spesso parlare del concetto secondo cui l'economia, grazie alla spinta competitiva, tenderà a massimizzare sempre e comunque l'efficienza di un sistema di produzione, in quanto se non lo facesse un "competitor" arriverebbe ben presto a creare lo stesso bene ad un prezzo inferiore, facendoti uscire dal mercato. In base a questa ipotesi, l'aumento della concorrenza dovrebbe essere in grado di produrre magicamente strategie via via migliori per creare lo stesso bene in forma più economica, quella che si chiama "innovazione di processo", da non confondere con l'innovazione di prodotto che mira alla sostituzione del bene con altri di caratteristiche superiori.

Chi nutre una fede cieca ed indissolubile verso questi principi economici capitalistici ne trae spunto per alimentare il proprio ottimismo di fronte alle gravi crisi che abbiamo di fronte, non importa quale problema avremo davanti, sguinzagliando il libero mercato esso si risolverà, e sempre, nella maniera più efficiente possibile. Finisce il petrolio ? La soluzione c'è già, sono i petrolieri ed i governi cattivi che non vogliono che si sappia, i nostri scienziati sono ovviamente pronti al nastro di partenza capaci di sfornare dal cilindro gli elementi del nostro futuro.

Siamo davvero sicuri che un sistema che tende alla massima efficienza locale della singola impresa sia sempre e comunque indirizzato a produrre il migliore fra i sistemi possibili globalmente ?

Prendiamo ad esempio il problema rifiuti, limitiamoci alla nicchia di mercato dell'imprenditore che decide di entrare nel business dello smaltimento. Esso si inserisce a pieno titolo nella "catena del valore", il suo orizzonte spaziale parte dall'approvvigionamento delle materie prime (rifiuti), passa per il trattamento degli stessi (supponiamo li incenerisca) e termina con la vendita del proprio prodotto, che sarebbe poi l'energia elettrica, nonché lo smaltimento delle proprie scorie (residui, ceneri).

Da un punto di vista termodinamico, sappiamo che l'incenerimento non è il sistema più efficiente per preservare l'energia globale immessa in tutta la filiera che va dall'estrazione mineraria fino allo smaltimento in discarica, riciclare ma soprattutto riusare sono molto ma molto meglio in termini energetici, però mettiamoci per una volta nei panni dell'imprenditore che entra nel "business" dell'incenerimento.

Come massimizzo, io imprenditore, la mia "efficienza" ? Attraverso tre semplici postulati.

  • Diminuendo il costo delle materie prime che mi occorrono, in base alla stima di produzione data dal mercato.
  • Diminuendo il tempo e il costo del mio processo produttivo di trasformazione per unità di prodotto.
  • Massimizzando il ricavo totale dovuto alla vendita del mio prodotto lavorato sul mercato.
Nel caso di un qualsiasi imprenditore che non bara e non detiene posizioni dominanti di monopolio, la legge della domanda e dell'offerta consente inevitabilmente di collocarsi in un punto di equilibrio, auspicabilmente superiore al "breakeven" (lavoro e non ci rimetto). Questo equilibrio è dettato sostanzialmente dalle dinamiche di mercato del settore in cui opero e dai vincoli della legislazione a cui sono soggetto, tutte e tre le voci sopra riportate ammettono pertanto un valore ottimale considerati questi vincoli.

Nel caso dell'imprenditore "inceneritorista", cosa succede ?

Tenderà a fare si che il costo delle materie prime sia il più basso possibile, addirittura negativo! Infatti, in questo caso si può addirittura essere pagati per "smaltire" le materie prime in ingresso (rifiuto).

Diminuirà il costo del processo, perseguendo a man bassa qualsiasi possibilità di accedere (anche impropriamente) a Certificati Verdi, CIP6, finanziamenti agevolati, tanti macchinari automatici e meno mano d'opera possibile.

Massimizzerà il ricavo rivendendo il prodotto lavorato (elettricità) al prezzo tutelato pari a ben tre volte il suo valore di mercato, con contratti decennali, producendo più elettricità che può.

Uniamo queste tre spinte, considerando l'inesauribilità della sete di energia elettrica (il mercato è disposto a comprarne indipendentemente dalla quantità prodotta), aggiungiamo il fatto che la materia prima non costa quasi niente, mettiamoci pure i finanziamenti pubblici a fondo perduto per gli investimenti in capitale immobilizzato......

Ma cristo santo, se me ne danno la possibilità vorrei costruire un inceneritore anche io!!!


Questa nicchia economica é quindi fuori dalle regole di un mercato normale, il punto di incontro fra domanda ed offerta non esiste, l'unica cosa che esiste è il vincolo di "smaltire solo fino alla quantità autorizzata", che dovrà pertanto essere la più alta possibile (vedi caso Brescia), da qui il desiderio di fare inceneritori sovradimensionati e sempre più grandi, cosa assai più facile se chi deve autorizzare e chi deve costruire è sovente la stessa entità (leggi Hera e politici locali dentro i consigli di amministrazione).

In questo esempio, il raggiungimento del massimo dell'efficienza economica locale, conduce ad un peggioramento della condizione economica globale, perché è evidente che se costruissimo tutti un inceneritore sotto casa avremmo problemi enormi:

  • Esaurimento rapido delle materie prime e delle risorse minerarie
  • Spese sanitarie ed inquinamento fuori controllo
  • Impossibilità di perseguire qualsiasi altra politica di tutela ambientale

In Germania, gli inceneritori sono pubblici, non generano energia elettrica, lo smaltimento costa molto, sono pianificati dallo stato e non dalle aziende che gestiscono il rifiuto.

Comincio a capire perché la Germania incenerisce molto più di noi ma ha al contempo una struttura di gestione industriale del rifiuto molto più attenta ed efficiente, specialmente riguardo alla raccolta differenziata, al punto che i tedeschi prevedono entro il 2020 di chiudere gran parte delle discariche di rifiuti urbani ed allargare la raccolta differenziata in tutti i centri urbani ben oltre il 50%.

Da noi rimangono i conflitti di interessi, anzi solo gli interessi.

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