Il petrolio è morto, viva il petrolio
Partiamo dal punto fondamentale, siamo sull'orlo di una crisi energetica senza precedenti, picchisti o non picchisti lo stile di vita basato sui consumi fossili folli non durerà a lungo se non si prendono seri provvedimenti fin da ora. Malgrado non sia impossibile che qualche paese lontano tiri fuori dal cilindro un giacimento di petrolio ancora incontaminato, in grado forse di spostare il problema più in la di qualche anno, ciò non modifica di una virgola l'enorme dilemma che abbiamo di fronte. Per la prima volta nell'esistenza dell'umanità abbiamo la "certezza" che i nostri figli avranno molte meno risorse dei nostri padri, un futuro di contrazione dei consumi e una limitazione delle possibilità di mobilità che oggi ci sembrano ovvie ed assodate (auto privata, aviazione, viaggi oltreoceano).
A questo punto si delineano due strategie di intervento
Gli sviluppisti ottimisti
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Sono coloro che, ad ogni costo, desiderano trovare un sostituto energetico che possa sopperire gradualmente all'apporto mancante del petrolio, in modo da continuare il nostro stile di vita occidentale come se nulla fosse. Fra questi sono da annoverare i nuclearisti straconvinti e i fautori dei biocarburanti, entrambi i quali tenderanno a minimizzare qualsiasi rischio di impatto sia ambientale che economico, all'insegna di "l'importante è che il sogno della modernità continui". Sono generalmente sviluppisti visionari che credono nell'ideale del libero mercato e nella fiducia verso la scienza, capace sempre di trovare soluzioni ai problemi di mano in mano che si verificheranno. Pensano che le grandi opere portino sviluppo e ricchezza, che la spinta propulsiva del mondo continuerà ad essere l'economia della crescita, e che unico paracadute per garantire il benessere di uno stato sia l'incremento continuo del PIL.
I fatalisti della decrescita
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Sono coloro che, malcelando un certo pessimismo che spacciano per realismo, sostengono che la "decrescita" sarà inevitabile, che il futuro sarà completamente diverso da come lo immaginiamo oggi. Ottimisti di facciata, convinti e compiaciuti che un giorno esterneranno un "te l'avevo detto" quando le cose si metteranno davvero male, vere e proprie cassandre ad orologeria. Affermano che l'unica maniera per arginare la "smusata" che ci aspetta sia quella di affidarci al ritorno di un senso di sobrietà ed una riscoperta dei valori fondamentali da preservare, che non sono la produzione energetica a tutti i costi ma l'agricoltura sostenibile, l'autoproduzione, il corretto uso idrico, il risparmio energetico spinto, la microgenerazione in "networked power grid", le fonti rinnovabili. Fra questi da annoverare i sostenitori dell'eolico e del fotovoltaico, coloro che passano il tempo a misurare l'efficienza e il rendimento delle fonti energetiche marginali, coloro in generale che credono che una "nuova narrazione del mondo" è possibile. Odiano gli sprechi di risorse e la pubblicità, amano il riuso, il riciclo, i veicoli elettrici, e si compiacciono di avere performance ambientali migliori dei propri vicini di casa.
Beh, per quanto mi riguarda, io sono uno dei soci fondatori del movimento della decrescita di Maurizio Pallante, pertanto non avrete difficoltà a capire dove posso collocarmi nella grezza dicotomia che ho appena evidenziato.
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