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mercoledì 19 maggio 2010

Lettera aperta ai futuri consiglieri regionali e provinciali

Cosa distingue un politico da uno statista ?
"Un politico pensa alle prossime elezioni, uno statista pensa alle prossime generazioni"
- Alcide de Gasperi (1881-1954)

Per sondare la propensione dei nostri neo-rappresentanti politici, l'associazione ASPO Italia ha inviato questa lettera aperta agli amministratori, chiedendo loro di rispondere sulla visione strategica che hanno del futuro, visto dall'ottica della gestione delle risorse energetiche e minerarie. (scarica lettera)

I temi trattati sono fondamentali, poichè la disponibilità di energia sta alla base di praticamente tutto quanto la politica è interessata ad occuparsi: wellfare, edilizia, industria, agricoltura, chimica, sanità, benessere, mobilità, economia, beni di consumo e prodotti, alimenti, lavoro, sviluppo, tutela ambientale, ... praticamente qualsiasi cosa.

Ciò che genericamente viene inteso come "progresso sociale e umano" è sostenuto solo ed esclusivamente , direttamente o indirettamente, dalla disponibilità di energia abbondante e a buon mercato. E quando dico tutto intendo realmente tutto ciò che ci distingue ora dal modo di vivere di circa 100 anni fa, quando iniziò il boom dell'industria basata sul petrolio. Un niente sulla scala temporale della presenza umana.

Oggi ci sono prove incontrovertibili che un sistema di sfruttamento sistematico delle risorse minerarie ed energetiche sta entrando in crisi, e con esso conseguentemente tutti i settori da esso derivati, compresa la nostra democrazia, possono subirne feroci contraccolpi.

A questa lettera, tutti gli amministratori che condividono con DeGasperi la differenza fra statisti e politici, dovrebbero dare pubblica risposta.

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Lettera aperta inviata a tutti gli amministratori delle Regioni e delle Province, allo scopo di contribuire al miglioramento del quadro conoscitivo in materia energetica, con particolare riferimento alla disponibilità delle fonti fossili. 

Oggetto: Nota informativa – Petrolio, economia e società

Egregio Sig. Presidente,

Ci permettiamo di sottoporre alla Sua considerazione la presente comunicazione, con l’obiettivo di contribuire al quadro conoscitivo nel settore energetico, che costituisce materia concorrente tra Stato, Regioni ed Enti Locali.

LA DISPONIBILITA’ DI PETROLIO A BASSO COSTO E’ IN DECLINO
Sussistono ragioni molto fondate per ritenere che la crisi finanziaria, partita nel 2007 in modo graduale ed evoluta nel 2008 in un vero e proprio ridimensionamento dell’economia globale, tragga in gran parte la propria origine nell’incapacità di estrarre petrolio greggio in quantità sufficienti, e a costi sufficientemente bassi, tali da sostenere la crescita imposta dall’economia aperta di mercato ormai affermata in tutto il mondo.
La medesima crisi e la conseguente diminuzione dei consumi ha senza dubbio avuto l’effetto, molto temporaneo, di rallentare l’incipiente deficit di petrolio, ovviamente al costo di un relativo impoverimento di molti Paesi e degli strati più svantaggiati delle relative (e sempre crescenti) popolazioni; l’attuale stabilizzazione dei prezzi del barile di petrolio oltre gli 80 dollari testimonia tuttavia che i fondamentali scatenanti non si sono modificati.
La relativa e modesta ripresa in corso non potrà che accentuare e avvicinare il momento in cui l’offerta di petrolio non potrà più fare fronte alla domanda minima sufficiente a sostenere la crescita necessaria a uno sviluppo armonico e al benessere diffuso.

La stessa Agenzia Internazionale per l’Energia e il Governo USA hanno diffuso per la prima volta un avvertimento che, se ben interpretato e seguito da azioni adeguate, potrà aiutare almeno ad attenuare gli effetti del prossimo “crash” petrolifero.

La nostra Associazione si permette di suggerire una particolare attenzione non soltanto al suddetto previsto evento, ma anche alla sua collocazione nel tempo, che è estremamente ravvicinata (entro 2-3 anni) e che di fatto rende difficilmente proponibili e praticabili programmi di riconversione a breve termine del sistema energetico e tecnologico.
Emerge qualche positivo elemento di speranza, almeno per il nostro Paese, rappresentato, a titolo d’esempio, dal vero e proprio “boom” del fotovoltaico, passato in pochi anni da una nicchia trascurabile a oltre 1.200 MW di potenza installata, e dell’eolico, la cui potenza installata presto raggiungerà i 5.000 MW, complessivamente contribuendo per quasi il 5% al fabbisogno nazionale di energia elettrica.

La via d’uscita è tuttavia stretta e lunga, e deve essere percorsa in fretta! Essa necessita un forte sostegno da parte di tutti i livelli di governo e amministrativi riguardo alla produzione di energia da fonti rinnovabili, al risparmio e all’efficienza energetica e al trasporto sostenibile.

QUALCHE DATO SUL PICCO DEL PETROLIO
Il grafico sottostante è stato prodotto dal Dipartimento dell’Energia (DOE) del Governo degli Stati Uniti d’America a partire dai dati dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE), agenzia intergovernativa dei Paesi OCSE, dedicata allo studio e alle previsioni sul futuro energetico mondiale.

La stessa figura prospetta un futuro energetico molto preoccupante, caratterizzato a breve dal picco della produzione di combustibili liquidi.
Si tratta di un evento storico già in corso, il cui momento critico è collocabile, secondo i dati AIE, tra circa 18 mesi, intorno al valore di 87 milioni di barili al giorno.

La produzione di petrolio convenzionale, che è in pratica tutto il petrolio con cui è stato alimentato il metabolismo sociale ed economico mondiale almeno negli ultimi 50 anni, ha superato un picco di capacità nel 2008, ed è prevista declinare con un tasso annuo del 4%.

L’apporto di petrolio non convenzionale, essenzialmente sabbie bituminose e altri progetti simili, non coprirà che in minima parte il deficit che si sta aprendo tra domanda e offerta.

Tale deficit è rappresentato, nella figura, dall’area bianca classificata come l’insieme dei progetti produttivi ancora da identificare, che si trova tra la porzione colorata della figura data dalla somma della produzione delle varie categorie di liquidi combustibili e la curva in colore blu scuro, che rappresenta le previsioni dell’AIE sulla domanda da oggi al 2030.

In altre parole, la parte colorata della figura rappresenta la realtà, la parte bianca l’immaginazione.
Questa quantità di petrolio “immaginario” ammonterebbe, nel 2030, alla cifra stratosferica di 60 milioni di barili al giorno, pari alla produzione attuale di sei produttori come l’Arabia Saudita.

I problemi, tuttavia, inizieranno molto prima, allorché la domanda inizierà a superare definitivamente l’offerta.
Purtroppo le scoperte di nuovi giacimenti, lungi dal ripetere i fasti dei tempi in cui furono individuati i grandi campi petroliferi che ci hanno generosamente servito per diversi decenni, dopo un picco a metà degli anni sessanta del secolo scorso, sono andate irregolarmente ma inesorabilmente calando e si attestano oggi intorno ad 1/5 dei consumi. Tali scoperte sono inoltre principalmente costituite da progetti petroliferi estremamente complessi dal punto di vista geologico e ingegneristico (per esempio in alto mare, in zone perennemente coperte da ghiacci, a profondità chilometriche, greggio di qualità scadente, contenente sostanze pericolose o da eliminare, complicate lavorazioni di enormi quantità di sabbie o di rocce).

Tale complessità si riflette, ovviamente e prima di tutto, in costi economici più alti e ritorni energetici minori (minore estrazione di petrolio per unità di energia spesa per estrarlo), aspetto, quest’ultimo, che, indipendentemente dalle quantità di petrolio ancora esistenti, definisce il “vantaggio” tramite il quale la struttura socio-economico-produttiva può continuare a svilupparsi.

Negli Anni Trenta del secolo scorso si utilizzava l’energia corrispondente a un barile di petrolio per estrarne cento, oggi con un barile se ne estraggono da dieci a quindici, e ciò pur tenendo conto degli enormi progressi tecnologici intervenuti nel frattempo!
La stessa crescente complessità della ricerca ed estrazione di petrolio si riflette anche, come purtroppo testimoniano le recenti cronache dal Golfo del Messico, in un aumentato rischio di incidenti dalle conseguenze particolarmente gravi e durature.

Da tempo la nostra Associazione ha divulgato ad ogni livello della società, dalle scuole elementari fino agli organi di governo dello Stato, delle Regioni e degli Enti Locali, l’entità, la tempistica e le possibili conseguenze del picco petrolifero, così come ora trovano conferma nel documento del Dipartimento dell’Energia del Governo degli Stati Uniti.
Il metabolismo sociale ed economico del nostro Paese, delle sue Regioni e città è ancora totalmente dipendente dalla fruibilità di combustibili liquidi a buon mercato.
Il panorama prevedibile nella fase di declino di disponibilità di tali combustibili è caratterizzato da costi crescenti degli stessi che si trascineranno dietro costi crescenti dell’energia in generale e delle materie prime (come si è visto nel periodo 2004-2008).

Tutti i settori produttivi, dai trasporti all’agricoltura, così come l’intero assetto economico e sociale soffriranno - in modo al momento imprevedibile - generando una riduzione delle disponibilità di beni, servizi e lavoro così come oggi li concepiamo.

Si rileva che l’attuale fase di sostituzione dei combustibili liquidi di origine petrolifera con il gas naturale può alleviare solo in minima parte i problemi per il settore dei trasporti.

La scrivente Associazione evidenzia quindi la necessità che l’azione politica e amministrativa si occupi nel più breve tempo possibile di garantire alla società il mantenimento dei servizi essenziali scoraggiando la deriva verso il superfluo e focalizzandosi verso la preparazione, sia materiale, sia culturale, di una comunità informata e resiliente, chiamata ad affrontare un periodo di diminuzione del flusso di beni e servizi senza per questo collassare o trasformarsi in qualcosa di diverso e sicuramente meno gradevole.

In questo quadro si evidenzia inoltre il carattere controproducente dei progetti di rilancio del paradigma vigente, rappresentati dall’ipotesi di incrementare l’uso del carbone e dal ritorno al nucleare, che sottendono l’idea non sostenibile della crescita materiale infinita.

Grati per la Sua considerazione, rimaniamo a disposizione per qualsiasi approfondimento.
 Con Ossequio.

ASPO ITALIA, ASSOCIAZIONE PER LO STUDIO DEL PICCO DEL PETROLIO.

giovedì 22 gennaio 2009

Change we can or change we must ?

Voglio rilanciare un consiglio al nuovo presidente americano in tema di Energia (ammesso che ne abbia bisogno) condividendo la ricetta espressa dall'associazione internazionale "The Oil Drum":
  • E' l'energia e non il denaro che muove l'economia. Se i miliardari americani decidessero ad esempio di regalare una vagonata di miliardi di dollari al governo americano, ne ripagherebbero il debito, ma non altererebbero di una virgola la disponibilità di fonti energetiche fossili. Pagare l'energia per muovere le fabbriche non significa crearla.
  • L'energia non è tutta uguale. Quella a buon mercato l'abbiamo ormai alle spalle, per recuperarla da fonti non convenzionali come le sabbie bituminose oppure minerali di uranio a bassissima concentrazione serve tanta energia quanta quasi quella che se ne ricava, rendendo il processo assai poco redditizio dal punto di vista termodinamico.
  • Investire in turbine eoliche e solare piuttosto che in nuove prospezioni petrolifere, affinchè il ritorno dell'investimento sia continuo negli anni e non solamente limitato temporalmente allo sfruttamento di piccoli giacimenti residuali, che poco possono fare in termini di sostenibilità globale dei nostri consumi.
  • I prezzi più alti per l'energia sono una buona cosa, a patto che i profitti vengano reinvestititi in nuovi sistemi di energia (meglio se rinnovabile) e non vadano ad ingrassare i dirigenti delle multinazionali.
  • Il pubblico deve essere educato a prezzi energetici più elevati. L'alternativa è tra pagare di più l'energia o averne meno a disposizione.
  • Anche se è una misura altamente impopolare, Obama dovrà introdurre una tassa sulla benzina, per arrivare gradualmente ai livelli europei, senza peraltro ridurre le altre tasse. Questo ridurrà i viaggi superflui e stimolerà l'ingegneria americana all'efficienza nei trasporti.
Questi consigli valgono ovviamente a maggior ragione anche per l'Italia, affinché si passi dal motto "Change We Can" al nuovo "Change We Must", ed ipotecare così la speranza di un futuro almeno decente per le prossime generazioni.

Intanto, in Arabia Saudita si tiene un summit mondiale per discutere sul futuro delle energie rinnovabili, il world future energy summit.

domenica 29 giugno 2008

Verso una società da 2000W pro capite

Sollecitato da una affermazione di Beppe Grillo scritta nella prefazione del libro di Maurizio Pallante "Un programma politico sulla decrescita", ho avuto modo di riflettere su questa affermazione (cito testualmente da Beppe Grillo):
In Europa consumiamo seimila watt a testa ogni anno.
E' come avere 60 lampadine da 100 watt accese giorno e notte.

Di primo acchito, il dato mi sembrava esagerato, al di la del fatto che il termine "ogni anno" è improprio in quanto il consumo energetico all'anno si misura in Kilowattora e non in Watt, il senso della frase, anche corretto semanticamente, è tuttavia lo stesso:
In Europa consumiamo una energia media di 50 MWh a testa ogni anno, abbiamo pertanto bisogno di seimila watt sempre disponibili a testa in ogni istante.
E' come avere 60 lampadine da 100 watt accese giorno e notte.

50 MWh è infatti il prodotto (arrotondato per difetto) fra i 6000 (watt) di Grillo e il numero di ore che ci sono in un anno, pari a 8760 ore circa.

Per sopravvivere, abbiamo bisogno all'incirca di ingerire (in media) 1500 Kcal al giorno, pari a 1.75 KWh al giorno, che moltiplicati per i giorni di un anno fanno circa 650 Kwh all'anno, solo per sostenerci in vita dignitosamente. In soldoni, il nostro corpo è come una lampadina di 80-100 watt (dividendo i KWh al giorno per 24 ore).

Quindi, riassumendo, consumiamo 50 milioni di wattora, ma a sostenere il nostro consumo basale ne vanno solamente 650 mila, se ne deduce che un europeo consuma circa 100 volte più energia di quella che gli serve per sopravvivere !! L'energia basale è infatti circa 1/100 del totale dell'energia consumata, ovvero in maniera equivalente il 99% dell'energia che consumiamo NON è direttamente sotto forma di cibo.

Ma da dove derivano i 50MWh (oppure 6000 watt a testa) di cui parla grillo ?

In Italia, il bilancio di energia primara (tutta l'energia prodotta e/o importata sotto forma di fonti fossili e non) è pari (fonte ecoage) a circa 200 MTep (milioni di tonnellate di petrolio equivalenti), che convertite in KWh fanno circa 2326000000000 KWh (duemila miliardi di kilowattora). Un quarto dei quali dissipati come perdite e sprechi.

Se adesso li dividiamo con la popolazione media dell'Italia, diciamo 58 milioni di persone, fa all'incirca 40.000 KWh, ovverosia 40 MWh (confrontabili con i 50Mwh dichiarati da Beppe Grillo, che sono però una media europea). Pertanto, Beppe Grillo si è sbagliato di poco, in Italia abbiamo bisogno di circa 4500 Watt a testa (e non di 6000).

Ma come siamo messi nei confronti degli altri paesi ? Consumiamo troppo ? In realtà non si può dire che siamo collocati troppo male, basta un confronto con gli USA per farci capire che, pur vivendo nello spreco, rispetto agli americani siamo un popolo sobrio!

Nel grafico soprastante risulta evidente come la media mondiale si collochi nell'area dei 2000 Watt procapite, nel bangladesh sono in credito, molto vicini al loro consumo di pura sopravvivenza, mentre negli stati uniti esplodono fin oltre il doppio della media europea. Tra l'altro, ho notato come questo indice di consumo energetico pro capite segua abbastanza fedelmente la distribuzione dell'indice di impronta ecologica, come è logico che sia:

Provate a sommare i vostri consumi totali (con una media "spannometrica") riferiti ad una famiglia tipica:

  • Consumi elettrici Enel, 3.500 KWh all'anno fabbisogno medio.
  • Consumi riscaldamento domestico, 15.000 KWh all'anno fabbisogno medio.
  • Consumi automobile, circa 1400 litri gasolio/anno per famiglia, 16.000 KWh.

Raggiungiamo a malapena i 40 MWh, ma per famiglia e non per persona, quindi circa un terzo di quanto consumiamo in Italia, considerando una famiglia media di 3 persone.

Da questo se ne deduce che, anche azzerando i consumi di elettricità, calore, trasporto, rimarrebbe una quantità enorme di energia che continueremmo a consumare. Dove va a finire tutta questa energia "occulta" ?? Sono tutti sprechi ?

Va a finire, probabilmente, nella valanga di energia che inconsapevolmente sperperiamo nei nostri atti quotidiani di consumo, usando le cose (che hanno richiesto energia per essere prodotte) e gettandole come rifiuto. Quando acquisto un oggetto di plastica, già in quell'atto ho buttato via una frazione di energia non più restituita. Inoltre, c'è l'effetto moltiplicatore sulle risorse che il consumo di materiale derivato comporta. Ad esempio, mangio una fettina di carne e non penso ai 1000 litri di acqua e tutti i fertilizzanti derivati dal petrolio che sono serviti per coltivare il foraggio, abbeverare la bestia, sostenere l'agricoltura intensiva, etc. Oppure all'energia enorme che è stata necessaria per forgiare il metallo della carrozzeria della mia auto quando la vado a rottamare, e che non c'è modo di recuperare. L'energia che manca è andata a ... crescere il PIL, ma non ne abbiamo tratto alcun reale giovamento!

Se, come auspica Grillo, dovremo necessariamente avviarci verso una società a 2000 watt pro capite, certamente occorrerà mettere in seria discussione l'intero modello su cui si basa la nostra economia occidentale.

sabato 24 maggio 2008

Nucleare, mito o realtà

Giuro che sul nucleare per un bel po non ci tornerò più su, però un articolo così intelligente e sensato come questo vorrei davvero averlo scritto io. L'unica cosa che mi viene in mente, a sentire i discorsi recenti di Scajola e Veronesi, è che ci stiamo davvero impiccando con le nostre stesse mani. Se poi volete dotarvi di un punto di vista scientifico che non sia la solita cagnara da bar sport, potete incominciare da qui: Nucleare, mito o realtà.

Sempre dal sito di ASPO Italia, un confronto sintetico fra le varie fonti energetiche e quale contributo ognuna di esse può dare per la diversificazione delle fonti, potete trovarlo in questo interessantissimo articolo.

Se poi ritenete che possiamo davvero aspettare 20 anni, necessari per riportare in piedi la filiera del nucleare e realizzare quelle 5 o 6 centrali italiane, sapendo che saranno appena sufficienti per sopperire ad una quota massima del 15% o 20% del fabbisogno italiano di energia elettrica, potete ascoltare l'intervista video a Chicco Testa.

Eccolo li, proprio davanti a noi, il confine della civiltà, investire nel futuro con un presente estremamente difficile.

martedì 29 aprile 2008

Il petrolio è morto, viva il petrolio

Partiamo dal punto fondamentale, siamo sull'orlo di una crisi energetica senza precedenti, picchisti o non picchisti lo stile di vita basato sui consumi fossili folli non durerà a lungo se non si prendono seri provvedimenti fin da ora. Malgrado non sia impossibile che qualche paese lontano tiri fuori dal cilindro un giacimento di petrolio ancora incontaminato, in grado forse di spostare il problema più in la di qualche anno, ciò non modifica di una virgola l'enorme dilemma che abbiamo di fronte. Per la prima volta nell'esistenza dell'umanità abbiamo la "certezza" che i nostri figli avranno molte meno risorse dei nostri padri, un futuro di contrazione dei consumi e una limitazione delle possibilità di mobilità che oggi ci sembrano ovvie ed assodate (auto privata, aviazione, viaggi oltreoceano).

A questo punto si delineano due strategie di intervento

Gli sviluppisti ottimisti
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Sono coloro che, ad ogni costo, desiderano trovare un sostituto energetico che possa sopperire gradualmente all'apporto mancante del petrolio, in modo da continuare il nostro stile di vita occidentale come se nulla fosse. Fra questi sono da annoverare i nuclearisti straconvinti e i fautori dei biocarburanti, entrambi i quali tenderanno a minimizzare qualsiasi rischio di impatto sia ambientale che economico, all'insegna di "l'importante è che il sogno della modernità continui". Sono generalmente sviluppisti visionari che credono nell'ideale del libero mercato e nella fiducia verso la scienza, capace sempre di trovare soluzioni ai problemi di mano in mano che si verificheranno. Pensano che le grandi opere portino sviluppo e ricchezza, che la spinta propulsiva del mondo continuerà ad essere l'economia della crescita, e che unico paracadute per garantire il benessere di uno stato sia l'incremento continuo del PIL.

I fatalisti della decrescita
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Sono coloro che, malcelando un certo pessimismo che spacciano per realismo, sostengono che la "decrescita" sarà inevitabile, che il futuro sarà completamente diverso da come lo immaginiamo oggi. Ottimisti di facciata, convinti e compiaciuti che un giorno esterneranno un "te l'avevo detto" quando le cose si metteranno davvero male, vere e proprie cassandre ad orologeria. Affermano che l'unica maniera per arginare la "smusata" che ci aspetta sia quella di affidarci al ritorno di un senso di sobrietà ed una riscoperta dei valori fondamentali da preservare, che non sono la produzione energetica a tutti i costi ma l'agricoltura sostenibile, l'autoproduzione, il corretto uso idrico, il risparmio energetico spinto, la microgenerazione in "networked power grid", le fonti rinnovabili. Fra questi da annoverare i sostenitori dell'eolico e del fotovoltaico, coloro che passano il tempo a misurare l'efficienza e il rendimento delle fonti energetiche marginali, coloro in generale che credono che una "nuova narrazione del mondo" è possibile. Odiano gli sprechi di risorse e la pubblicità, amano il riuso, il riciclo, i veicoli elettrici, e si compiacciono di avere performance ambientali migliori dei propri vicini di casa.

Beh, per quanto mi riguarda, io sono uno dei soci fondatori del movimento della decrescita di Maurizio Pallante, pertanto non avrete difficoltà a capire dove posso collocarmi nella grezza dicotomia che ho appena evidenziato.

venerdì 4 aprile 2008

Quanta energia si risparmia riciclando

Per una valutazione corretta riguardo alla convenienza del riciclo rispetto alle altre forme di smaltimento è impossibile prescindere da questioni banalmente energetiche. Considerare solo gli aspetti economici è totalmente fuorviante quando siamo in presenza di una molteplicità di interessi che non convergono verso lo stesso fine. La convenienza per il cittadino è quella di avere una tariffa più bassa possibile, la convenienza di un gestore di servizi di igiene pubblica è quella di avere il minor costo possibile (e quindi massimizzare l'utile, trattando la maggiore quantità di rifiuto possibile). La convenienza di una industria cementifica è quella di sostituire il più possibile il carburante dei forni per realizzare il cemento con combustibili meno costosi. La convenienza di chi costruisce inceneritori è quella di vendere energia ed accedere ai certificati verdi. Ma quale è la convenienza dell'ambiente ? Ovviamente la convenienza è quella di riciclare tutto il possibile ed utilizzare esclusivamente processi rinnovabili, e fra le varie modalità sceglere quella che ha il minor dispendio di energia, la quale gira e rigira non può che arrivare dal sole. Il punto di vista energetico è quindi determinante per stabilire la convenienza di un processo rispetto ad un altro, ed è l'economia monetaria a doversi adattare, non il viceversa. La tabella illustrata sopra (dati Arpa Emilia Romagna) mostra una stima grossolana di quanta energia è necessaria per processare un kg di materiale vergine riferita a quanta energia è necessaria per ricavare lo stesso materiale trattando la materia prima seconda. Per un bilancio energetico completo occorre inserire tutte le altre voci della filiera, la raccolta, il trasporto, la forza lavoro necessaria, l'impiantistica, ma comunque questo dato ci consente di fare una stima di massima abbastanza attendibile. Se quanto raccolgo finisce in discarica, perdo l'intera energia necessaria per produrre una unità in peso dello stesso bene. Se quanto raccolgo finisce all'incenerimento, perdo quasi altrettanto, occorre sommare l'energia che recupero bruciando (frazione minima anche se il materiale non è metallico e brucia bene). Se quanto raccolgo finisce al riciclaggio, dipendentemente dalla sua purezza, riesco a recuperare a seconda del tipo di materiale, da 1/3 fino ai 9/10 dell'energia che avrei dovuto impiegare per produrre la stessa unità di materiale. Il maggior recupero si ottiene per quei materiali ormai molto costosi come il rame, l'alluminio, il piombo, molto meno tentando di riciclare il ferro, ma comunque con un bilancio molto promettente. In conclusione, per i materiali ferrosi sia la discarica che l'incenerimento sono un ottimo modo per buttare via energia e soldi, l'unica alternativa è il recupero diretto ad alta qualità, ottenibile cercando di non mescolare mai il materiale con altri estranei. Cioè il Porta a Porta, sia per le imprese che per le utenze domestiche.

mercoledì 26 marzo 2008

Clima, risorse, rifiuti, tre problemi ed una soluzione

Il problema dei cambiamenti climatici, quello dell'esaurimento delle risorse, e quello della gestione dei rifiuti, sono tutti strettamente correlati. Oggi si parla politicamente assai più del primo, sul quale i governi si impegnano con accordi trans-nazionali per cercare di mitigare l'impatto sul clima, assai meno degli altri due.

Del secondo problema, quello dell'esaurimento delle risorse, se ne parla a torto molto poco, in virtù del fatto che su questo problema non c'è davvero molto da fare, oltre che ribadire a chiare lettere come ogni grammo di risorsa non rinnovabile sia preziosa e che una volta consumata non si rigenera più. Mi riferisco soprattutto al petrolio ma anche al gas naturale, al carbone, all'uranio, al fosforo, al rame, tutti in via di progressivo ed inesorabile decremento di produzione. Per intenderci, essi non si esauriranno, semplicemente il divario fra domanda e offerta si allargherà sempre di più, creando un rialzo esponenziale dei prezzi fino a raggiungere un nuovo punto di equilibrio di mercato.

Del problema dei rifiuti, si parla genericamente solo in termini di costi, di degrado urbano e di salute pubblica, davvero poco se ne parla in termini energetici. Cosa conviene fare ? Riciclare ? Bruciare ? Seppellire tutto nelle buche ? Cercare di limitarne la produzione alla fonte ? Affidarci a multiutility come Hera che faccia sparire il problema al posto nostro in barba a qualsiasi bilancio ambientale ?

Come descritto all'inizio, questi tre aspetti fondamentali della sostenibilità, clima, risorse materiali/energetiche e rifiuto, sono trattati diversamente, ma fortunatamente sono così correlati per cui buone soluzioni per l'uno rappresentano anche buone soluzioni per l'altro. Basti pensare al risparmio energetico, favorisce il clima (meno gas serra), diminuisce il bisogno dei combustibili, riduce il rifiuto grazie al riciclaggio, che è un ottimo modo infatti per risparmiare energia.

Segnalo un eccezionale articolo sulle politiche energetiche di UGO Bardi, non parla specificatamente di rifiuti ma soprattutto di clima ed energia, lettura comunque altamente consigliata a chi intende avere una visione globale e non ideologica delle sfide che abbiamo di fronte nell'immediato futuro.

sabato 16 febbraio 2008

Energia da incenerimento ?

Il CEWEP è una organizzazione a livello europeo che comprende 240 gestori di impianti di "termovalorizzazione" suddivisi in 16 stati della comunità europea. I membri di questa organizzazione producono annualmente una serie di report molto interessanti nei quali si fa il punto sull'utilizzo di questo strumento dal punto di vista energetico. Va fatto notare che la parola "termovalorizzatore" non esiste in nessuna lingua tranne che in italiano, si parla infatti genericamente di impianti WtE (Waste-to-Energy), ovvero di impianti a recupero di energia.

Verrebbe da chiedersi se dal punto di vista energetico recuperare energia dai rifiuti sia una cosa saggia, se possa essere o meno un modo per diversificare l'offerta di energia, oppure lo si faccia esclusivamente perché si tratta di una delle tante possibilità. Va fatto notare, in ogni caso, come gli impianti di incenerimento dei rifiuti siano soggetti in molti paesi europei ad una "tassazione" disincentivante analoga a quanto già avviene per le discariche. Tali tasse vanno da un minimo di 7€/tonn per il Belgio fino ai 45€/tonn per la Danimarca. In italia, quasi mi vergogno a dirlo, tramite il meccanismo dei Cip6, riusciamo a dare dai 20€/tonn ai 40€/tonn di sovvenzioni!

A prescindere dal caso abnorme Italiano, il fatto stesso che questi impianti siano disincentivati economicamente porta i soggetti economici al cercare di recuperare quanto più margine possibile attraverso il recupero energetico. Non è pertanto scorretto affermare che la pratica della produzione di energia da rifiuto è una necessità imposta dal rendere economicamente sostenibili i costi per la realizzazione di questi impianti. Ma vediamo ora quanta energia essi effettivamente producono e soprattutto quanto è la loro efficienza.

Il grafico a torta in cima mostra sul totale dell'energia immessa sotto forma di combustibile da rifiuto quanta di questa ritorna in maniera utile sotto forma di elettricità, quanta sotto forma di calore, e quanta infine viene complesivamente sprecata per perdite termodinamiche ed altro. Il grafico necessita di una breve spiegazione.

Le parti blu e azzurre si riferiscono alla energia "sprecata", ovvero non recuperabile, parte di questa risulta ancora contenuta nelle ceneri prodotte e soprattutto nei "fumi caldi" emessi il cui calore non è più recuperabile. Una piccola parte di energia sprecata è in realtà immessa nell'impianto a partire da combustibili fossili, ad esempio tramite iniezioni di metano che servono a mantenere e regolare la temperatura interna assecondando la potenzialità termica variabile del combustibile da rifiuto.

L'insieme di tutta questa energia "sprecata" ammonta grossolanamente a circa il 50%, ed è quella compresa nelle aree blu e azzurre. Il restante 50% è energia utile che esce dall'impianto, conteggiata nelle aree di colore arancio e verde. Il colore arancio si riferisce all'energia di tipo "termico", ovvero al calore generato e non convertito in altra forma adatto per essere utilizzato come sorgente per il teleriscaldamento. Il calore utile rappresenta circa il 30% dell'energia totale prodotta da un termovalorizzatore. Se l'impianto non è utilizzato per produrre teleriscaldamento, tutta questa energia viene semplicemente sprecata.

L'area verde invece rappresenta l'elettricità totale prodotta, pari a circa il 14% del totale. Interessante notare come 1/4 di questa energia serva esclusivamente per alimentare l'impianto stesso (self demand) e permettere ad esso di operare autonomamente scollegato dalla rete elettrica, l'energia elettrica realmente esportata e pertanto utile risulta essere appena un 10%.

In sostanza, dividendo in maniera grossolana per capirci meglio:
  • 100 entra come energia contenuta nel rifiuto
  • 50 si perde nel processo di combustione
  • 10 va ad alimentare l'impianto stesso
  • 30 esce sotto forma di calore per teleriscaldamento
  • 10 esce sotto forma di elettricità da immettere in rete
Entra 100 ed esce 10 in elettricità !!!! WOW!!!!! Ovvero i 9/10 di quanto immesso si butta via oppure serve per riscaldare le case adiacenti.

Adesso si comincia a capire il perchè in Austria, in Danimarca, ed altri paesi l'inceneritore viene costruito a ridosso dei centri urbani... perchè altrimenti non recupererebbero abbastanza come teleriscaldamento! Mentre l'energia elettrica prodotta è in ogni caso pochissima. Tralasciamo il fatto evidente come recuperare il rifiuto e riutilizzarlo come materia prima seconda consenta di recuperare ben 3 volte più energia (in media) rispetto a bruciare i rifiuti, il discorso si allargherebbe troppo.

Per inciso, se volete sapere in italia quanta energia da termovalorizzazione si estrae rispetto agli altri paesi europei, consultate la mappa del cewep, scoprirete che l'italia è addirittura uno dei paesi che usa di meno l'incenerimento in Europa per abitante, gli impianti sono fra i più vetusti, e l'energia recuperata è comunque molto poca, quella fornita da poco più di 3 milioni di tonnellate di rifiuti l'anno (contro i 12 della Francia e i 16 della Germania). Di questi, una frazione minima proveniente da CDR (combustibile da rifiuto), la quasi totalità da rifiuto tal quale stabilizzato e deumidificato. Potete trovare molti dati significativi nella brochure del cewep, che ovviamente sponsorizza l'incenerimento come pratica virtuosa e sostenibile.

sabato 8 dicembre 2007

Come salteremo il dosso ?

Questo breve e simpatico cortometraggio ottenuto per gentile concessione di The Oil Drum (sito in inglese) fornisce un ottimo esempio di come sia possibile comunicare in maniera sintetica ed efficace un concetto difficile da digerire ma fondamentale: Lo sviluppo economico e tecnologico come noi oggi lo conosciamo non è stato creato dal nulla ma indotto dall'enorme disponibilità di energia concentrata a basso prezzo (leggi petrolio). Le conseguenze prossime venture sono inquietanti e facilmente prevedibili, rimane solo da capire ... come salteremo il dosso. Possiamo forse auspicarci una transizione morbida grazie alle "vere" energie rinnovabili capillarmente distribuite sul territorio e non farci così cogliere completamente impreparati.


Aggiornamento: Ieri ed oggi c'è stato il blocco degli autotrasportatori, le stazioni di servizio sono rimaste pressoché tutte a secco, appena due giorni e già siamo in preda al panico, i camionisti precettati.... potete solo avere una pallida idea di cosa succederebbe se il carburante finisse davvero e non si potesse più confidare in un salvifico gesto del governo per "ricominciare finalmente a consumare carburante"

venerdì 10 agosto 2007

La fame di energia dell'italia è infinita

Riporto dal sito blog di ASPO-Italia un post che mostra quante e quali risorse sotto forma di energia elettrica l'Italia ha consumato a partire da inizio secolo fino ai primi anni 2000. Il colpo d'occhio è sconvolgente. Dove andremo a finire di questo passo ? E' fisicamente possibile che l'Italia continui ad incrementare in maniera quasi esponenziale il proprio consumo energetico in termini di sostenibilità ambientale ? La risposta è ovviamente no, deve arrivare un fattore limitante, per molti sarà causato dal picco del petrolio, generando una inflazione di questa curva dissennata. E' possibile che la quantità di energia ricavata da fonti rinnovabili idroelettriche (cambiamenti climatici permettendo) continui a mantenersi anche in presenza di una forte riduzione del contributo dato dal petrolio, nel qual caso si prospetta un ritorno nei prossimi 20-30 anni ad una economia simile a quella che abbiamo avuto nei magnifici anni 60. La cosa mi inquieta parecchio, come mi turba il fatto che il contributo dato dalle energie rinnovabili sia talmente irrisorio da essere a malapena visibile nel grafico. Altro dato preoccupante è il continuo ed inesorabile aumento della quota energetica importata dall'estero (in larga misura proveniente dalla Francia e di fonte nucleare). Forse era meglio tenercele quelle quattro misere centrali nucleari (Caorso, Latina, Garigliano e Trino Vercellese) che abbiamo lentamente smantellato, con grande sperpero di soldi e inquinamento ambientale causato dalle infinite procedure di dismissione, ma questa è solo una mia personale opinione. Non saprei garantire che una radicale politica di risparmio energetico e di contrazione dei consumi possa invertire la tendenza senza provocare una clamorosa recessione, fatto sta che siamo in cima alla montagna, o facciamo qualcosa per restare in vetta oppure ci tocca decrescere per forza.

giovedì 28 giugno 2007

Beppe Grillo al parlamento europeo

Invitato da Giulietto Chiesa, Beppe Grillo si siede al parlamento europeo e prova a spiegare la catastrofica situazione italiana, portando con sè l'esperto Luca Mercalli. Il tema della serata era "L'Europa è sostenibile?" e lo scopo dichiarato di Beppe era, da una parte, capire cosa si fa a Bruxelles, cosa succede nei palazzi del potere e, dall'altra, spiegare a qualche amico europeo la situazione italiana, per lui così tragica da essere vicina all'esplosione. Proprio per questo, Grillo ha lanciato il suo Vaffanculo Day - fissato per l'8 settembre - che vedrà manifestazioni in tutta Italia organizzate dai suoi Meet Up (ci saremo anche noi del MIZ/Meetup di Cesena). I temi affrontati sono stati quelli da sempre a lui cari: ambiente energia, informazione ed etica in politica sopra tutti. Per parlare di riscaldamento globale il Grillo parlante si è portato dietro il meteorologo Luca Mercalli, che dirige il sito Nimbus.it. Mercalli ha presentato con grande efficacia comunicativa, una serie di fatti sui cambiamenti climatici, che messi in fila ed accompagnati da grafici e foto fanno rabbrividire... Per quanto noti, quando ben spiegati, i dati sul riscaldamento globale diventano ciò che gli anglosassoni chiamano hard facts: fatti incontestabili, dati grezzi ma oggettivi.
Qui la presentazione del Dott. Mercalli, che ha acconsentito alla pubblicazione del video prodotto da Ecoblog. Al minuto 22 Mercalli rimprovera la stampa italiana di non aver parlato della "fine del petrolio facile", come invece ha fatto la stampa estera.Solo in rete se ne parla come ha fatto ecoblog che ne ha parlato (ad esempio qui e qui)-e che noi ringraziamo vivamente per le fonti-.
Beppe Grillo ha anche svelato chi - secondo lui - si cela dietro al famoso colpo di mano che nel 1992 tramutò la delibera numero 6 del Comitato Interministeriale Prezzi (la famosa CIP6) in un'enorme fonte di rendite pubbliche per petrolieri come Massimo Moratti.
Il CIP 6 nel 1992 avrebbe messo l'Italia all'avanguardia mondiale nel campo delle energie rinnovabili: prevedeva che il 7% delle bollette Enel degli italiani andasse a finanziare l'energia pulita. Gli italiani avrebbero pagato la propria energia il 7% in più, ma si sarebbero costruiti un futuro sostenibile insieme a tecnologie esportabili ovunque. Peccato che all'ultimo momento qualcuno aggiunse una "parolina" nella fatidica delibera. Venivano finanziate le fonti rinnovabili e "assimilate". Grazie a questa parolina magica, 3/4 delle risorse dragate dai portafogli degli italiani sono andate e vanno a finanziare la produzione elettrica non rinnovabile (es. da scarti del petrolio o da rifiuti)....e tutti noi ci siamo sempre chiesti: CHI CE L'HA MESSA, QUELLA PAROLINA?

Andate a vedere il filmato di Grillo.

(fonti:ecoblog, blog di Grillo)