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venerdì 30 aprile 2010

Ridurre la dipendenza dal petrolio, solita promessa da marinaio

Quante volte ci siamo sentiti ripetere da chi ci governa: "dobbiamo ridurre la nostra dipendenza dal petrolio" ?

Essere dipendenti da qualcosa che non riusciamo a produrre da soli non è si per se un problema, o per lo meno non lo è fino a quando questo bene è abbondante e a buon mercato. Sembra tuttavia opinione concorde ai più informati che l'epoca del petrolio per tutti, a causa del famigerato picco del petrolio, stia per volgere definitivamente al termine. Ce ne sarà ancora tanto per un bel po, ma non sarà per noi, perché solo chi controlla i pochi giacimenti ancora produttivi sarà in grado di procurarselo.

Illuminante a questo proposito il post di Crisis dove si passano in rassegna gli ultimi 25 anni di dichiarazioni dei presidenti americani in merito al problema dell'indipendenza energetica:

- Richard Nixon, 1974. Alla fine di questo decennio, nel 1980, gli Stati Uniti non dipenderanno più da nessun Paese estero per il fabbisogno energetico. Petrolio importato: 36,1%.

- Gerald Ford, 1975. Dobbiamo ridurre le importazioni di petrolio di un milione di barili al giorno entro la fine dell'anno e di due milioni per la fine del 1997. Petrolio importato: 36,1%.

- Jimmy Carter, 1977. A partire da questo momento, la nostra Nazione non userà mai più più petrolio importato di quanto ha fatto nel 1977. Mai più. Petrolio importato: 40,5%.

- Ronald Reagan, 1983. Mentre la conservazione vale la pena di per sé, la migliore risposta è cercare di renderci indipendenti dalle fonti estere al massimo possibile per la nostra energia. Petrolio importato: 43,6%.

- George Bush, 1992. Quando la nostra amministrazione ha sviluppato la strategia energetica, tre punti ci hanno guidato: il primo è ridurre la nostra dipendenza dal petrolio straniero. Petrolio importato: 47,2%.

- Bill Clinton, 1995. La crescente dipendenza del Paese dal petrolio straniero è una minaccia per la nostra sicurezza (...) continueremo ad aumentare gli sforzi per stimolare la produzione nazionale. Petrolio importato: 49,8%.

- George Bush Jr, 2006. La tecnologia ci aiuterà a raggiungere un grande obiettivo: rimpiazzare il 75% delle importazioni petrolifere dal Medio Oriente entro il 2025. Petrolio importato: 65,5%.

- Barack Obama, 2009. Sarà primario nella mia amministrazione ridurre la nostra dipendenza dal petrolio estero costruendo un'economia energetica che offrirà milioni di posti di lavoro. Petrolio importato: 66,2%.

Non vi sembra di aver già sentito le stesse cose anche da noi ? Leggete qui. Sono le stesse frasi, "dobbiamo garantire l'indipendenza energetica della nazione", ciò significa investire sul Nucleare, sul Carbone pulito, o per i più ottimisti sulle Energie rinnovabili (ma senza cambiare assolutamente gli stili di vita che ci piacciono tanto). In realtà si trattano tutti di falsi miti, buoni per i polli che ci cascano. Siamo dipendenti dal GAS naturale come un drogato lo è dall'eroina, e le cose non sono destinate a cambiare a breve termine.

Non solo non saremo mai in grado di limitare le nostre dipendenze dai prodotti petroliferi esteri (in particolare il Gas naturale), ma stiamo facendo di fatto l'opposto per aumentarle ulteriormente, con la scusa della "diversificazione dell'offerta", tanto è vero che siamo in prima linea per ottenere l'accesso a nuovi gasdotti, grazie a una collaborazione strategica fra Berlusconi e Putin, incluso promuovere progetti faraonici come il gasdotto South Stream e Nabucco. Quando saranno completati, probabilmente l'era del gas naturale abbondante potrebbe già essere messa in discussione.

Che fare allora ?

La prima attività è limitare drasticamente l'aumento delle importazioni, questo produrrà un inevitabile aumento dei prezzi, ma stimolerà anche la domanda per soluzioni tecnologiche di risparmio energetico che non sarebbero convenienti ai livelli attuali di disponibilità di prodotti petroliferi. Inoltre occorre limitare i consumi alla radice tramite tassazione dei processi industriali che utilizzano troppa energia per unità di prodotto. Ridurre la necessità di scaldare le nostre abitazioni utilizzando pompe di calore e sistemi passivi, ridurre il numero di autoveicoli circolanti e investire di più sul cabotaggio marittimo e sul ferro (sulle linee già esistenti, non sull'inutile TAV).

Ancora... Incentivare i mezzi pubblici e la mobilità sostenibile (bici, car-sharing, veicoli elettrici). Favorire l'installazione su tutte le abitazioni di pannelli solari termici per ridurre il fabbisogno di gas per il riscaldamento. Creare un nuovo network infrastrutturale per la distribuzione dell'energia elettrica, le cosiddette smart grids, per interconnettere tante piccole produzioni rinnovabili intermittenti (fotovoltaico ed eolico in primis) senza i problemi delle grandi dorsali adatte solo alla produzione elettrica centralizzata. Cominciare ad utilizzare l'elettricità nei processi dove prima si impiegava prevalentemente il derivati del petrolio, come nei trasporti urbani, arrivando alla diffusione capillare di veicoli mossi dalla sola elettricità.

Quando avremo fatto tutte queste cose, forse, potremmo pensare di ridurre la nostra dipendenza dai combustibili fossili, e auspicabilmente arrivare a livelli di consumi per cui anche le fonti rinnovabili potranno dare un grande contributo alla bilancia energetica complessiva.

Come disse un saggio, inutile pensare di aggiungere altra acqua nel secchio, se l'acqua scarseggia e il secchio è bucato. Meglio prima tappare i buchi poi chiudere mano a mano il rubinetto. Così la risorsa potrà durarci il tempo sufficiente per una transizione morbida verso un futuro sostenibile.


giovedì 30 aprile 2009

Intervista a Colin Campbell sul futuro della nostra civiltà


Chi meglio di un ex petroliere può capire come funziona il mercato del petrolio e la sua profonda influenza all'interno della società e nei riguardi di quello che chiamiamo comunemente sviluppo ?

Colin Campbell è un geologo, ex petroliere, studioso del declino delle fonti fossili e del loro possibile rimpiazzo con altre tecnologie. Ancora troppi pochi amministratori si rendono conto di quanto siamo vicini a una rivoluzione totale nel modo di concepire lo sviluppo, stiamo attraversando con bassissima possibilità di essere smentiti il punto dove massima è la produzione di energia basata sulle risorse fossili a buon mercato, il cosiddetto "peak oil", e tutto ciò che ci aspetta è una discesa verso un mondo profondamente diverso da quello attuale.

Sotto questo aspetto, la "crisi della crescita" che stiamo attualmente sperimentando, non è che un riflesso di qualcosa di inevitabile, non è detto però che sia il preludio di un mondo necessariamente peggiore, anche se inevitabilmente necessiterà di un grosso sforzo di riorganizzazione soprattutto culturale e industriale. Quanto sostiene Cambpell è semplicemente che il fenomeno del "picco", con conseguente diminuzione progressiva delle risorse a disposizione per mantenere vigoroso lo sviluppo e la crescita, trattasi niente di più che un fenomeno naturale, come tale inevitabile.

Non dobbiamo chiederci cosa fare per evitarlo, ma solo come gestire al meglio la transizione, perchè esaurita l'era del petrolio il vento, il sole, le maree, le biomasse, e i loro derivati saranno tutto e solo ciò che ci resta. Anche il tanto invocato nucleare, che già ha raggiunto il suo picco, è destinato nel tempo a scomparire, almeno nella forma attuale, rendendosi utile esclusivamente per ammorbidire il ripido periodo di transizione.

martedì 18 novembre 2008

Niente riciclaggio in tempo di crisi

Si sta verificando in questi mesi, soprattutto per effetto della crisi economica, un fatto realmente strano: Il crollo dei prezzi delle materie prime, specialmente plastiche. Come conseguenza del tutto inaspettata, sta crollando anche il prezzo delle materie prime seconde, e con esse la convenienza del riciclaggio.

Abbiamo appena pochi mesi fa guardato con molto interesse ad esperienze come quelle di Recoplastica, le cui aspettative sono andate in parte deluse, consapevoli però che un mercato in grado di valorizzare adeguatamente il "rifiuto" sia indispensabile in un futuro non troppo lontano, allo scopo di garantire l'efficacia del riciclo.

Lo riporta il Times:

Le aziende che raccolgono i rifiuti differenziati stanno finendo lo spazio per conservare la carta, le bottiglie di plastica e l'acciaio perché i prezzi sono così bassi da rendere invendibili i materiali (...) che ora non valgono più nulla. Il crollo dei prezzi è stato causato da una discesa della domanda per i materiali riciclati, specialmente dalla Cina, dove le industrie manifatturiere risentono della crisi economica. Stuart Foster, di Recoup, racconta che il mix di plastiche si vendeva a 200 sterline a tonnellata, e in sole 4 settimane il prezzo è precipitato praticamente a zero.


Sta accadendo in pratica, anche per le materie prime ed i rifiuti riciclati, quello che sta accadendo in questi ultimi mesi al prezzo del petrolio, in cui un surplus temporaneo di offerta (causato da un calo della domanda) sta letteralmente abbattendo i prezzi fino ai livelli del 2004. Eppure, la produzione è in stallo, fissa a 84 milioni di barili al giorno da qualche anno.

A me sembra che il sistema stia rivelando tutte le sue assurdità: c'è ancora convenienza economica nel produrre e comprare plastica nuova, ma non ce ne è più per riciclare quella vecchia? Demenziale.

Mai come ora avremmo bisogno di trovare alternative al petrolio, il cui picco è oramai conclamato, pertanto riciclare tutto quello che possibile sembrerebbe semplicemente un fatto imperativo. L'aumento dei prezzi del petrolio, che portava con se anche l'aumento delle materie riciclate, avrebbe dovuto rendere conveniente queste ultime, invece le dinamiche di mercato sembrano volere che questo stile di vita energivoro debba continuare fino all'inesorabile momento in cui di risorse non ce ne saranno più a sufficienza per tutti.

Oggi siamo in recessione pertanto i prezzi scendono, cosa succederà domani quando ritornerà la crescita economica, invocata a gran voce da tutti ?

Fonte: Petrolio

mercoledì 30 luglio 2008

Stato illuminato e lungimirante oppure stato di polizia

Questo interessantissimo articolo tratto dal Blog di ByoBlu, pur con una crudezza a dir poco didascalica, contiene un concetto che gira nella mia testa da molto tempo, e che Claudio Messora è riuscito ad esprimere benissimo; qual'è la differenza fra un Governo che pensa al futuro del paese in maniera lungimirante (come forse quello spagnolo) e un governo che strumentalizza il sentimento popolare per raggiungere secondi fini non dichiarati (vedi alla voce P2), miranti al controllo sociale mediatico e paramilitare in previsione di un futuro fatto di crisi economico-energetica e lotte sociali senza quartiere:

Ma forse a tutta questo c'è uno scopo non dichiarato. Forse, con l'esercito già dispiegato nelle città, sarà più facile gestire la vera crisi. Quella degli italiani in fila per il pane, che assaltano le banche nel tentativo di riprendersi i risparmi.

Pensateci, il petrolio è già pressoché al picco, il gas naturale arriverà al picco con tutta probabilità nel 2014-2016, due sono le soluzioni possibili, lavorare per un "nuovo" futuro basato su paradigmi differenti dagli attuali, incentrati su una economia orientata al risparmio energetico ed all'utilizzo razionale delle risorse, oppure creare uno stato di polizia per pilotare il consenso e stroncare sul nascere qualsiasi velleità di rivolta quando i cittadini scopriranno che la cuccagna dell'economia che regala benessere a tutti è finita..

La conclusione è chiara e si può riassumere nella frase: é stato bello finchè è durato. Ora diamoci da fare per rifondare il seme di una nuova società in grado di affrontare il futuro, con legalità ma senza i manganelli.

sabato 31 maggio 2008

La benzina costa troppo ? Non c'è logica!

Secondo una notizia fornita da repubblica, Pasquale De Vita, presidente dell'Unione Petrolifera e di "Confindustria Energia" ha dichiarato quanto segue:
Non c'è nessuna logica che spiega gli aumenti del prezzo del petrolio. Oggi che è arrivato ad oltre 130 dollari, si dice che potrebbe arrivare a 200. Non c'è una base logica a questa impennata e quindi è difficile fare dei ragionamenti.

Pasquale De Vita è lo stesso volpone che dichiarava che la benzina costa cara perché la gente è troppo pigra per fare i confronti fra i prezzi dei vari fornitori o per usare i self service dove si risparmia qualcosa, ed auspicava inoltre la diffusa presenza nelle autostrade di cartelli con i prezzi praticati dalle diverse compagnie.

E' certamente difficile fare dei ragionamenti per chi non è abituato a farli, per tutti gli altri basta un semplice aiutino.

martedì 6 maggio 2008

Resoconto sul secondo convegno di ASPO Italia

Assistere ad un convegno tanto coinvolgente quanto interessante, come quello di ASPO Italia svoltosi a Torino il 3 Maggio scorso, è stata una vera esperienza rivelatrice. Luca Mercalli ha aperto il tavolo dei lavori con una sua breve introduzione, portando fin da subito ognuno di noi a pensare con una piccola ma furba domanda: "voi sapreste fare una stima di quanta energia elettrica consumate nella vostra casa ogni giorno" ?

Qualcuno ha alzato la mano sostenendo di si, sono convinto invece che la grande maggioranza di noi non ne avrà mai la più pallida idea, abituati come siamo a consumare risorse senza la minima preoccupazione, confondendole con il denaro con cui le paghiamo. Siamo autorizzati dal sistema ad esserne inconsapevoli, avendo pareggiando comunque il conto con i nostri soldi.

Gli ottimi interventi di Ugo Bardi, Piero Cambi, Massimo Ippolito, e tutti gli altri relatori, nascondono un filo comune che guida tutta la storia: "La superficialità con cui consumiamo deriva dall'abitudine consolidata ad avere sempre e comunque a disposizione energia concentrata ed illimitata, derivata dal Petrolio o dal gas naturale".

E' davvero così illimitata l'energia ? Sicuramente no, non serve un super esperto geologo per capire che in un mondo limitato lo sfruttamento di una risorsa limitata (come il petrolio ma vale anche per i minerali) parte da zero, si incrementa, e prima o poi torna allo zero, lentamente o velocemente non importa. Da qui il concetto assai intuitivo di "picco delle risorse".

Raggiungere il picco non significa in se stesso parlare di "declino", ma semplicemente di un punto di massimo in una curva che ha area finita, matematicamente rappresentabile con un qualche tipo di funzione logistica che assomiglia ad una campana. Raggiunta la cima, sappiamo che la disponibilità di risorsa via via estratta non terrà più il passo con la domanda (sempre crescente per definizione), pertanto il mercato dovrà necessariamente adeguarsi per farne gradualmente a meno.

L'economia reagisce attuando una "distruzione della domanda", come si fa ? Semplice, aumentandone continuamente il prezzo. Vi dice niente il petrolio che ha raggiunto i 120 euro al barile ? Tale prezzo crescerà per sempre, fino a quando non sarà più ne energeticamente ne economicamente conveniente continuare ad estrarre quel bene.

Ciò non vale solo per il petrolio, ma anche per il rame, il piombo, il mercurio, il litio, il fosforo, e un sacco di altri materiali che hanno già raggiunto o stanno raggiungendo il picco, e che assai difficilmente saranno sostituibili. Cosa significa tutto questo ? Semplicemente che viviamo in una illusione energivora, ed assai presto avremo un brusco o graduale risveglio. In ogni caso ci sarà una presa di coscenza che lo sviluppo ha un limite, come suggerito fin dal 1971 dal club di roma. Gente che allora veniva presa per visionaria, e che ora avrà la magra soddisfazione postuma di essere stata riconosciuta come profetica.

Tornando a casa dopo il convegno, la vista di tutte quelle auto sfreccianti in autostrada, le luci dei fari accese, le fabbriche in funzione, la febbrile attività in tutte le case, tutto mi rimandava ad un pensiero fisso: "qua siamo diventati tutti folli, me stesso incluso, possiamo solo sperare che duri ancora un po di più".

Interessante l'intervento di Euam Mearns, geologo scozzese, che ci ha illustrato cosa sta succedendo in termini di sfruttamento della risorsa gas naturale, la quale avrà ovviamente anche essa un picco probabilmente attorno al 2014. Attualmente stiamo estraendo come matti gas dai mari del nord europa e dalla Russia, entrambi i giacimenti giganti sono già avviati verso un declino irreversibile di produzione. Se aggiungiamo poi che la Russia dovrà dirottare molto del proprio gas per i propri usi interni e quindi nel tempo ridurrà le esportazioni, si capisce come siamo messi veramente male.

Facciamo nuovi rigassificatori ? Facciamo nuove pipeline ? Non servirà, perché non avremo modo di riempirli quanto vorremmo, però potrebbero essere utili più per minimizzare i rischi per la "sicurezza" degli approvvigionamenti che per la quantità di risorsa trasportata in se. Rigassificatori contro il rischio di guerre per le risorse, già il paragone che solo poco tempo fa mi sarebbe parso azzardato mi sembra ora pure un po inquietante.

Nel pomeriggio, il convegno ha cambiato di tono, passando dall'analisi dei problemi al delineare possibili soluzioni, con una tavola rotonda guidata dalla bravissima (e assai carina) Debora Billi, che ha interloquito con ospiti eccellenti. Fra tutti spiccava la signora Dalma Domeneghini, ex pubblicitaria pentita e coordinatrice della campagna "vado al minimo", la quale ha stigmatizzato il folle mondo pubblicitario legato alla manipolazione dei bisogni di consumo, argomento che conosce assai bene per averci lavorato professionalmente.

Davvero difficile essere esaustivi e citare tutti gli interventi, personalmente penso che mi associerò ad ASPO Italia per saperne di più. Ritengo che conoscere cosa ci aspetta davanti, senza perdere mai un razionale punto di vista scientifico, e soprattutto senza cedere a proclami moralistici e draconiane semplificazioni, sia una cosa nobile ed importante. Siamo l'unico animale che produce rifiuti ma siamo anche l'unico essere capace di pianificare il proprio futuro, e per farlo occorre conoscerlo e non tapparsi occhi e orecchie per negare l'evidenza di una crisi che solo in pochi non percepiscono come incombente.

martedì 29 aprile 2008

Il petrolio è morto, viva il petrolio

Partiamo dal punto fondamentale, siamo sull'orlo di una crisi energetica senza precedenti, picchisti o non picchisti lo stile di vita basato sui consumi fossili folli non durerà a lungo se non si prendono seri provvedimenti fin da ora. Malgrado non sia impossibile che qualche paese lontano tiri fuori dal cilindro un giacimento di petrolio ancora incontaminato, in grado forse di spostare il problema più in la di qualche anno, ciò non modifica di una virgola l'enorme dilemma che abbiamo di fronte. Per la prima volta nell'esistenza dell'umanità abbiamo la "certezza" che i nostri figli avranno molte meno risorse dei nostri padri, un futuro di contrazione dei consumi e una limitazione delle possibilità di mobilità che oggi ci sembrano ovvie ed assodate (auto privata, aviazione, viaggi oltreoceano).

A questo punto si delineano due strategie di intervento

Gli sviluppisti ottimisti
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Sono coloro che, ad ogni costo, desiderano trovare un sostituto energetico che possa sopperire gradualmente all'apporto mancante del petrolio, in modo da continuare il nostro stile di vita occidentale come se nulla fosse. Fra questi sono da annoverare i nuclearisti straconvinti e i fautori dei biocarburanti, entrambi i quali tenderanno a minimizzare qualsiasi rischio di impatto sia ambientale che economico, all'insegna di "l'importante è che il sogno della modernità continui". Sono generalmente sviluppisti visionari che credono nell'ideale del libero mercato e nella fiducia verso la scienza, capace sempre di trovare soluzioni ai problemi di mano in mano che si verificheranno. Pensano che le grandi opere portino sviluppo e ricchezza, che la spinta propulsiva del mondo continuerà ad essere l'economia della crescita, e che unico paracadute per garantire il benessere di uno stato sia l'incremento continuo del PIL.

I fatalisti della decrescita
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Sono coloro che, malcelando un certo pessimismo che spacciano per realismo, sostengono che la "decrescita" sarà inevitabile, che il futuro sarà completamente diverso da come lo immaginiamo oggi. Ottimisti di facciata, convinti e compiaciuti che un giorno esterneranno un "te l'avevo detto" quando le cose si metteranno davvero male, vere e proprie cassandre ad orologeria. Affermano che l'unica maniera per arginare la "smusata" che ci aspetta sia quella di affidarci al ritorno di un senso di sobrietà ed una riscoperta dei valori fondamentali da preservare, che non sono la produzione energetica a tutti i costi ma l'agricoltura sostenibile, l'autoproduzione, il corretto uso idrico, il risparmio energetico spinto, la microgenerazione in "networked power grid", le fonti rinnovabili. Fra questi da annoverare i sostenitori dell'eolico e del fotovoltaico, coloro che passano il tempo a misurare l'efficienza e il rendimento delle fonti energetiche marginali, coloro in generale che credono che una "nuova narrazione del mondo" è possibile. Odiano gli sprechi di risorse e la pubblicità, amano il riuso, il riciclo, i veicoli elettrici, e si compiacciono di avere performance ambientali migliori dei propri vicini di casa.

Beh, per quanto mi riguarda, io sono uno dei soci fondatori del movimento della decrescita di Maurizio Pallante, pertanto non avrete difficoltà a capire dove posso collocarmi nella grezza dicotomia che ho appena evidenziato.

sabato 22 marzo 2008

Per un barile di petrolio


Cento dollari al barile.. AL BARILE!!

Cento dollari per ben 159 litri di petrolio!!!

L'energia è incredibilmente economica, è stupefacente.

Un barile sono sei milioni di BTU (British Termal Unit), equivalenti a 1.72 Megawattora, equivalenti a 1.512.000 KiloCalorie, oppure 2362 cavalli vapore che spingono per un ora.

Con un barile puoi alimentare un PC portatile per due anni senza interruzione.

Con un barile puoi spedire qualche quintale di banane in nave fin quì dal guatemala.

Con un barile puoi scaldare al microonde 2100 tazze di te fino a farle evaporare.

Con un barile puoi tenere acceso l'orologetto digitale del comodino per 7 milioni di anni.

Non è affatto vero che l'energia è troppo costosa, è semmai troppo troppo economica, e questo ci ha resi tutti incredibilmente pigri.

Come conseguenza della devastante pigrizia e della abbondanza esagerata di risorse a buon mercato, la domanda di energia è un fenomeno pressoché totalmente anelastico, non segue pertanto più fedelmente le leggi della domanda e dell'offerta.

E' giusto una semplice conseguenza del bassissimo costo dell'energia che la gente povera, in tutto il mondo, si è convinta della assoluta necessita di usare le automobili.

In passato, erano rare e le tenevamo in piccolissime autorimesse dietro le case della gente ricca, il che era una cosa cattiva per il morale (specialmente quello della gente ricca). Ora abbiamo guadagnato la possibilità di esibirle ogni dove e congestionare ogni angolo di strada, legando indissolubilmente al culto universale della mobilità tutto il mondo "civilizzato".

Abbiamo potuto farlo solo perché l'energia era così a buon mercato, oggi appena un po di meno di ieri, ma sempre attraverso una transizione graduale, pertanto la civiltà non se ne cura.

Semmai il barile di petrolio iniziasse a stabilizzare il suo costo a tre o quattro volte quanto costa oggi, cosa succederebbe ? Credo proprio nulla, la domanda è così anelastica che si adatterebbe a qualsiasi prezzo, anche se qualcuno sarà ovviamente costretto a rinunciarvi.

Supponiamo che il costo del barile quadruplichi, certamente il costo di trasporto di ogni bene aumenterebbe di qualche centesimo di euro. Davvero un aumento spaventoso...

Quando il petrolio era a 40$ al barile si pensava che sfondare i 50$ significasse la catastrofe, le cassandere che gufavano il petrolio a 100$ al barile, soglia invalicabile per il mantenimento della civiltà, sono state smentite, siamo a 110$ e non è successo niente.

Ricordate la storia della rana che si lascia bollire ?

Ecco, vallo a spiegare ai ricchi che occorre la decrescita e la sobrietà, con l'energia che costa così poco. Quando il petrolio supererà i 400$ al barile, forse se ne potrà cominciare timidamente a discutere, che il grano coltivato in loco è tanto buono quanto quello importato dal canada.

Articolo tratto e riadattato dal blog "Only In It For The Gold"

venerdì 4 gennaio 2008

I veri motivi del petrolio a 100$

Nemmeno è arrivata la befana che già arrivano notizie dispettose che disturbano il consueto clima sonnecchioso da inizio anno, il petrolio ha raggiunto la simbolica cifra di 100$ e con essa le consuete fosche previsioni sul futuro. Ma ce ne dovrebbe davvero fregare qualcosa di conoscere ogni dieci minuti le quotazioni del greggio alla borsa di New York? Sulla carta si, nei fatti concreti invece sembra che non importi quasi nulla a nessuno. Ci bombardano mediaticamente in tutte le salse che talebani, mussulmani, cinesi, indiani, africani, tutti desiderosi di consumare come dei pazzi, stanno disintegrando il clima e consumando tutte le risorse, nel tentativo maldestro di emulare il nostro stile di vita occidentale. "Colpa dei Cinesi!" "Maledetti Cinesi!". Bene, dopo avere dato la colpa a qualcuno ci sentiamo generalmente molto meglio, ma poi che si fa ? Niente! Perché tanto siamo in Italia e si sa che gli italiani sono fatti così, confondono la soluzione di un problema con l'attribuzione delle responsabilità, così come sta avvenendo a Napoli a proposito del disastro ambientale per la spazzatura napoletana. Ma torniamo ai 100$ al barile, provate a chiedere in giro perché il petrolio costa tanto, pochi risponderanno "perché si sta esaurendo". Il nostro modello di sviluppo è considerato indistruttibile, l'abbiamo conquistato con fatica ed è assodato come non possa nemmeno ipoteticamente essere messo in discussione. In ogni caso questo è il migliore mondo che sappiamo immaginare, pertanto lo difenderemo fino alla frutta contro chiunque possa metterlo a rischio. Il petrolio così caro è solo uno spiacevole contrattempo che la scienza risolverà inventandosi qualcosa. L'importante è continuare a crescere. Nessuno se ne ricorderà più (della insostenibilità della nostra crescita) quando passeremo sempre più tempo a lanciare anatemi verso i commercianti strozzini che alzano i prezzi, le banche che alzano i tassi, i trasportatori che fanno sciopero, i cattivissimi petrolieri esosi che moltiplicano i prezzi alla pompa ad ogni piè sospinto. "Quei maledetti speculatori!". Aspettiamo un governo illuminato che sia capace di dare una bella stangata a tutta questa gentaglia che trama contro le nostre povere famiglie e impedisce loro di arrivare a fine mese con un salario residuo dignitoso. Purtroppo, ancora pochi sono coloro in grado di intuire che fra le poche vie di uscita c'è un cambiamento radicale del nostro stile di vita. Ho tratto dal blog di Debora Billi un divertente resoconto (nemmeno troppo inverosimile) delle prospettive che ci porterà il perseverare testardo del petrolio a 100$ e oltre.

Motivi del barile a 100 dollari:

  1. Gli speculatori sono mascalzoni e si arricchiscono alle nostre spalle;
  2. Alcune tribù nigeriane hanno rapito un altro paio di dipendenti petroliferi ubriachi come cucuzze;
  3. I ribelli iracheni hanno ammazzato un altro soldato americano;
  4. Fa freddo e nevica;
  5. Il dollaro scende e l'oro sale;
  6. I turchi hanno bombardato i curdi, i curdi hanno bombardato i turchi;
  7. In Pakistan si menano;
  8. In Kenia si menano;
  9. E' tutta una cosa irrazionale, panico ingiustificato;
  10. Ha preso fuoco una raffineria mai sentita nominare in un luogo non meglio precisato;
  11. Ahmadinejad ha minacciato per la trecentesima volta di cancellare Israele.
Le conseguenze del record a 100 dollari:
  1. Il Ministro del petrolio saudita annuncerà che il suo Paese può fornire petrolio abbondante per altri 50 (o 500) anni;
  2. La NASA annuncerà il rinvenimento di enormi giacimenti su Titano;
  3. La Petrobras farà un altro paio di buchi sotto l'Atlantico, troverà 100 milioni di barili e dichiarerà di averne trovati 10 miliardi
  4. I giapponesi annunceranno le microcentrali nucleari da cucina pronte nel giro di dieci anni;
  5. I francesi rispolvereranno la leggendaria Eolo che risolverà tutti i problemi di mobilità umana a 1 euro per 100 km.
  6. Gli analisti del mercato proclameranno che il petrolio a questi prezzi è sicuro indice di un'inaspettata crescita economica;
  7. Altri analisti sosterranno che, adeguato all'inflazione, il petrolio in realtà non è mai stato così conveniente prima d'ora.
Prima ci terrorizzano in TV con i disastri, poi gli stessi ci tranquillizzano dicendo che non c'è niente di che preoccuparci, basta sostenere la oligarchia giusta! La politica sta fallendo, amministra solo l'esistente, non dispone del coraggio necessario per rilanciare davvero uno straccio di piano per un futuro carente di risorse a buon mercato. Anche l'informazione se la passa male parecchio.. meno male che sono rimasti i blog, a dare uno straccio di libertà di informazione critica.

sabato 8 dicembre 2007

Come salteremo il dosso ?

Questo breve e simpatico cortometraggio ottenuto per gentile concessione di The Oil Drum (sito in inglese) fornisce un ottimo esempio di come sia possibile comunicare in maniera sintetica ed efficace un concetto difficile da digerire ma fondamentale: Lo sviluppo economico e tecnologico come noi oggi lo conosciamo non è stato creato dal nulla ma indotto dall'enorme disponibilità di energia concentrata a basso prezzo (leggi petrolio). Le conseguenze prossime venture sono inquietanti e facilmente prevedibili, rimane solo da capire ... come salteremo il dosso. Possiamo forse auspicarci una transizione morbida grazie alle "vere" energie rinnovabili capillarmente distribuite sul territorio e non farci così cogliere completamente impreparati.


Aggiornamento: Ieri ed oggi c'è stato il blocco degli autotrasportatori, le stazioni di servizio sono rimaste pressoché tutte a secco, appena due giorni e già siamo in preda al panico, i camionisti precettati.... potete solo avere una pallida idea di cosa succederebbe se il carburante finisse davvero e non si potesse più confidare in un salvifico gesto del governo per "ricominciare finalmente a consumare carburante"

martedì 23 ottobre 2007

Il picco del petrolio è arrivato nel 2006

Da tanto tempo si parla della teoria del picco di Hubbert e del paventatato esaurimento rapido della produzione di petrolio, chi osava declamare simili concetti fino a solo pochi anni fa era tacciato di fare la Cassandra e seminare il panico nei mercati. Ora purtroppo occorre ammettere, in virtù delle notizie ufficiali fornite dall'Energy Watch Group, istituto di ricerca tedesco, che coloro che avevano pronosticato l'esaurimento dei prodotti petroliferi, e con essi il ridimensionamento dell'intero stile di vita al quale eravamo da tempo abituati, avevano ragione! Il picco del petrolio è arrivato nel 2006.

LONDRA, 22 OTT - Il picco della produzione mondiale di petrolio è stato raggiunto nel 2006: è quanto afferma il gruppo di ricerca tedesco Energy Watch Group, in un rapporto presentato oggi a Londra. Inutile quindi aspettarsi un rapido ritorno a livelli "normali" dei prezzi del barile, che ha sfondato quota 90 dollari la scorsa settimana: secondo la ricerca, la produzione mondiale - ferma l'anno scorso a 81 milioni di barili al giorno - è destinata a scendere a 58 milioni nel 2020, e a 39 milioni nel 2030. Sarebbe quindi inevitabile, se si realizzassero queste previsioni, un aumento del prezzo del petrolio, a fronte di una crescita costante della domanda - con conseguente rischio di guerre e rivolte in tutto il mondo. I dati diffusi dall'Energy Watch Group sono in netto contrasto con quelli dell'Agenzia Internazionale dell'Energia, che prevede una produzione in crescita nei prossimi decenni, fino a 116 milioni di barili al giorno nel 2030. (ANSA). Z08-LQ 22-OTT-07 13:50

Molti di voi si chiederanno cosa ce ne importa, considerate solo quanto segue:
  • La curva della produzione è una gaussiana simmetrica, significa che nel 2020 avremo tanto petrolio disponibile come quanto ne avevamo nel 1980, nel 2030 tanto quanto nel 1970, e così via.
  • La popolazione mondiale, necessariamente, dovrà tornare fra venti anni ai livelli di qualche decennio fa, per il semplice fatto che le risorse disponibili non sono sufficienti a conseguirne una ulteriore crescita, pertanto qualche miliardo di persone dovrà sparire dalla faccia della terra, NECESSARIAMENTE.
  • Le risorse rinnovabili non sono minimamente in grado di coprire una fetta significativa del fabbisogno nemmeno fra 50 anni (quando il petrolio tenderà all'esaurimento completo)
  • L'energia nucleare da fissione avrà il suo picco fra meno di 20 anni, dopo i quali non esisterà più disponibilità di materiale fissile a basso prezzo.
  • L'italia, come tanti altri paesi solamente importatori di energia, sarà fra i primi a piombare in una recessione totale a causa del fatto che i paesi produttori tenderanno a trattenere le riserve per il loro uso interno.
In sostanza, senza essere catastrofisti, da oggi inizia la decrescita. Leggete qui, non so voi ma a me tremano un pochettino i polsi ... e siamo ancora a discutere di dementi come Mastella e compagnia.


venerdì 10 agosto 2007

La fame di energia dell'italia è infinita

Riporto dal sito blog di ASPO-Italia un post che mostra quante e quali risorse sotto forma di energia elettrica l'Italia ha consumato a partire da inizio secolo fino ai primi anni 2000. Il colpo d'occhio è sconvolgente. Dove andremo a finire di questo passo ? E' fisicamente possibile che l'Italia continui ad incrementare in maniera quasi esponenziale il proprio consumo energetico in termini di sostenibilità ambientale ? La risposta è ovviamente no, deve arrivare un fattore limitante, per molti sarà causato dal picco del petrolio, generando una inflazione di questa curva dissennata. E' possibile che la quantità di energia ricavata da fonti rinnovabili idroelettriche (cambiamenti climatici permettendo) continui a mantenersi anche in presenza di una forte riduzione del contributo dato dal petrolio, nel qual caso si prospetta un ritorno nei prossimi 20-30 anni ad una economia simile a quella che abbiamo avuto nei magnifici anni 60. La cosa mi inquieta parecchio, come mi turba il fatto che il contributo dato dalle energie rinnovabili sia talmente irrisorio da essere a malapena visibile nel grafico. Altro dato preoccupante è il continuo ed inesorabile aumento della quota energetica importata dall'estero (in larga misura proveniente dalla Francia e di fonte nucleare). Forse era meglio tenercele quelle quattro misere centrali nucleari (Caorso, Latina, Garigliano e Trino Vercellese) che abbiamo lentamente smantellato, con grande sperpero di soldi e inquinamento ambientale causato dalle infinite procedure di dismissione, ma questa è solo una mia personale opinione. Non saprei garantire che una radicale politica di risparmio energetico e di contrazione dei consumi possa invertire la tendenza senza provocare una clamorosa recessione, fatto sta che siamo in cima alla montagna, o facciamo qualcosa per restare in vetta oppure ci tocca decrescere per forza.

venerdì 27 aprile 2007

Sulla TV svizzera parlano di crisi energetica

Stento a credere che i giornalisti italiani nostrani non siano abbastanza in gamba da realizzare servizi come questo a proposito della crisi energetica e del picco del petrolio. Ci voleva l'informazione svizzera per realizzare un documentario filmato (in italiano) che racconti le cose come realmente vanno, pur senza catastrofismo. Notizia tratta dal blog di ASPO Italia. L'energia a buon mercato è in via di esaurimento, questo è certo, rimane solamente da conoscere quando succederà. I politici pensano che sarà un problema solo quando il loro mandato sarà scaduto, nel frattempo persino un fatto che comporta così tanti vantaggi alla collettività come la raccolta differenziata (che davvero recupera l'energia, non come l'incenerimento) non viene nemmeno pianificata.

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